5 Ottobre 2021

Prova della sussistenza dei requisiti dimensionali ai fini della esclusione dalla soggezione al fallimento e assenza di bilancio approvato

di Carlo Trentini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civili 23 luglio 2021, n. 21118, Pres. Cristiano, Est. Dolmetta

Parole chiave: dichiarazione di fallimento – presupposto soggettivo – limiti dimensionali – sussistenza alla data della presentazione della domanda e della pronunzia di apertura della procedura – mancata approvazione dell’ultimo bilancio – irrilevanza

Riferimenti normativi: art. 1, secondo comma, l.fall.

Massima: La ricorrenza dei limiti dimensionali esentativi dalla dichiarazione di fallimento deve accertarsi con riferimento al tempo della proposizione della domanda per l’apertura del procedimento e della successiva, eventuale, pronunzia. A tale fine, se i bilanci approvati assumono senz’altro rilevanza privilegiata, dalla mancata approvazione dell’ultimo bilancio, il cui termine di presentazione sia scaduto, non consegue che l’accertamento vada compiuto retrodatandolo alla data dell’ultimo bilancio approvato, dovendosi comunque fare riferimento alla situazione attuale, rispetto alla quale può valere ogni altro utile elemento probatorio.

Caso e soluzione accolta

Avverso decisione della Corte d’appello di Venezia, che aveva rigettato il reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento, la società fallita propone ricorso per cassazione lamentando che la corte territoriale aveva errato per non aver tenuto conto che, non essendo stato approvato il bilancio dell’ultimo esercizio, la decisione avrebbe dovuto prendere a riferimento i precedenti tre bilanci approvati, se pure relativi ad esercizi anteriori. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso motivando la decisione con l’affermazione che la ratio della norma dell’art. 1 l.fall. consiste nell’evitare che vengano aperte procedure di fallimento nei confronti di debitori di modeste dimensioni, con costi sproporzionati e ben scarse aspettative di soddisfazione per i creditori; che, pertanto, la verifica delle dimensioni va compiuta con riferimento alla situazione attuale, alla data del procedimento, ben potendo la situazione subire mutamenti rispetto a quella di date precedenti; e che, se pure, a tale fine, i bilanci assumono rilievo particolare, essi non costituiscono l’unico elemento idoneo all’accertamento della situazione. E poiché l’onere della prova del rispetto dei limiti dimensionali incombe sul debitore, questi non può dolersi della mancata acquisizione, d’ufficio, da parte del giudicante, di altri elementi probatori.

Commento La decisione assunta appare corretta e convincentemente motivata. Essa offre lo spunto per una serie di precisazioni in ordine allo stato della giurisprudenza in ordine alla questione dei limiti dimensionali nel subprocedimento per dichiarazione di fallimento. Innanzi tutto, mette conto ricordare che, come esattamente osservato da attenta dottrina[1], i limiti dimensionali si riconnettono a dati contabili e cioè a dati ricavabili (o che dovrebbero essere ricavabili) dalle scritture obbligatorie (per gli imprenditori collettivi) e dall’inventario (che si conclude con il bilancio), per gli imprenditori individuali.

Su tali presupposti, i bilanci pubblicati (e non impugnati) costituiscono una fonte di prova privilegiata (ancorché non una prova legale, v. infra); cosicché il debitore, su cui grava l’onere di provare il mancato superamento delle soglie dimensionali, se intende superarne l’efficacia probatoria deve fare ricorso a prove documentali di pari efficacia[2], giacché, anche sulla base del canone interpretativo ex ore tuo te iudico, non è, evidentemente, possibile una semplice contestazione.

Nell’ambito di tale complessa lettura, è parimenti incontestato che le risultanze dei bilanci e delle scritture contabili obbligatorie del debitore non assumono valore di prova legale[3], né tanto meno inibiscono l’acquisizione di altre fonti di prova nel corso del procedimento prefallimentare[4]. E i dati contabili, in tanto possono tenersi per buoni in quanto le relative annotazioni siano corrette[5]; così, se l’ammontare dell’attivo patrimoniale risulta superare il limite per un’errata contabilizzazione della posta titolare/conto prelievi, il dato contabile va corretto, con le conseguenze del caso[6]. Ciò non significa, peraltro, che i dati contabili vadano semplicemente disattesi, se ritenuti non conformi ai valori effettivi (come ritenuto da certa giurisprudenza)[7]; il riferimento ai dati contabili (se corretti) consente di determinare con certezza la situazione (con ”certezza e rapidità”), escludendo la possibilità di difformità interpretative e consentendo rapidità di decisione; diversamente, nel caso d’imprese con molti beni, magari ammortizzati, ma ancora utilizzabili, s’imporrebbe la necessità di complesse perizie[8].

In generale, i principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, possono come di seguito riassumersi:

  • i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile[9];
  • non sussiste peraltro alcuna preclusione o limitazione in ordine agli elementi probatori utilizzabili, cosicché nulla esclude che possano valutarsi anche altri documenti o elementi probatori[10];
  • i bilanci non costituiscono, peraltro, una prova legale, per cui, ove siano ritenuti inattendibili, il debitore è onerato di fornire per altro mezzo la prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità[11]; (in particolare, si consideri il caso d’inattendibilità per l’approvazione di plurimi bilanci, per la mancanza del quorum, la compagine essendo costituita da due soli soci, e per la mancata contabilizzazione di un debito rilevante[12]);
  • ciò non significa che il tribunale possa disattendere le risultanze dei bilanci senza adeguatamente motivare[13];
  • è onere del debitore depositare i bilanci approvati; il deposito di copie informali di bilanci non approvati deve equipararsi alla mancata produzione dei bilanci stessi[14]; e, infatti, l’art. 15, quarto comma, l.fall. si riferisce ai bilanci veri e propri, soprattutto approvati; la produzione di copie informali di bilanci non basta: “e comunque per essere speso come atto riferibile alla società, il bilancio deve essere almeno approvato, a tacere del profilo della pubblicazione dello stesso[15];
  • nel caso in cui la società debitrice sia in liquidazione, non è ammessa la produzione di un bilancio di liquidazione rettificato (a valori contabili diminuiti), rispetto al bilancio di liquidazione depositato all’inizio della fase di liquidazione, sia per il tempo trascorso rispetto al primo, originario, sia per la deviazione rispetto ai principi normativi e contabili che sovraintendono alla formazione del bilancio, conseguendone l’attendibilità di tale documento ai fini della valutazione del superamento o meno di parametri soglia[16].

Conclusivamente, la decisione in commento è conforme all’orientamento consolidato della giurisprudenza e va valutata come giuridicamente corretta.

[1] G. Bersani – S. Caltabiano, I presupposti soggettivi di fallibilità ex art. 1 l.f. alla luce delle più recenti interpretazioni giurisprudenziali, in Il Caso.it, pubb. 26.8.2017, pag. 11.

[2] App. Torino 4 marzo 2011, in Fall. 2011, 632.

[3] Cass. 1° dicembre 2016, n. 24548, in Giust. civ. Mass. 2017, rv 641892-01.

[4] Sempre Cass. 1° dicembre 2016, n. 24548, cit.

[5] Cass. 14 giugno 2019, n. 16117, in Diritto &Giustizia.

[6] Trib. Udine 30 novembre 2012, in Il Caso.it, pubb. 19.12.2012.

[7] Così Trib. Udine 13 gennaio 201, in Il Caso.it, pubb. 30.5.2012.

[8] G. Bersani – S. Caltabiano, I presupposti soggettivi di fallibilità ex art. 1 l.f. alla luce delle più recenti interpretazioni giurisprudenziali, cit., pag. 8; Trib. Piacenza 7 dicembre 2007, in Fall. 2007, 597.

[9] Cass. 18 giugno 2018, n. 16067, in Guida al diritto 2018, 43, 60; Cass. 1° dicembre 2016, n. 24548, cit.; Cass. 30 giugno 2014, n. 14790, in Giust. civ. Mass. 2015, rv 631506; Cass. 28 giugno 2012, n. 11007, in Giust. civ. Mass. 2012, 861; App. Torino 4 marzo 2011, cit.

[10] Cass. 9 aprile 2021, n. 9045, in Il Caso.it, pubb. 22.4.2021; Cass. 9 novembre 2020, n. 25025, in Il Caso.it, pubb. 21.11.202; Cass. 23 novembre 2018, n. 30516, in Unijuris.it, pubb. 28.3.2019.

[11] Cass. 30 giugno 2014, n. 14790, cit.; Cass. 28 giugno 2012, n. 11007, cit.; App. Torino 4 marzo 2011, cit.

[12] Cass. 28 giugno 2012, n. 11007, cit.

[13] Cass. 30 giugno 2014, n. 14790, cit.

[14] Cass. 30 maggio 2013, n. 13643, in Giust. civ. Mass. 2013, rv 626748.

[15] Cass. 30 maggio 2013, n. 13643, cit.

[16] App. Milano 7 luglio 2017, in Massimario OCI, mass. n. 01029.