Rappresentanza senza poteri, ripetizione d’indebito e risarcimento del danno
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 10 aprile 2024, n. 9679 – Pres. Di Virgilio – Rel. Trapuzzano
Parole chiave: Contratti – Rappresentanza – Contratto concluso dal falso rappresentante – Azione del contraente in buona fede per il risarcimento del danno – Azione di recupero di beni o somme acquisiti in forza del negozio inefficace – Compatibilità
[1] Massima: L’azione esperibile, ai sensi dell’art. 1398 c.c., dal contraente – che abbia confidato senza colpa nell’efficacia del contratto – contro il rappresentante senza poteri della controparte, al fine di essere risarcito del danno sofferto (spese erogate, dispendio di attività, perdita di altri affari), non coincide con quella eventualmente proponibile dal medesimo contraente, indipendentemente dal suo atteggiamento psicologico nella conclusione del contratto, per il recupero di beni o somme che il falsus procurator o altri abbiano acquisito senza titolo, in forza del negozio inefficace; ne deriva che l’esperimento di una di tali azioni non è di ostacolo alla proposizione dell’altra.
Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1398, 2033, 2041
CASO
L’acquirente di piante di ulivo, che lamentava di non averle mai ricevute, perché alienate a terzi, agiva in giudizio nei confronti del venditore per ottenere la restituzione del prezzo pagato.
La domanda veniva accolta dal Giudice di Pace di Andria.
Il venditore, che, non essendosi costituito in giudizio, era stato dichiarato contumace, impugnava la sentenza di primo grado sostenendo di essere del tutto estraneo alla vicenda negoziale, essendovi intervenuto – com’era stato esplicitato nel contratto – nella veste di rappresentante della società proprietaria del fondo su cui insistevano le piante di ulivo, che era quindi l’unico soggetto tenuto a restituire il corrispettivo della vendita.
Il Tribunale di Trani, tuttavia, respingeva l’appello, osservando che il legale rappresentante della società proprietaria del terreno su cui insistevano gli ulivi aveva negato che vi fosse stato alcun conferimento di poteri rappresentativi, sicché il contratto di vendita doveva reputarsi inefficace nei suoi confronti, in assenza di prova dell’effettiva sussistenza di tali poteri in capo a chi lo aveva concluso.
Il venditore impugnava la sentenza di secondo grado con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’accoglimento della domanda di ripetizione di indebito oggettivo proposta dall’acquirente, in quanto colui che aveva concluso la vendita sostenendo di essere titolare del potere di rappresentare il proprietario delle piante di ulivo non ne aveva dimostrato l’effettivo conferimento, sicché era rimasto sfornito di prova un elemento costitutivo dell’eccezione sollevata per paralizzare la pretesa restitutoria.
QUESTIONI
[1] Nella fattispecie esaminata dall’ordinanza che si annota si discuteva su chi fosse tenuto a restituire il prezzo di vendita di beni che non erano mai stati consegnati all’acquirente: il soggetto che aveva concluso il contratto o il proprietario di tali beni, in rappresentanza del quale – secondo la tesi patrocinata dal ricorrente – il contratto era stato concluso, sebbene questi avesse negato il conferimento dei relativi poteri.
La Corte di cassazione ha affermato, innanzitutto, che chi agisce quale rappresentante – ossia in nome e per conto – di un altro soggetto in difetto dei relativi poteri, ovvero oltrepassando i limiti di quelli effettivamente conferitigli, assume la veste di falsus procurator, il cui agire illegittimo determina l’inefficacia del contratto concluso:
- rispetto al rappresentato, in quanto, non sussistendo il potere di rappresentanza in capo al falsus procurator, il suo nome è stato speso illegittimamente, con la conseguenza che il negozio rimane estraneo alla sua sfera giuridica;
- rispetto al rappresentante, in quanto egli stipula il negozio in nome del rappresentato, senza assumere alcun impegno e senza compiere alcun atto dispositivo in nome proprio;
- rispetto al terzo contraente, sia perché gli effetti reali od obbligatori del contratto ne presuppongono l’operatività nei confronti del rappresentato (da escludersi in virtù di quanto innanzi osservato), sia perché non ha manifestato alcuna volontà di impegnarsi nei confronti del rappresentante.
Oltre all’inefficacia del contratto, l’agire in nome e per conto altrui senza averne i poteri o eccedendo quelli conferiti espone il falsus procurator a responsabilità risarcitoria nei confronti della controparte negoziale.
Tale responsabilità, espressamente disciplinata dall’art. 1398 c.c., ha natura extracontrattuale e trova il proprio fondamento non già nell’inefficacia del contratto concluso, ma nel comportamento contrario ai generali doversi di correttezza e buona fede, connessi al divieto di neminem laedere.
In questo senso, affinché sussista la responsabilità del falso rappresentante, sono necessarie, da un lato, la sua consapevolezza di avere agito senza potere o, quanto meno, la configurabilità in capo allo stesso di un dovere di riconoscere l’assenza dei poteri rappresentativi e, dall’altro lato, l’assenza di colpa del terzo, che ha la facoltà e non l’obbligo di controllare i poteri del rappresentante (art. 1393 c.c.), sicché potrà essergli imputata una condotta colposa solo quando non si sia attenuto ai dettami della legge o alla normale diligenza, trascurando di accertare una situazione facilmente controllabile, ovvero affidandosi alla mera apparenza, salvo che il falso rappresentante abbia agito addirittura con dolo.
Peraltro, nel caso in cui l’apparente rappresentato, mediante il proprio comportamento di tolleranza dell’attività del falsus procurator, abbia ingenerato nel terzo la convinzione ragionevole della sussistenza di un rapporto di rappresentanza, trova applicazione il principio dell’apparenza del diritto, che obbliga l’apparente rappresentato a fare fronte agli obblighi assunti in suo nome, giacché va tutelata la posizione del soggetto al quale la situazione giuridica appare – senza sua colpa – esistente, dovendosi accordare prevalenza all’affidamento legittimamente (ossia incolpevolmente) riposto in ciò che appare, con la conseguenza che la situazione giuridica apparente, sebbene in realtà inesistente, è da considerarsi vera e reale nei suoi confronti.
Quando, di converso, a fronte dell’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator, il dominus abbia escluso ogni volontà di ratifica, la inidoneità del negozio a produrre effetti giuridici diviene definitiva e il terzo contraente ha diritto di ripetere la prestazione eseguita nei confronti di chi nulla doveva ricevere, stante l’inefficacia del contratto.
Si è in presenza, in questi casi, non già di un indebito soggettivo (che ricorre, ai sensi dell’art. 2036 c.c., allorché, pur esistendo il vincolo, esso è a carico di un soggetto diverso da quello che ha eseguito il pagamento), ma di un indebito oggettivo, giacché il pagamento è stato eseguito per adempiere un’obbligazione in presenza di un vincolo inefficace.
Di conseguenza, al contraente che abbia confidato senza colpa nell’efficacia del contratto si prospettano due possibilità:
- agire nei confronti del rappresentante senza poteri, a norma dell’art. 1398 c.c., al fine di ottenere il risarcimento del danno sofferto (e, a questo proposito, si ritiene che il danno risarcibile sia limitato all’interesse negativo, includendo, oltre alle spese e alle perdite strettamente dipendenti dalle trattative, anche il vantaggio conseguibile dal contraente in buona fede per il tramite di altre contrattazioni, ma non il lucro ricavabile dall’adempimento del contratto);
- agire per il recupero dei beni o delle somme che il falsus procurator o altri abbiano acquisito senza titolo, in forza del negozio inefficace (nel quale caso non assumerà alcuna rilevanza l’atteggiamento psicologico serbato nella conclusione del contratto).
Le due azioni possono essere esperite in via alterativa o cumulativa.
Nel caso di specie, l’acquirente delle piante di ulivo non aveva invocato la responsabilità risarcitoria del rappresentante senza potere, ma aveva agito per ottenere la restituzione della somma concordata a titolo di prezzo della compravendita, che era fuoriuscita dal suo patrimonio per confluire in quello del venditore.
Pertanto, come sottolineato dai giudici di legittimità, era onere del destinatario della domanda di ripetizione di indebito oggettivo (vale a dire, del falsus procurator), il quale aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva (sostenendo che la pretesa doveva essere avanzata nei confronti del proprietario delle piante, in rappresentanza del quale affermava di avere concluso il contratto di vendita), dimostrare l’effettiva esistenza del potere rappresentativo.
In applicazione del principio di distribuzione degli oneri probatori, infatti, poiché la sussistenza del potere di rappresentanza assume il ruolo di fatto impeditivo della pretesa restitutoria avanzata nei confronti del falso rappresentante, compete a chi sostenga di avere agito in nome e per conto altrui la dimostrazione del conferimento e della sussistenza dei poteri rappresentativi.
La medesima conclusione si impone quando il terzo contraente contesti la spendita del nome, avendo posto tale contestazione a fondamento dell’azione di ripetizione promossa nei confronti della propria controparte negoziale, cioè del falsus procurator: anche in questo caso, l’onere della prova della sussistenza della contemplatio domini e dei poteri che la legittimano incombe su chi afferma di avere assunto la veste di rappresentante.
Peraltro, in assenza di spendita del nome del proprietario dei beni oggetto di compravendita, la conclusione del contratto nell’interesse e per conto di un terzo integrerebbe un’ipotesi di mandato senza rappresentanza ex art. 1705, comma 1, c.c.: anche in questo caso, quindi, la pretesa del terzo contraente alla restituzione del prezzo pagato si rivolge nei confronti del mandatario che ha ricevuto il pagamento del corrispettivo, dal momento che la ripetizione di quanto pagato è prospettabile solo nei rapporti tra il solvens e colui che ha materialmente incassato la somma indebitamente corrisposta, quale effettivo destinatario del pagamento.
Qualora, invece, il terzo contraente agisca contro il rappresentato che contesti l’esistenza dei poteri rappresentativi in capo a chi ha agito per suo conto e in suo nome, incombe sul primo l’onere di provare l’esistenza di simili poteri, idonei ad addossare sul secondo gli effetti del contratto concluso dal rappresentante, venendo essi a costituire un elemento costitutivo della pretesa azionata nei confronti di chi, non essendo intervenuto alla stipulazione, sostiene di non esserne parte in senso sostanziale, oltre che formale.
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