Requisiti di determinatezza della commissione di massimo scoperto
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLa commissione di massimo scoperto (c.d. CMS) è «il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare l’utilizzo oltre il fido accordato sul conto corrente. Il compenso è calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi in un certo periodo» (v. Glossario di Banca d’Italia).
La giurisprudenza ha chiarito che non sussiste alcuna nullità della CMS qualora la stessa sia frutto di una specifica pattuizione, con indicazione dei criteri di determinazione e delle modalità di calcolo, in modo tale da consentire al cliente di comprenderne la reale entità e di verificarne la corretta applicazione da parte della banca.
Affinché la clausola sulla commissione di massimo scoperto sia valida, deve rispettare i requisiti di determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene imposto al cliente. Ciò avviene quando sono indicati il tasso della commissione, i criteri di calcolo e la periodicità di tale calcolo. In assenza di una specifica individuazione di tutti gli elementi che concorrono alla determinazione della commissione, non si può ravvisare un vero e proprio accordo tra le parti (ex multis, Cass. n. 19825/2022: è nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola che preveda la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare le modalità di calcolo e di quantificazione, poiché il correntista non è in grado di conoscere quando e come sorgerà l’obbligo di corrispondere tale commissione alla banca; Cass. n. 18664/2023; Cass. n. 1373/2024: le pattuizioni contrattuali relative alla periodicità trimestrale di chiusura del conto corrente, nonché le valutazioni inerenti all’intenzione delle parti e all’interpretazione complessiva delle clausole contrattuali, contribuiscono a definire la periodicità di calcolo e quindi la determinatezza della commissione di massimo scoperto).
La CMS deve essere espressamente indicata nel contratto, non essendo sufficienti indicazioni nei documenti informativi di trasparenza bancaria (Trib. Piacenza, 12 aprile 2011) o nelle informazioni contenute nell’estratto conto (Trib. Marsala, 6 maggio 2014: la mancata determinazione dell’oggetto della CMS nel contratto non può essere sanata attraverso il meccanismo di applicazione della commissione ricavabile dallo scalare dell’estratto conto, in quanto tale documento tecnico è inidoneo a soddisfare il requisito di forma di cui all’art. 117 TUB).
Cass. n. 5359/2024 (in linea con Cass. n. 19825/2022) ha confermato che deve considerarsi nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola che preveda la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare le modalità di calcolo e di quantificazione. In tali casi, infatti, il correntista non è in grado di conoscere quando e come sorgerà l’obbligo di corrispondere tale commissione alla banca (v. art. 117 TUB). Non è dunque legittima una clausola negoziale che indichi la commissione di massimo scoperto unicamente mediante una percentuale, senza alcun riferimento al valore su cui tale percentuale deve essere calcolata.
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