Può la riserva da plusvalenza essere utilizzata per la copertura delle perdite?
di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, sez. I, 12 Maggio 2022, n. 15087
Parole chiave: Società di capitali – Società per azioni – Bilancio – Contenuto – Criteri di valutazione – Riserve non distribuibili ex art. 2426, comma 1, n. 4, c.c. – Utilizzabilità a riduzione delle perdite – Presupposti – Limiti
Massima: “In tema di società di capitali, la riserva costituita, ai sensi dell’art. 2426, comma 1, n. 4, c.c., dalle plusvalenze, derivanti dalla valutazione delle partecipazioni in imprese controllate secondo il criterio del patrimonio netto, ha natura di riserva non distribuibile, basandosi su un valore solo stimato e non ancora realizzato, e può essere utilizzata per la copertura delle perdite solo dopo l’assorbimento di ogni altra riserva distribuibile iscritta in bilancio. (Nella specie, la S.C. ha confermato, precisandone la motivazione, la sentenza di merito, che aveva dichiarato nulla la delibera di approvazione del bilancio e della distribuzione di dividendi ai soci, in quanto era stata imputata a copertura delle perdite la riserva non distribuibile, costituita ai sensi dell’art. 2426c.c., comma 1, n. 4, c.c., sebbene fossero iscritte ulteriori riserve disponibili, che avrebbero dovuto essere assorbite prioritariamente).”
Disposizioni applicate: art. 2426, comma 1, n. 4, c.c.
Nel caso in esame, il socio di una società per azione ha impugnato una delibera assembleare di approvazione del bilancio, mediante la quale era stata al contempo deliberata la conseguente distribuzione di dividendi, pur in presenza di perdite.
In particolare, nell’approvare il bilancio, l’assemblea aveva operato una diversa valutazione delle partecipazioni in società controllate, basandosi sul criterio del patrimonio netto piuttosto che su quello del costo storico adottato in passato, imputando a riduzione delle perdite la riserva derivante dall’applicazione del suddetto diverso criterio, procedendo così alla distribuzione di dividendi.
Il Tribunale di prime cure ha accolto la domanda del socio. Avverso tale decisione, la società ha proposto appello, il quale è stato respinto dalla Corte territoriale, in quanto ha considerato che l’assemblea avesse violato l’art. 2426, comma 1, n. 4, c.c. applicando un diverso criterio di valutazione delle partecipazioni in patrimonio e per aver disatteso la necessaria destinazione della plusvalenza ad una riserva non distribuibile.
Avverso tale sentenza, la società ha proposto ricorso in cassazione, ricorso poi rigettato dalla Suprema Corte per le ragioni che si vedranno nel prosieguo.
Gli ermellini hanno rammento che (i) l’ordinamento giuridico italiano considera il capitale sociale quale strumento di tutela contro la tendenza alla traslazione del rischio ai terzi, svolgendo il capitale una funzione informativa e di emersione della crisi e che (ii) la costituzione di una riserva non distribuibile ai soci è imposta per legge proprio per arginare il rischio di indebite fuoriuscite di ricchezza dal patrimonio della società, ed, in particolare, la distribuzione di ricchezza tra i soci, in quanto avrebbe per conseguenza l’impoverimento del patrimonio sociale e metterebbe a repentaglio le ragioni dei creditori[1].
Infatti, per quanto riguarda la concezione del capitale sociale quale strumento di tutela contro la tendenza alla traslazione del rischio ai terzi, basta pensare al divieto di distribuire utili in presenza di perdite (art. 2433 c.c.) ed alle norme sulla riduzione del capitale sociale (art. 2445-2447 c.c.).
Invece, per quanto riguarda il significato di riserva non distribuibile, la Corte di Cassazione ha sottolineato che la “non distribuibilità” è limitata solo ai fini del riparto degli utili, mentre la stessa poteva invero essere utilizzata per la copertura delle perdite, tuttavia soltanto laddove difettino in bilancio poste del netto più liberamente disponibili, ovvero solo dopo che altre riserve prive del vincolo di “non distribuibilità” siano state utilizzate a copertura delle perdite.
Proprio per questo motivo, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la nullità della delibera assembleare, in quanto ha rilevato l’esistenza a bilancio di utili portati a nuovo e di altre riserve senza vincolo di “non distribuibilità”, con la conseguenza che tali altre riserve avrebbero potuto/dovuto essere erose prioritariamente dalle perdite, conformemente alla regola della graduazione delle voci iscritte al patrimonio netto.
[1] In tal senso, la Corte di Cassazione si rifa al seguente precedente Cass., 23 marzo 2004, n. 5740.
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