Prova della cessione del credito ed efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Rimini, 28 dicembre 2020
Parole chiave
Cessione del credito – Prova del credito – Legittimazione attiva della cessionaria – Decreto ingiuntivo – Efficacia esecutiva
Massima
Nell’ambito della cessione in massa dei crediti, la produzione in giudizio del solo estratto della cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non dimostra l’avvenuta cessione dello specifico credito dedotto in giudizio, con la conseguenza che va sospesa l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo già emesso.
Disposizioni applicate
Art. 58 T.U.B. (cessione di rapporti giuridici), art. 633 c.p.c. (condizioni di ammissibilità del procedimento d’ingiunzione), art. 649 c.p.c. (sospensione dell’esecuzione provvisoria)
CASO
La cessionaria di un credito ottiene decreto ingiuntivo dal giudice, il quale munisce altresì il decreto di efficacia esecutiva. Il debitore, dal canto suo, presenta istanza ai sensi dell’art. 649 c.p.c. per ottenere la sospensione della provvisoria esecutività del decreto. Il debitore eccepisce difatti che non si può considerare provata la cessione del credito mediante la produzione in giudizio del solo estratto della cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Rimini accoglie l’eccezione del debitore e sospende la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.
QUESTIONI
Una delle tematiche di maggior impatto pratico nell’ambito del diritto bancario degli ultimi anni è quella della prova della legittimazione attiva del cessionario del credito. Le banche hanno proceduto a numerose cessioni di crediti in massa. Queste operazioni sono state determinate dalla necessità di sanare i bilanci delle banche. Laddove il credito sia deteriorato, il suo mantenimento in bilancio altera la corretta rappresentazione del patrimonio e della solidità della banca. A fronte di deterioramenti dei crediti, è necessario procedere alle corrispondenti svalutazioni. Al fine di ripulire i bilanci, molte banche hanno deciso di vendere i crediti deteriorati ad altre banche (oppure, talvolta, anche a soggetti diversi da banche) a un prezzo scontato rispetto al valore nominale. In questo modo, vero è che la banca incassa meno del valore nominale del credito, tuttavia si assicura un introito immediato e libera il bilancio da posizioni che presentano criticità.
Per le cessioni di crediti in massa, il testo unico bancario prevede una procedura semplificata. Stabilisce difatti la legge che “la banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana” (art. 58 comma 2 T.U.B.). Il testo legislativo specifica poi che “nei confronti dei debitori ceduti, gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’articolo 1264 del codice civile” (art. 58 comma 4 T.U.B.).
Il vantaggio principale della cessione in massa di crediti bancari è quello di evitare la notifica ai debitori. Di regola difatti, in caso di cessione di crediti, trova applicazione l’art. 1264 comma 1 c.c., secondo cui “la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata”. Poiché il debitore è estraneo al rapporto fra cedente e cessionario, occorre che qualcuno lo avverta che il credito è stato ceduto al nuovo creditore, per evitare che il debitore paghi erroneamente al vecchio creditore. Il meccanismo ordinariamente previsto è quello della notifica della cessione al debitore. Nel caso di cessione in massa di crediti, singole notifiche possono risultare onerose per l’alto numero di debitori e il legislatore – mediante l’art. 58 T.U.B. – semplifica la procedura consentendo che la notifica sia sostituita dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ossia da una forma di pubblicità rivolta al pubblico e non legata al singolo debitore.
Il problema affrontato dal Tribunale di Rimini in commento è come possa il cessionario dimostrare al giudice di essere il nuovo titolare del credito. Nella prassi del recupero crediti, le banche cessionarie si limitano generalmente a produrre al giudice l’estratto della cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il problema è che detto estratto non contiene l’elenco nominativo dei crediti ceduti. L’estratto (che, per definizione, è un testo breve) si limita a dire che la banca Alfa ha venduto alla banca Beta una serie di crediti in una certa data, ma non elenca detti crediti. Capita dunque con una certa frequenza che i giudici reputino la produzione in giudizio della Gazzetta Ufficiale non sufficiente a provare la legittimazione della cessionaria.
Nel caso affrontato dal Tribunale di Rimini, inizialmente il giudice emette il decreto ingiuntivo. Il debitore tuttavia si oppone e sostiene che la sua posizione non sia stata trasferita al creditore, il quale non può dunque recuperare un credito di cui non sia titolare. Per i motivi già esposti, il Tribunale di Rimini ritiene che dall’estratto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non si possa trarre la certezza che il credito sia stato ceduto. Per questa ragione sospende l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo.
La questione della prova del credito nell’ambito delle cessioni in massa è ormai divenuta endemica nella giurisprudenza, giungendo fino ai giudici di legittimità. La Corte di cassazione (n. 24798 del 5 novembre 2020) ha molto recentemente affermato che la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della creditrice in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 T.U.B. ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale. Precedentemente la Corte di Cassazione (n. 22548 del 25 settembre 2018) aveva ritenuto provata la cessione del credito, in quanto – oltre all’estratto dell’atto di cessione – era stato prodotto anche l’atto di cessione nella sua versione integrale. L’atto di cessione non elencava “nominativamente” i crediti ceduti, ossia mediante indicazione delle parti, ma menzionava dei codici numerici, atti comunque a fornire la certezza di quali posizioni fossero state effettivamente cedute. Si trattava della cessione di posizioni in sofferenza, univocamente identificate mediante codici numerici.
Si noti infine che, alcune volte, la cessione del credito avviene quando la prima banca ha già avviato un procedimento giudiziario per il recupero del credito. In questi casi la seconda banca deve intervenire nel processo avviato dalla prima banca per sostituirsi al creditore originario. A questo riguardo si può segnalare un precedente del Tribunale di Napoli (24 maggio 2019, in www.dirittobancario.it). Ottenuto dalla banca cedente il decreto ingiuntivo, nelle more dell’opposizione il credito venne ceduto a una seconda banca. La seconda banca interviene nel processo, per sostituirsi – in qualità di nuovo creditore – al vecchio creditore. La banca interveniente produce l’estratto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della cessione in massa dei crediti. Dall’estratto emerge che la lista dei crediti ceduti è reperibile presso il notaio dal quale è stato siglato l’atto di cessione. Inoltre l’estratto rinvia a un sito, sul quale sarebbero recuperabile l’elenco delle posizioni cedute. Il Tribunale di Napoli ritiene questa documentazione insufficiente, in quanto non consente di stabilire con certezza se il credito sia stato effettivamente ceduto. Se non vi è prova della cessione del credito, creditore risulta sempre la prima banca. Conseguentemente il giudice pronuncia la sentenza a favore della prima banca.
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