28 Giugno 2022

Regolamento di condominio, divieti ed attività di affittacamere del condomino

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Roma, Sezione V, Civile, Sentenza del 4 gennaio 2022 n. 80; Dott. Fabio De Paolo 

Massima: “I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alle proprietà individuali, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti”.

CASO

Perdura l’interesse su un tema, già “caro all’autore del commento, che si è già occupato più volte dell’argomento anche con differenti monografie[1].

 La decisione in commento è nel solco del percorso ermeneutico già tracciato dalla Suprema Corte Di Cassazione in argomento, essa trae origine dal giudizio instaurato dal Condominio (OMISSIS), il quale conveniva in giudizio la (OMISSIS) s.r.l. e Tizia, rispettivamente parte conduttrice e proprietaria dell’unità abitativa oggetto della controversia, affinché potesse essere accertarsi che l’appartamento adibito ad attività di affittacamere comportava la violazione dell’art. 12 del regolamento condominiale nonché del Regolamento delle strutture ricettive extralberghiere della Regione Lazio. Laddove fosse stato appurata l’irregolarità del comportamento delle convenute, parte attrice richiedeva l’immediata cessazione dei gravi ed intollerabili pregiudizi derivati, inibendo la continuazione di tale attività e condannando le stesse al risarcimento dei danni subiti dal Condominio.

 La (OMISSIS) s.r.l. e Tizia contestavano la fondatezza delle istanze di controparte e ne richiedevano il completo rigetto.

Una volta espletate le prove testimoniali richieste dalle parti, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 5/10/2021 sulle immutate conclusioni rassegnate dalle parti nell’atto di citazione e nella comparsa di risposta.

SOLUZIONE

Il Tribunale rigettò le domande attoree, condannando il Condominio a rimborsare alla parte convenuta le spese del giudizio cumulativamente liquidate in complessivi euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% per spese generali, Iva e Cassa come per legge, disponendone la distrazione in favore dei difensori antistatari.

QUESTIONE

Il Tribunale in composizione monocratica ritenne di dover disattendere le rimostranze del Condominio in merito alla presunta illegittimità delle attività svolte nell’appartamento di Tizia da parte dell’affittuaria (OMISSIS) s.r.l..

Volendo innanzitutto porre le corrette basi nozionistiche e normative di riferimento, laddove si parli di “Affittacamere” (o “Guesthouse”) si fa riferimento ad una struttura ricettiva imprenditoriale in cui il titolare affitta per brevi periodi agli ospiti una o più camere (fino ad un massimo di 6) di un appartamento ammobiliato e può avvalersi di collaboratori e dipendenti per gestire l’attività. La fornitura di servizi aggiuntivi, ad esempio la prima colazione o servizi di pulizia e lavanderia, risulta essere a discrezione del proprietario mentre sono solo quelli essenziali, come la fornitura di luce, acqua e gas, che devono essere necessariamente garantiti.

Attualmente l’attività non risulta inquadrata in una disciplina tipica univoca, ma ciascuna Regione detta la propria regolamentazione basandosi sulle “linee guida” dettate dalle c.d. Riforma della legislazione nazionale del turismo (l- 135 del 29 marzo 2001), limitandosi comunque a definire i requisiti minimi per l’esercizio dell’attività e a prevedere che nel prezzo di affitto dei locali siano comprese la pulizia, la fornitura dell’energia elettrica il cambio della biancheria.

Data la collocazione di tale attività molto spesso all’interno di realtà condominiali, l’ostacolo maggiore al suo pieno svolgimento è rappresentato dai conflitti interni che possono insorgere con gli altri condomini e che vanno ad aggiungersi, per così dire, ai vari adempimenti burocratici.

Tanto premesso, nel caso de quo le pretese del condominio si fonderebbero sulla presunta violazione del regolamento condominiale che, precisamente all’art.12, vieterebbe ai condomini di adibire gli alloggi alla specifica attività di affittacamere. Detto articolo reciterebbe il divieto a destinare le singole unità abitative “a qualsivoglia altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario all’igiene, alla moralità ed al decoro dell’edificio” e in tale precetto il Condominio riteneva dovesse essere ricompresa anche l’attività di affittacamere.

In termini generali, le disposizioni che siano contenute nei regolamenti condominiali di natura contrattuale hanno la facoltà di imporre limitazioni al godimento e alla destinazione di uso degli immobili di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Tali compressioni della facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti sono tuttavia limitate nella loro previsione ad un criterio di natura formale inerente alla loro formulazione: devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo delle disposizioni o devono comunque risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso e sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti quando ne siano a conoscenza e le abbiano accettate attraverso il regolamento contrattuale.

Nel caso di specie, in via del tutto preliminare, il giudice, come già indicò nell’ordinanza da lui emessa nel novembre 2019, segnalò “che tale divieto deve ritenersi inopponibile alle convenute non essendo stata provata la natura contrattuale di tale regolamento”. Così come riconosciuto dallo stesso attore in diritto, infatti, un simile divieto di destinazione potrebbe risultare opponibile al singolo condomino allorquando il regolamento abbia valenza contrattuale, ossia per essere stato predisposto dall’unico proprietario originario dell’edificio e richiamato nei singoli atti d’acquisto, ovvero per essere stato adottato in sede assembleare col consenso unanime di tutti i condomini. Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, invece, la parte attrice si sarebbe limitata a richiamare, al pari del citato art. 12 del regolamento, la relativa delibera di approvazione del divieto suddetto senza tuttavia produrla in giudizio, non fornendo alcuna prova della sua esistenza.

Venne ulteriormente sottolineato dal Tribunale, oltre alla irrilevanza in tale sede di qualsiasi questione inerente la legittimità amministrativa dell’attività esercitata dalla (OMISSIS) s.r.l., che la generica formulazione del divieto così come riportato dal regolamento non può considerarsi come comprensiva anche della attività espletata. Infatti il divieto contenuto all’art.12 del regolamento di condominio venne formulato in termini fin troppo generici per poter integrare le caratteristiche di un impedimento allo svolgersi di detta attività imprenditoriale. Infatti, specificò il giudicante, la stessa Corte Di Cassazione con la sentenza n. 21307 del 20 ottobre 2016 stabilì che  “i divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alle proprietà individuali, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti”[1]. La ratio alla base di un tale orientamento risiede chiaramente nell’esigenza di limitare la compressione delle proprietà individuali, in considerazione della storica configurazione del diritto di proprietà, impone quindi un’interpretazione del regolamento fondata sulla chiarezza ed univocità del tenore e delle espressioni letterali, dovendosi rifuggire quindi da un’esegesi invece ancorata alla ricostruzione di una volontà implicita.

In ragione di tali deduzioni, il divieto non apparve essere sufficientemente specifico e l’oggetto altrettanto circoscritto per poter configurare un impedimento allo svolgimento dell’attività di affittacamere da parte della (OMISSIS) s.r.l., posto che, in ogni caso, eventuali ed episodici disturbi alla tranquillità dei condomini provocati da clienti ed avventori non potrebbero per ciò solo condurre alla radicale inibizione dell’attività pretesa invece dal Condominio attore.

In chiusura, specificò il giudice unico, l’eventuale accertamento di lesioni ai diritti individuali dei condomini, tra cui anche quello della tranquillità e della sicurezza, resterebbe impregiudicato e necessiterebbe tuttavia di differenti iniziative giudiziali da parte dei soggetti in ipotesi interessati, essendo il condominio privo della relativa legittimazione ad agire.

[1] S. Luppino, Le locazioni in Condominio, Maggioli 2020, pg. 156; Locazioni immobiliari: redazione e impugnazione del contratto, II^ ediz., Maggioli, 2019, pg.105.

[1] Così  Cass. nn. 20237/09, Cass. n. 16832/09, Cass. n. 9564/97, Cass. n. 1560/95; Cass. n. 11126/94; Cass. n. 23/04 e Cass. n. 10523/03.

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