Rapporti tra esecuzione per credito fondiario e liquidazione giudiziale
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFL’art. 41 del TUB disciplina l’esecuzione immobiliare per credito fondiario e regola i suoi rapporti con la procedura di liquidazione giudiziale. Come noto, la questione della sopravvivenza dei privilegi fondiari nel contesto del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) è stata decisa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22914/2024 ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., a seguito del rinvio pregiudiziale operato dal Tribunale di Brescia, nei seguenti termini: il creditore fondiario può avvalersi del “privilegio processuale” di cui all’art. 41, comma 2, d.lgs. n. 385 del 1993 sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale di liquidazione giudiziale di cui agli artt. 121 e ss. del d.lgs. n. 14 del 2019, sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale della liquidazione controllata di cui agli artt. 268 e ss. del medesimo d.lgs.
L’articolo in esame prevede alcuni privilegi procedurali che derogano alla disciplina ordinaria dell’espropriazione immobiliare contenuta nel codice di procedura civile. Tali deroghe sono finalizzate a rendere le azioni esecutive e le operazioni di attribuzione del ricavato più rapide ed efficienti a favore della banca finanziatrice.
In particolare, il creditore fondiario gode del privilegio processuale consistente nel diritto di iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale nonostante la pendenza della liquidazione giudiziale, come previsto dal citato art. 41 TUB. Tale privilegio si estende alla facoltà di ottenere, seppur in via provvisoria, l’assegnazione delle somme ricavate dalla vendita del bene su cui il creditore fondiario esercita il diritto di prelazione, nonostante lo stesso bene costituisca pur sempre compendio dell’attivo della liquidazione.
A tal proposito, la Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 23482/2018; Cass. n. 12673/2022) ha ribadito l’orientamento consolidato secondo il quale l’attribuzione al creditore fondiario del ricavato della vendita del bene in sede esecutiva ha carattere provvisorio. Ciò è stato chiarito, non solo affermando che, quando il giudice delegato ha già valutato l’esistenza e l’entità del credito, il giudice dell’esecuzione non deve procedere a una autonoma determinazione, ma stabilendo altresì che il giudice dell’esecuzione deve conformarsi ai provvedimenti del giudice delegato che abbia accertato, quantificato e graduato il credito. L’assegnazione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita avviene, quindi, in applicazione del principio di esclusività dell’accertamento in sede concorsuale (art. 52 l. fall., ora art. 151 CCII).
Pertanto, non solo in sede distributiva, ma anche prima di proporre qualsiasi atto di impulso processuale nell’esecuzione individuale, il creditore fondiario ha l’onere di provare di aver sottoposto la propria pretesa al procedimento di verifica del passivo. Per poter poi ammettere la prosecuzione del processo esecutivo, è altresì necessario che il credito sia stato ammesso allo stato passivo, fatto che viene qualificato come «costitutivo» del diritto del creditore a ottenere l’attribuzione, anche in via provvisoria, del ricavato della vendita. A tale onere corrisponde la necessità di documentare l’avvenuta ammissione.
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