24 Luglio 2018

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare su un immobile ipotecato: quando le ragioni creditorie prevalgono su quelle della famiglia

di Giancarlo Geraci Scarica in PDF

Tribunale di Bari – ordinanza del 24 aprile 2018 – dott. M. De Palma

[1] Assegnazione casa familiare – Ipoteca – Pignoramento immobiliare – Trascrizione – Opposizione agli atti esecutivi – Fattispecie (artt. 144 – 155 quater – 337 sexies – 1599 – 2643 – 2644 – 2808 cod. civ.; artt. 555 e ss. – 617 – 618 cod. proc. civ.; art. 6 l. 898/1978; art. 4 l. 54/2006

[1] Il provvedimento di assegnazione della casa familiare non è opponibile al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto in base ad atto iscritto anteriormente alla emissione o trascrizione del provvedimento stesso.

CASO

[1] Il creditore, all’esito della procedura di pignoramento immobiliare dallo stesso esperita, si aggiudicava l’immobile sul quale aveva precedentemente iscritto ipoteca e che, successivamente, con provvedimento del Tribunale di Bari, era stato assegnato al debitore come casa familiare.

Al fine di ottenere il rilascio dell’immobile dal debitore, affidatario dei figli minori, il creditore, in seno alla medesima procedura espropriativa, presentava apposita istanza volta all’emanazione del relativo ordine di liberazione che, tuttavia, veniva rigettata con ordinanza.

Avverso il predetto provvedimento, il creditore propone opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ.

SOLUZIONE

[1] Con l’ordinanza in commento, adottata ai sensi dell’art. 618, II co., cod. proc. civ., il giudice dell’esecuzione accoglie il ricorso del creditore.

In particolare, seguendo quanto già affermato dai giudici della Suprema Corte con la sentenza del 20 aprile 2016 n.7776, il Tribunale di Bari evidenzia come il nuovo art. 337 sexies cod. civ., che ha sostituito il precedente art. 155 quater cod. civ., contenendo un rinvio all’art. 2643 cod. civ., è norma posta al fine di risolvere i conflitti tra titolari di diritti incompatibili mediante il sistema della trascrizione.

Pertanto, in aderenza a quanto sostenuto dal creditore e in applicazione del principio della priorità della trascrizione, il provvedimento di assegnazione della casa familiare, anche se trascritto prima del pignoramento, non è comunque opponibile alla procedura esecutiva di cui sia parte il creditore che abbia iscritto ipoteca prima della trascrizione del predetto provvedimento di assegnazione.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza in esame affronta un tema piuttosto dibattuto negli ultimi anni, sia in dottrina che in giurisprudenza, ossia quello dell’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione della casa familiare.

Si premette, da un punto di vista terminologico, che per “casa familiare” si intende l’insieme dei beni, mobili e immobili, finalizzati all’esistenza domestica della comunità familiare e alla conservazione degli interessi in cui essa si esprime e si articola. Di importanza centrale è, dunque, l’immobile che è destinato in via duratura e prevalente alla convivenza dei familiari.

L’art. 144 cod. civ., a sottolineare l’importanza della scelta della residenza dei coniugi, stabilisce che tale luogo debba essere concordato tra di essi “secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa”. Intuitivo è, dunque, il collegamento che sussiste tra tale disposizione e l’art. 29, II co., Cost., con il quale si stabilisce il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, al fine di garantire la stabilità e l’unità familiare.

Appare, dunque, chiaro, da quanto brevemente premesso, come l’immobile in cui è concordata la residenza familiare tra i coniugi (ma anche tra i componenti di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, come previsto ora dalla c.d. Legge Cirinnà), rivesta carattere centrale al fine del miglior svolgimento possibile della vita della famiglia.

La figura della casa coniugale assume rilievo preminente anche nella fase patologica del rapporto coniugale o di convivenza, in considerazione del fatto che il giudice, allorquando è chiamato a pronunciarsi sulla separazione o sul divorzio e negli altri casi di legge, dovrà decidere della sorte dell’immobile adibito a residenza principale del nucleo familiare durante il rapporto, mediante apposito provvedimento di assegnazione di cui all’art. 337 sexies cod. civ.

In particolare, criterio fondamentale che dovrà guidare la scelta del giudice, è quello del miglior interesse dei figli minori o, comunque, non autosufficienti della coppia (ex multis, Cass. 22 luglio 2015 n. 15367), di talché non avrà alcun rilievo il fatto che l’immobile sia di proprietà di uno o dell’altro dei coniugi, potendo ciò esclusivamente rilevare ai fini della determinazione dei rapporti economici tra i componenti della coppia in sede di separazione o divorzio.

La giurisprudenza, ma anche la dottrina maggioritaria, sostengono che dall’assegnazione della casa familiare nell’interesse della prole derivi la conseguenziale apposizione sull’immobile di un vincolo di destinazione alle esigenze della famiglia (Cass. 15 novembre 2017 n. 26954).

Problemi sorgono qualora, come nel caso di specie, il provvedimento di assegnazione della casa familiare entri in conflitto con i diritti che un terzo abbia acquisito sul medesimo immobile oggetto di assegnazione. Ci si è interrogati, in particolare, se, in tali casi, prevalgano le esigenze della proprietà o, comunque, dei creditori ovvero quelle della famiglia, con particolare riferimento ai figli della coppia.

Pertanto, degno di nota è il caso deciso con l’ordinanza in commento in cui, come suesposto, il provvedimento di assegnazione insiste su di un immobile sul quale era stata precedentemente iscritta ipoteca da parte del creditore procedente, il quale si è poi aggiudicato l’immobile stesso all’esito della procedura di pignoramento immobiliare.

Il Tribunale di Bari ripercorre brevemente i termini della questione.

Sottolinea, innanzitutto, come per lungo tempo si applicasse la disciplina recata dall’art. 6, VI co, L. 898/1970 (c.d. Legge sul divorzio), il quale, ai fini dell’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione della casa familiare, rimanda alla disciplina recata dall’art. 1599 cod. civ., in materia di locazione.

Dal combinato disposto della prefata norma con la disciplina in materia di assegnazione della casa familiare, ne derivava la conclusione tale per cui il provvedimento giudiziale di assegnazione, ancorché non trascritto, avendo per definizione data certa, fosse comunque opponibile dal coniuge affidatario al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data d’assegnazione o, comunque, qualora il titolo fosse stato precedentemente trascritto, anche oltre il predetto termine.

Leading case in materia è stata, senz’altro, la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite in cui si è affermato che “in questo quadro complessivo di riferimento diventa agevole, superando le ambiguità del tenore letterale dell’art. 6, comma 6, della Legge sul divorzio in termini di coerenza sistematica, ravvisare nel richiamo all’art. 1599 c.c., in esso contenuto la precisa volontà del legislatore di assimilare ai meri fini della trascrizione il diritto dell’assegnatario a quello del conduttore, così attribuendo all’istituto un quoziente di opponibilità ai terzi, anche a prescindere dalla trascrizione” e che, dunque, “ai sensi della L. n. 74 del 1987, art. 6, comma 6, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare (in quanto avente per definizione data certa) è opponibile al terzo acquirente in data successiva anche se non trascritto, per nove anni decorrenti dalla data dell’assegnazione, ovvero anche dopo i nove anni ove il titolo sia stato in precedenza trascritto” (Cass. SS.UU., 26 luglio 2002 n.11096).

Tuttavia, come evidenzia bene il Tribunale nell’ordinanza in commento, tale orientamento deve ritenersi superato alla luce delle novelle legislative.

In particolare, la L. 54/2006 ha introdotto l’art. 155 quater cod. civ., successivamente abrogato dal D.Lgs. 154/2013 che ne ha riprodotto il contenuto nell’art. 337 sexies cod. civ., ai sensi del quale “Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.”. L’art. 4, II co., L. 54/2006 ha, poi, esteso tali disposizioni anche al caso di “scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.

Con la citata novella legislativa è, dunque, scomparso il richiamo all’art. 1599 cod. civ. ed è invece  presente il riferimento alla disciplina della trascrizione di cui agli artt. 2643 e ss. cod. civ. Ci si è chiesti, quindi, se, ai fini dell’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare a terzi, possa ancora applicarsi il previgente regime, previsto in materia di locazione, dell’opponibilità novennale ovvero ogni questione debba essere risolta esclusivamente sulla base del regime della trascrizione.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria che si andrà ad analizzare, seguita anche dal Tribunale di Bari nella presente ordinanza, la risposta al predetto quesito è la seconda: tramite il rinvio all’art. 2643 cod. civ. contenuto nell’art. 337 sexies cod. civ., il Legislatore ha inteso regolare la materia esclusivamente sulla base della disciplina della trascrizione.

Ne consegue, dunque, che, nel caso in cui il provvedimento di assegnazione ex art. 337 sexies cod. civ. venga trascritto ai sensi dell’art. 2643 cod. civ., ne conseguirà che ogni successivo atto di acquisto dell’immobile del terzo non potrà essere a quello opposto.

È chiaro, tuttavia, che quello di assegnazione della casa coniugale è un provvedimento temporaneo, strettamente legato, come si è esposto in precedenza, alle esigenze della prole, di talché quando queste esigenze vengono meno, il provvedimento potrà essere revocato e il diritto del terzo sull’immobile potrà realizzarsi in maniera piena e diretta.

Si è, infatti, sopra evidenziato come il provvedimento di assegnazione della casa familiare comporti l’imposizione sul bene di un vero e proprio vincolo di destinazione di carattere temporaneo legato al soddisfacimento dei bisogni dei figli della coppia separanda. Quando tali bisogni verranno soddisfatti, il suddetto vincolo non avrà più alcuna ragione di esistere, per cui potrà essere esperito il procedimento per la revoca del provvedimento di assegnazione.

Tali esigenze sono talmente rilevanti da sopravvivere anche al decesso dell’ex coniuge dell’affidatario, così come evidenziato di recente, dai giudici della Suprema Corte, allorché hanno affermato che “il terzo successivo acquirente dell’immobile, già adibito a casa familiare prima della separazione, assegnato al coniuge affidatario della prole, all’epoca minorenne, con provvedimento giudiziale immediatamente iscritto nei pubblici registri, […] non può opporre, a sostegno della domanda di condanna al rilascio, il solo decesso dell’ex coniuge divorziato dante causa. Invero, il diritto di abitazione non può dirsi venuto meno per effetto della morte dell’ex coniuge divorziato dell’assegnatario, affidatario della prole, trattandosi di un diritto personale di godimento “sui generis” che, in funzione del “vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli”, si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno determinato l’assegnazione […] ovvero a seguito dell’accertamento delle circostanze (oggi codificate dall’art. 337 sexies c.c.) legittimanti una revoca giudiziale […]” (Cass. 15 gennaio 2018 n. 772).

Le riflessioni finora svolte, dunque, riguardano il caso in cui il terzo acquisti un diritto sull’immobile successivamente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare. L’ordinanza in commento, invece, si sofferma su un’altra importante situazione in cui può sorgere un conflitto tra il terzo e l’assegnatario della casa familiare, ossia quando il terzo abbia acquistato un diritto sul bene anteriormente all’emissione del detto provvedimento di assegnazione.

Nel caso di specie, infatti, come dianzi esposto, il creditore aveva iscritto ipoteca sull’immobile prima che fosse emesso il provvedimento di assegnazione e, successivamente, ha iniziato la procedura di pignoramento sul medesimo bene all’esito della quale è risultato assegnatario del bene stesso.

La particolarità del caso in questione, dunque, sta nel fatto che sull’immobile oggetto di provvedimento di assegnazione ex art. 337 sexies cod. civ., già insisteva un precedente diritto del creditore che aveva già iscritto ipoteca sul medesimo bene. È chiaro, dunque, che è questo il nodo della questione, ossia l’opponibilità dell’assegnazione della casa familiare trascritta in data anteriore al pignoramento ma successiva all’iscrizione ipotecaria: in mancanza, infatti, di tale iscrizione ipotecaria, il conflitto tra il creditore procedente e il debitore affidatario del bene si sarebbe pacificamente risolta sulla base dei principi dianzi esposti, ossia con la prevalenza delle ragioni (della famiglia) del debitore, essendo stato il pignoramento trascritto successivamente rispetto al provvedimento ex art. 337 sexies cod. civ.

Il Tribunale di Bari risolve la questione applicando il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte, in una recente pronuncia, in cui ha affermato che l’art. 337 sexies cod. civ. “laddove prevede che “il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643” va interpretato nel senso che questi provvedimenti non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull’immobile in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione e che perciò può far vendere il suo immobile come libero” (Cass. 20 aprile 2016 n. 7776).

In particolare, la Suprema Corte giunge alla predetta soluzione sulla base di un ragionamento essenzialmente basato su due convincenti motivazioni.

In primis, i giudici di Piazza Cavour, con un’argomentazione di tipo letterale e, allo stesso tempo, storica, pongono in evidenza come l’art. 155 quater cod. civ, e dunque l’attuale art. 337 sexies cod. civ., come già evidenziato in precedenza, non colleghino più l’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare alla disciplina vigente in materia di locazione, di cui all’art. 1599 cod. civ. cui, viceversa, richiamava l’art. 6, VI co., L. 898/1970. L’unico richiamo contenuto nella disciplina vigente è, invece, quello all’art. 2643 cod. civ. che introduce la disciplina della trascrizione.

Ne consegue, dunque, secondo i giudici della Suprema Corte, che è evidente che il Legislatore, con la predetta modifica, ha inteso disciplinare la materia esclusivamente sulla base della disciplina della trascrizione e, in particolare, secondo quanto previsto dall’art. 2644 cod. civ. che, come noto, prevede il fondamentale principio della priorità della trascrizione (“Gli atti enunciati nell’articolo precedente non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi”).

Già tale importante affermazione consentirebbe di risolvere il caso di specie, in considerazione della già rilevata anteriorità dell’iscrizione ipotecaria rispetto alla trascrizione del provvedimento di assegnazione. Tuttavia la Suprema Corte, in considerazione degli importanti interessi sottesi alla questione, ossia le esigenze della famiglia, in particolare dei minori, e quelle dei creditori, aggiunge un’ulteriore rilevante argomentazione al fine di rafforzare il proprio ragionamento.

In particolare, si sottolinea come per il terzo creditore che abbia iscritto ipoteca sull’immobile, la locazione sia una situazione del tutto diversa rispetto al diritto derivante dall’assegnazione della casa familiare. La locazione, infatti, non priva l’immobile del suo valore d’uso e, comunque, ne consente la vendita come bene produttivo di reddito: argomentando dall’art. 2811 cod. civ., è agevole affermare che l’ipoteca si estende anche sui frutti del bene e, dunque, anche ai canoni di locazione.

Situazione completamente diversa si ha nel caso del provvedimento di assegnazione ex art. 337 sexies cod. civ., in quanto il diritto del coniuge assegnatario della casa familiare sottrare del tutto al bene il suo valore d’uso e, dunque, i terzi che dovessero successivamente acquistare tale bene sarebbero privati tanto del suo godimento diretto che di quello indiretto.

Pertanto, si afferma, anche in considerazione delle ragioni della proprietà tutelate dall’art. 42 Cost., tale prevalenza del diritto del coniuge assegnatario non può essere estesa fino a offuscare anche il diritto del creditore ipotecario, il quale ha prenotato la realizzazione del suo credito tramite l’iscrizione della predetta garanzia reale che gli attribuisce il diritto di far espropriare il bene nel suo intero valore d’uso e di scambio, e che, dunque, merita tutela.

In maniera molto efficace, in conclusione di tale ragionamento, la Suprema Corte rileva che “argomentare nel senso della prevalenza, in ogni caso, del diritto del coniuge assegnatario perché riconosciuto nell’interesse dei figli […] significherebbe che l’ordinamento verrebbe ad accordare maggiore tutela al coniuge che, dopo l’iscrizione di ipoteca, abbia avuto attribuito il diritto parziale rispetto al coniuge (convivente con i figli) che, per ipotesi, abbia conseguito la piena proprietà del bene ipotecato. A maggior ragione, alla stregua […] del principio per il quale nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet, non è consentito al coniuge assegnatario di trovarsi di fronte ai terzi titolari di diritti preesistenti sul bene in una posizione giuridica migliore di quella nella quale si sarebbe trovato il coniuge titolare del diritto di proprietà, con l’unico limite che i diritti preesistenti vantati da terzi gli saranno opponibili in quanto trascritti o iscritti prima del provvedimento di assegnazione, ai sensi dell’art. 2644 cod. civ.”.

In conclusione, pare interessante osservare che, dal condivisibile orientamento espresso nella commentata ordinanza del Tribunale di Bari, deriva conseguenzialmente che il creditore ipotecario anche far subastare l’immobile come libero in quanto, come evidenziato, il diritto del coniuge assegnatario trascritto dopo l’iscrizione dell’ipoteca non può pregiudicare i diritti del titolare della garanzia reale. In tal senso, e solo sulla base delle esposte premesse, il diritto del creditore potrà prevalere sulle esigenze della famiglia.

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