Il reato di appropriazione indebita nel contratto atipico di Allotment
di Alessio Lanzi, Professore e AvvocatoAngelo Giuliani, AvvocatoDonatella Marino, Avvocato Scarica in PDFParole chiave
Contratto atipico – allotment – vuoto per pieno – appropriazione indebita – art. 646 cod. pen – reato – inadempimento – tour operator – property manager – OTA – intermediari digitali – strutture ricettive – immobile – locazioni – turisti – short term – turismo organizzato – Cassazione penale sez. II, 19/09/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 04/10/2018), n.44244
Sintesi
Il contratto c.d. di “allotment” costituisce una formula negoziale atipica, sempre più ricorrente nel settore della Hospitality e non più solo in quello del turismo organizzato. Simile in alcuni aspetti, ma ontologicamente diverso, è il contratto c.d. di “vuoto per pieno”, molto utilizzato, più genericamente, nel Real Estate residenziale per la gestione immobiliare anche di medio e lungo periodo. Questi contratti atipici o misti, che combinano elementi del mandato, del contratto di servizi e della locazione, sempre più diffusi, richiedono una corretta qualificazione giuridica in quanto, ricondotti all’una o all’altra categoria, possono comportare conseguenze diverse, talvolta anche di natura penale. Questo è stato chiarito più volte in giurisprudenza e in particolare dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 44244/2018), che decide su un caso in cui l’operatore non riversa alla proprietaria le somme incassate dagli ospiti dell’immobile gestito. La Suprema Corte, confermando le pronunce dei giudici di merito, chiarisce che tale comportamento costituisce appropriazione indebita e non mero inadempimento contrattuale.
Il contratto atipico di “allotment”
Con questo contratto atipico, di matrice anglosassone, una struttura ricettiva (o, come nel caso in esame, anche un proprietario di immobile offerto con locazioni short term sul mercato turistico) assicura (meglio, “riserva”) per un periodo di tempo prestabilito la disponibilità di uno o più alloggi a un gestore. In passato, per lo più, si trattava di tour operator, ma spesso oggi operano con schemi simili anche le OTA e gli intermediari digitali o persino i c.d. “property manager”. Il contratto di allotment, riveste un ruolo cruciale nel turismo organizzato ma oggi si estende ad altri comparti. Esso prevede, nella sua formulazione tradizionale, un accordo tra il proprietario di una struttura ricettiva e un tour operator, che assume la gestione delle prenotazioni e la vendita di un numero definito di camere per un determinato periodo. Come emerso nella sentenza in esame, l’allotment consente al Tour operator di ottenere l’esclusiva sulle camere per un arco temporale prefissato, con l’obbligo di promuoverne la vendita e incassare il corrispettivo dai clienti, al netto della commissione, solitamente abbastanza elevata, spettante per il servizio reso. Un elemento distintivo di questo contratto è la ripartizione del rischio commerciale: il tour operator non è obbligato a corrispondere alcuna somma alla proprietà in caso di mancata vendita delle camere, scaricando così l’onere dell’invenduto sul proprietario. Di conseguenza, il denaro percepito dal tour operator a titolo di pagamento da parte dei clienti appartiene giuridicamente alla proprietà, ed egli ha l’obbligo di trasferirlo, trattenendo solo la quota di commissione concordata.
Differenza con il contratto “vuoto per pieno”
La sentenza in commento offre poi una chiara definizione di una particolare tipologia di contratto di allotment, denominato “vuoto per pieno” (o anche, contratto di allotment con garanzia). Nel contratto “vuoto per pieno”, il tour operator acquista anticipatamente un determinato numero di camere a un prezzo fisso, indipendentemente dal loro effettivo riempimento. Il rischio finanziario grava interamente sul tour operator, che deve corrispondere il pagamento alla proprietà a prescindere dall’affluenza turistica. Proprio per tale ragione, secondo lo schema contrattuale del vuoto per pieno, il tour operator ha piena autonomia nella gestione del pacchetto turistico e nell’incasso del corrispettivo. Il c.d. contratto atipico “vuoto per pieno” costituisce una soluzione negoziale sempre più diffusa anche nel mercato delle locazioni nel Real Estate tradizionale, non rivolto al comparto turistico. Recentemente, inoltre, sta estendendosi anche al segmento dei gestori di immobili specializzati nello short term, una particolare categoria di Property Manager.
Il contesto della vicenda esaminata e la posizione del ricorrente
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 6 febbraio 2017, confermava la condanna pronunciata dal Tribunale di Lucca il 2 marzo 2015 nei confronti del legale rappresentante di una società che operava come Tour operator. A tale legale rappresentante era contestato il fatto di non aver riversato alla società S, proprietaria di immobili concessi in affitto a turisti tramite detto tour operator, il denaro ottenuto dai clienti, impossessandosi dunque di somme di denaro che spettavano alla società proprietaria dell’immobile. La Corte d’Appello lo dichiarava colpevole del reato di appropriazione indebita. Il legale rappresentante del Tour Operator presentava ricorso per cassazione, tra l’altro, per il seguente motivo: “violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 646 cod. pen. posto che nel contratto atipico di “allotment” il tour operator acquista dalla titolare degli appartamenti la disponibilità delle camere per un certo periodo con facoltà di recesso entro una determinata data e, ciò, indipendentemente dai rapporti che si instaurano tra il turista fruitore dei servizi ed il tour operator, la cui attività in questa seconda fase è estranea al regime del mandato. Difatti le somme versate dal turista al tour operator non sono incassate da questi per conto della proprietaria dell’immobile bensì ricevute in forza di un autonomo contratto”. Chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.
Sulla configurabilità del reato di appropriazione indebita
La Corte di Cassazione, sezione II penale, nella sentenza n. 44244/2018, ha analizzato la possibile sussistenza del reato di appropriazione indebita, disciplinato dall’art. 646 c.p., nel caso di mancato versamento delle somme incassate dal tour operator per conto della proprietà. Occorre innanzitutto rappresentare che, in linea generale, tale reato si configura quando una persona, avendo ricevuto una somma o un bene da altri, trattiene illecitamente tale somma o bene, con l’intenzione di appropriarsene indebitamente.
Nel caso in esame, il tour operator aveva incassato il pagamento dei clienti per i servizi turistici forniti, ma non aveva trasferito le somme alla proprietà della struttura, nonostante l’obbligo contrattuale. La Corte ha stabilito che tale condotta, in assenza di un titolo legittimante la ritenzione delle somme, integra il reato di appropriazione indebita. Come chiarito dai giudici di legittimità, la responsabilità del tour operator non si limita a una mera violazione civilistica degli obblighi contrattuali, ma assume una dimensione penale, in quanto il suo comportamento implica l’intenzione di privare il proprietario delle somme a lui spettanti. La decisione si fonda sull’inquadramento del contratto di allotment come una forma di mandato, in cui il tour operator agisce quale intermediario incaricato di riscuotere pagamenti per conto della proprietà. Di conseguenza, l’indebito trattenimento delle somme incassate costituisce una violazione degli obblighi fiduciari e contrattuali, con rilevanza penale. La Corte, tenuto conto delle caratteristiche del contratto ‘vuoto per pieno‘, ha invece escluso che in tale forma contrattuale un eventuale mancato pagamento in favore della proprietà possa configurare un’ipotesi di appropriazione indebita. Al più, tale circostanza potrebbe integrare un mero inadempimento contrattuale di natura civilistica.
“Come richiamato dalle sentenze di merito, ogni qual volta l’appartamento veniva dato in atto ai turisti veniva data comunicazione alla S. s.r.l. che a quel punto emetteva regolare fattura alla Tirreno Tour sicché la tipologia contrattuale atipica risulta corrispondere proprio alla figura dell'”allotment”. Ne deriva pertanto affermare che i pagamenti da parte del ricorrente dovevano essere e effettuati non indipendentemente dalla cessione dei servizi turistici bensì solo in conseguenza degli stessi, sicché la percezione delle somme da parte del tour operator versate degli utilizzatori dei servizi avveniva in nome e per conto della proprietaria delle strutture S. s.r.l. ed il mancato versamento delle stesse configura una ipotesi di appropriazione indebita”.
Conclusioni
La sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sul contratto di “allotment” puro e sulle sue implicazioni giuridiche, distinguendolo chiaramente dal modello “vuoto per pieno”. Ed infatti, nel contratto di allotment, il mancato versamento del denaro da parte del tour operator nei confronti della proprietà, costituisce non solo un inadempimento contrattuale, ma può configurare anche il reato di appropriazione indebita. Ciò in quanto l’operatore, avendo incassato il denaro per conto della proprietà, non ha alcun diritto di trattenerlo. Nel contratto vuoto per pieno, invece, il tour operator non incassa il denaro per conto della proprietà e, dunque, non è configurabile il reato di appropriazione indebita. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una chiara definizione contrattuale e di una gestione trasparente dei rapporti di intermediazione nel settore turistico, ribadendo che, in determinate circostanze, la responsabilità penale può derivare dalla violazione degli obblighi previsti da tali accordi.
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