Qualificazione del rapporto di lavoro
di Evangelista Basile Scarica in PDFCorte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 03 ottobre 2017, n. 23056
Natura subordinata – Discontinuità delle prestazioni – Qualificazione del rapporto di lavoro – Contratto
MASSIMA
L’elemento della continuità non è indispensabile per caratterizzare la natura subordinata del rapporto di lavoro. Le parti possono definire una modalità, anche con comportamenti di fatto concludenti, di svolgimento della prestazione che si articoli secondo le richieste o le disponibilità di ciascuna di esse. Le prestazioni a chiamata quindi non escludono l’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato.
COMMENTO
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una cameriera, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma. Detta corte aveva respinto la domanda della lavoratrice e aveva ritenuto non provata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la stessa e il suo datore di lavoro. Secondo la Corte di Appello le prove testimoniali non sarebbero state sufficienti ad affermare la continuità del rapporto e, dunque, ad inficiare la tesi difensiva della società secondo cui il rapporto sarebbe stato occasionale e le prestazioni sarebbero state svolte solo nei giorni in cui la signora veniva chiamata presso l’albergo. Pertanto sarebbe mancata la prova di una disponibilità continua. L’argomentazione della Corte di Cassazione si è però rivelata in evidente contrasto con tali conclusioni. La Suprema Corte ha ribadito che “l’elemento della continuità non è indispensabile per caratterizzare la natura subordinata del rapporto di lavoro, potendo le parti concordare una modalità di svolgimento della prestazione che si articoli secondo le richieste o le disponibilità di ciascuna di esse, come previsto nella fattispecie del contratto di lavoro c.d. a chiamata o intermittente, o anche di part time verticale”. La Corte territoriale non aveva, infatti, tenuto conto degli “elementi fattuali i quali, ove meglio esaminati, avrebbero potuto consentire una più compiuta valutazione della fattispecie al fine di accertare la subordinazione del rapporto di lavoro anche in assenza di prova di una continuità giornaliera relativa a tutto il periodo di contestazione, in presenza di messa in disponibilità da parte della lavoratrice delle proprie energie lavorative.” Sono le parti che possono manifestare la loro volontà, anche tramite comportamenti concludenti, di porre in essere un rapporto con tempi alternati o diversamente articolati rispetto alla prestazione giornaliera e, dunque, anche “con messa in disponibilità del lavoratore a richiesta del datore di lavoro”. La tesi della Corte si basa sull’assunto per cui l’art. 2094 c.c. “non postula necessariamente una continuità giornaliera della prestazione lavorativa”. La Cassazione, pertanto, ritiene che la decisione di merito della Corte d’Appello aveva erroneamente escluso l’esistenza di un rapporto di lavoro sulla sola “premessa dell’assenza di prova di una continuità giornaliera e di una contestuale messa a disposizione delle energie lavorative”. Cassa con rinvio alla corte territoriale in diversa composizione.
Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”