Può essere compromessa in arbitri la controversia che riguardi una delibera presa in mancanza di convocazione di un socio
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. Sez. VI-1, ordinanza del 31 ottobre 2018, n. 27736.
Parole chiave: Società – Consorzi – Delibere – Arbitrato
Massima: “Attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabili anche di ufficio dal giudice, cui sono equiparate, ai sensi dell’art. 2479 ter c.c., quelle prese in assoluta mancanza di informazione, sicché la lite che abbia ad oggetto l’invalidità della delibera assembleare per omessa convocazione del socio, essendo soggetta al regime di sanatoria previsto dall’art. 2379 bis c.c., può essere deferita ad arbitri.”
Disposizioni applicate: artt. 2379 bis, 2479 ter c.c.; art. 806 c.p.c.
La Corte di Cassazione nel presente caso – trattasi di regolamento di competenza nel quale è chiamata a decidere sulla compromettibilità di una delibera societaria – coglie l’occasione per ribadire l’ambito di validità della clausola compromissoria contenuta all’interno dello statuto di un consorzio, nel caso in cui sia impugnata una delibera per la mancata convocazione di un consorziato (o, più in generale, del socio).
All’interno dello statuto del consorzio in questione è contenuta una clausola che prevede il deferimento al giudizio di tre arbitri di qualsiasi controversia riguardante il patto consortile o da esso dipendente. In particolare, oggetto del regolamento di competenza è se la validità di una delibera presa senza aver convocato una delle società appartenenti al consorzio possa essere decisa nell’ambito di un procedimento di arbitrato, applicandosi così la clausola compromissoria, oppure se debba invece essere decisa da un tribunale, trattandosi di diritto indisponibile e quindi non compromettibile ai sensi dell’art. 806 c.p.c.
La giurisprudenza di legittimità afferma che le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi – controversie che, sempre nell’interpretazione della Cassazione, avrebbero ad oggetto diritti indisponibili.
In particolare, l’area della indisponibilità sarebbe da ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali ad esempio le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio (cfr. Cass., 12 settembre 2011 n. 18600). È stato quindi ritenuto che, a titolo di esempio, non è compromettibile in arbitri l’azione di revoca per giusta causa di un amministratore di società in accomandita semplice ex art. 2259 c.c. in relazione all’art. 2315 e 2293 c.c., fondata sulla violazione da parte dell’amministratore medesimo delle disposizioni che prescrivono la precisione e la chiarezza dei bilanci nonché dell’obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale, trattandosi di disposizioni preordinate alla tutela di interessi non disponibili da parte dei singoli soci e perciò non deferibili al giudizio degli arbitri (cfr. Cass., 18 febbraio 1988, n. 1739). È stata altresì disconosciuta la compromettibilità in arbitri, relativamente alla controversia concernente l’esclusione del socio dalla quale derivi lo scioglimento della società (Cass., 7 febbraio 1968, n. 404) e quella concernente lo scioglimento delle società anche di persone (Cass., 19 settembre 2000, n. 12412).
Ugualmente, la Cassazione ha affermato che attengono a diritti indisponibili le controversie relative a delibere assembleari aventi oggetto illecito o impossibile – che danno luogo a nullità rilevabile anche d’ufficio – e quelle prese in assoluta mancanza di informazione di cui all’art. 2479 ter, comma 3, c.c. (cfr. in particolare Cass. n. 16625 del 2013, in tema di società di capitali).
Tuttavia, nel presente caso, quanto al concetto di assoluta mancanza di informazione, la Cassazione ha sostenuto che non può esservi ricompresa la mancata convocazione di un socio – idonea, in linea di principio, a viziare la delibera. Il tema della mancata convocazione, secondo la Cassazione, non avrebbe ad oggetto un diritto indisponibile secondo gli anzidetti principi giurisprudenziali, stante la possibilità del socio di sanare tale delibera ai sensi dell’art. 2379 bis c.c. (cfr. sul punto anche Cass. n. 3772 del 2005 e Cass. n. 18600 del 2011).
Di conseguenza, può essere oggetto di arbitrato, laddove vi sia una clausola statutaria che lo preveda, una controversia relativa alla validità di una delibera presa senza aver convocato un socio.