14 Febbraio 2017

Profili processuali dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Cass., 15 novembre 2016, n. 23208- Presidente Chiarini – Relatore Tatangelo

Procedimento civile – Azione revocatoria – Fatto costitutivo – Onere della prova – Garanzia generica sul patrimonio del debitore (C.c. artt. 2697, 2901, C.p.c. artt. 295)

[1] In tema di azione revocatoria ordinaria l’art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di “credito”, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, coerentemente con la funzione propria dell’azione, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali.

IL CASO

L’attore in primo grado domanda la revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c. ovvero, subordinatamente, l’accertamento della simulazione di un trasferimento immobiliare stipulato dal coniuge in sede di separazione. Il tribunale rigetta la domanda, sostenendo che la parte attrice non abbia dimostrato il rapporto obbligatorio tra la convenuta e l’altro contraente dell’atto di vendita. La corte dichiara inammissibile l’appello applicando il c.d. filtro ex art. 348 bis c.p.c. e dunque per insussistenza di una ragionevole probabilità di accoglimento. E’ proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado per violazione ovvero falsa applicazione della disciplina sostanziale in materia di azione revocatoria e di onere della prova.

LA SOLUZIONE

La Cassazione accoglie il ricorso proposto avverso la sentenza emessa dal tribunale, ravvisando nel ragionamento del primo giudice l’errore consistito nell’attribuzione all’attore dell’inesistente onere di dimostrare compiutamente i fatti costitutivi del diritto sostanziale sotteso alla domanda, laddove invece l’azione revocatoria ordinaria “accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, coerentemente con al funzione propria dell’azione, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali”.

LE QUESTIONI

La sentenza conferma l’orientamento dominante in materia di azione revocatoria, per cui, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, non è necessaria la sussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente una ragione di credito anche eventuale (Cass., 22 marzo 2016, n. 5619; Cass., 19 novembre 2015, n. 23666), a tal fine rilevando anche i crediti oggetto di contestazione e quelli litigiosi (da ultimo, in questo senso, Cass., 10 febbraio 2016, n. 2673), purché non si tratti di pretese che si rivelino prima facie pretestuose (Cass., 18 luglio 2008, n. 20002, in motivazione).

Il tema più interessante, dal punto di vista processuale, è accennato dalla Corte nel punto della motivazione nel quale si precisa che, alla luce dei principi sopra esposti, “viene conseguentemente addirittura esclusa la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità rilevante ai fini dell’art. 295 c.p.c. tra il giudizio sull’accertamento del credito e quello sull’azione revocatoria”.

La regola, valorizzando l’esigenza di una sollecita definizione del giudizio, tende a ridurre il più possibile lo spazio applicativo dell’art. 295 c.p.c. anche al costo di rischiare qualche difformità, se non un vero e proprio conflitto, tra le due pronunce.

Tale lettura d’altra parte si inscrive nella recente linea di tendenza dell’ordinamento volta a sacrificare il valore dell’armonia dei giudicati a vantaggio delle esigenze di economia processuale, come confermato dalle scelte del legislatore ordinario degli ultimi due decenni, che ha manifestato un atteggiamento di evidente sfavore nei confronti dell’istituto della sospensione dei processi per pregiudizialità: è stato infatti ridimensionato l’ambito di applicazione della pregiudizialità penale (con l’art. 75 del codice di procedura penale del 1988, e con la soppressione, nell’art. 295 c.p.c., del riferimento all’art. 3 c.p.p., avvenuta con l’art. 35 della L. 26.11.1990, n. 353); è stata limitata la sospensione necessaria per pregiudizialità nel processo tributario ad alcuni casi tassativamente indicati (v. art. 39 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546); è stata esclusa la sospensione del processo, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione davanti al giudice ordinario, nel caso di impugnazione dei provvedimenti amministrativi presupposti (art. 68 D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, così come modificato dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80); è stata prevista, con la modifica dell’art. 42 c.p.c. ad opera dell’art. 6 della citata riforma del 1990, l’impugnazione in cassazione dei provvedimenti che dispongono la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Il tema delle relazioni processuali che si instaurano tra l’azione pauliana ed il contemporaneo processo volto ad accertare l’esistenza del credito ha suscitato un ampio dibattito, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, ricomposto da Cass., S.U., 18.7.2004, n. 9440 le quali hanno preso posizione riconoscendo la fondatezza dell’indirizzo negativo (per altro già prima prevalente), per cui non sussiste un rapporto di pregiudizialità necessaria, tale da comportare la sospensione del processo ex art. 295 cod. proc. civ., tra il giudizio promosso con l’azione revocatoria e quello avente ad oggetto l’accertamento del credito invocato nella prima causa (Cass., 14 settembre 2007, n. 19289, che attribuisce all’azione revocatoria una funzione “lato sensu cautelare” in quanto esperibile anche in assenza di un previo accertamento della sussistenza del credito; Cass., 10 marzo 2006, n. 5246; Cass., 11 ottobre 2005, n. 19755; Cass., 5 agosto 2005, n. 16577; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Nola, 29 aprile 2008, in www.dejure.it;. Monza, 15 maggio 2006, in Obbl. e contr., 2006, 848; Trib. Milano, 24.1.2006, in Corr. merito, 2006, 577).

Più articolata è la posizione della dottrina.

Alcuni Autori, pur ritenendo legittimante alla proposizione della domanda revocatoria anche un credito meramente eventuale, negano che tale legittimazione sussista allorché il preteso creditore ponga a fondamento dell’azione un credito litigioso: in questo senso, sostengono che nell’ipotesi di credito litigioso il giudizio sulla domanda revocatoria deve essere sospeso in attesa della decisione circa la sussistenza del credito Cossu, voce «Revocatoria ordinaria (azione)», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XVII, Torino, 1998, 464; Nicolò, Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, nel Commentario Scialoja-Branca, Bologna, 1953, sub artt. 2900- 2969, 208.

Ammettono invece la proponibilità dell’azione revocatoria anche a tutela di un credito che è oggetto di accertamento giudiziale, negando la necessità della sospensione del processo: Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, 684; Lucchini Guastalla, L’azione revocatoria ordinaria, in questa Nuova giur. civ. comm., 1991, II, 337; Natoli, voce «Azione revocatoria», in Enc. del dir., II, Milano, 1959, 891; Nela, Rapporti fra l’azione pauliana e l’azione sulla sussistenza del credito sottostante, in Giur. it., 1997, I, 814. Sembra ammettere la proponibilità della domanda revocatoria sulla base di un credito eventuale (ma non si esprime sull’applicazione del principio al credito litigioso) anche D’Ercole, L’azione revocatoria, nel Trattato Rescigno, 2, Torino, 1985, 148.