Produzione del contratto come equipollente della sottoscrizione
di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDFCass., sez. II., 18 aprile 2024, n. 10555 Pres. Orilia , Rel. Oliva
Prova civile – Scrittura privata – Sottoscrizione – Contratto – Proposta – Accettazione – Revoca – Equipollenti (C.c. artt. 1325, 1326, 1350, 1399, 2699, 2700; C.p.c., artt. 116, 214)
Massima: “In tema di prove documentali, la produzione in giudizio di una scrittura privata ad opera della parte che non l’abbia sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e pertanto perfeziona sul piano sostanziale o su quello probatorio il contratto in essa contenuto, purché la controparte del giudizio sia la stessa che aveva già sottoscritto il contratto e non abbia revocato, prima della produzione, il consenso prestato”.
CASO
La vicenda in esame trae le mosse dall’atto di citazione con cui, ben ventidue anni fa, l’attore evocava in giudizio due convenuti rivendicando la proprietà di alcuni immobili ed invocando la condanna dei convenuti alla restituzione e al risarcimento del relativo danno.
Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda e formulando eccezione riconvenzionale avente ad oggetto l’affermazione della proprietà esclusiva, in virtù di usucapione, dei beni pretesi dall’attore.
Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente, relativamente a soli alcuni degli immobili in causa, la domanda principale, poi rigettata in appello a seguito della vittoriosa impugnazione ad opera dei convenuti.
Ricorreva per cassazione l’originario attore, lamentando in sintesi, per la parte qui rilevante, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1326 e ss. c.c. e congiuntamente, con lo stesso composito primo motivo, l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la prova della proprietà del bene oggetto di rivendicazione sulla scorta di scrittura privata, priva della firma della parte acquirente, con la quale sarebbero stati ceduti i beni oggetto di causa, e dunque la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la produzione in giudizio di detto documento, ad opera dei convenuti in primo grado, equivalesse alla sua sottoscrizione, valendo come accettazione della proposta negoziale in esso contenuta: in ricorso l’impugnante evidenziava in particolare che il principio richiamato dal giudice di merito opera a due condizioni, ossia che non sia intervenuta medio tempore la revoca della proposta contenuta nel documento firmato dalla sola parte proponente (ciò che nella specie sarebbe avvenuta, posto che quest’ultima aveva agito per la rivendicazione della cosa) e che la produzione in giudizio della scrittura sia eseguita ad opera della stessa parte che avrebbe dovuto sottoscriverla (mentre nel caso di specie la stessa era stata prodotta non dalla parte, ma da suoi aventi causa).
Con il secondo motivo il ricorrente lamentava poi la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2714 e ss. c.c. e 215 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente affermato che la medesima scrittura non fosse stata espressamente disconosciuta; e infine si doleva della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1158 e ss., 2697 c.c. e 115 c.p.c., nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente negato il diritto di uso dell’aia, ritenendo fondata l’eccezione di usucapione di detta area che era stata sollevata dagli odierni controricorrenti.
Utilizzando il nuovo strumento adottato dalla riforma Cartabia la Corte emetteva proposta di definizione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c., cui rispondeva il ricorrente, munito di procura speciale, chiedendo la decisione del ricorso.
SOLUZIONE
Il Collegio, disattendendo la proposta del relatore vòlta alla pronuncia di manifesta inammissibilità e infondatezza del ricorso, accoglie i primi due motivi di ricorso e pronuncia il principio di diritto in epigrafe riconoscendo l’errore della Corte d’appello consistito nel ritenere sanata la mancanza di sottoscrizione del compratore sulla base della sua produzione da parte di soggetti diversi da quelli che avrebbero dovuto sottoscriverla.
QUESTIONE
È noto dalla scarna disciplina normativa in materia di scrittura privata che l’iter di formazione del documento, a differenza di quanto accade in tema di atto pubblico, non richiede la simultanea presenza di tutte le parti al momento del suo perfezionarsi: le parti originarie, quindi, possono conferire al documento un carattere per così dire “aperto” (Marmocchi, voce “Scrittura privata”, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 1992, 5) e attribuire ad altri soggetti la facoltà di aderire, entro un termine stabilito, al regolamento di interessi contenuto nella scrittura.
Tale adesione può avvenire nella forma tradizionale, cioè mediante l’apposizione della propria sottoscrizione in calce al documento, mentre è tradizionalmente dibattuto il significato sostanziale da attribuire al comportamento processuale della parte la quale produca in giudizio una scrittura privata che non ha mai sottoscritto, e, con tale comportamento, intenda effettivamente manifestare la volontà di avvalersi del documento sul piano negoziale e processuale.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che tale condotta possa integrare gli estremi di un equipollente della sottoscrizione.
L’orientamento – inaugurato a quanto consta da Cass., 19 luglio 1946, n. 926 – è stato pressoché costante durante la vigenza del codice attuale: oltre alle sentenze citate in motivazione, v. Cass., 17 ottobre 2006, n. 22223; Cass., 12 giugno 2006, n. 13548; Cass., 11 marzo 2000, n. 2826; Cass., 29 novembre 2001, n. 15164; Cass., 19 febbraio 1999, n. 1414; Cass. 15 maggio 1998, n. 4905; Cass., 7 maggio 1997, n. 3970; Cass., 23 dicembre 1995, n. 13103; Cass., 23 gennaio 1995, n. 738. che precisa che l’equipollente in esame non opera se la parte sottoscrivente non è più in vita al momento della produzione in giudizio, perché la morte determina l’estinzione automatica della proposta quando questa non è irrevocabile (art. 1329 c.c.) o non è fatta dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa (art. 1330 c.c.); Cass., 17 giugno 1994, n. 5868; Cass., 5 luglio 1963, n. 1807 e Cass., 6 giugno 1962, n. 1371.
In questo senso, si precisa in arresti non recenti, la produzione in giudizio della scrittura da parte del soggetto che non l’ha sottoscritta, se accompagnata dalla manifestazione della volontà di avvalersi del suo contenuto, equivale all’apposizione del segno nominale purché nel frattempo non sia intervenuta la revoca della dichiarazione (Cass., 23 aprile 1981, n. 2415; Cass., 10 giugno 1968, n. 1777; Cass., 4 gennaio 1966, n. 39; Cass., 719/1964), e purché la produzione non sia compiuta dagli eredi, che non possono validamente accettare in quanto la manifestazione di volontà contrattuale non può essere espressa da soggetto diverso dal contraente (Cass., 25 febbraio 2004, n. 3810).
La posizione espressa dalla giurisprudenza è criticata in dottrina sotto un duplice punto di vista: accedendo alla tesi che ammette l’equipollenza della produzione in giudizio, il momento perfezionativo del contratto viene infatti a coincidere con quello del processo, di cui al contrario dovrebbe costituire un antecedente logico (Barbero, Sulla produzione in giudizio della scrittura privata non sottoscritta, in Foro pad., 1951, I, 1252 ss.); e si sottolinea infine l’inconcepibilità di un’equiparazione tra un comportamento strettamente processuale, qual è l’esibizione, e gli effetti negoziali di perfezionamento del contratto, tra un atto rivolto al giudice e una dichiarazione recettizia da rivolgere alla controparte, e in sintesi tra un atto del procuratore alle liti ed un atto necessariamente riservato alla parte (Laserra, La scrittura privata, Napoli, 1959, 200; Marmocchi, op. cit., 5; più recentemente Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, 457, secondo il quale l’ammissione dell’equipollente in esame comporterebbe l’utilizzo “in modo distorto, e con efficacia negoziale” di “atti e comportamenti del processo, che tale efficacia sono istituzionalmente inidonei ad esplicare, non avendo alcuna dipendenza causale dalla volontà di chi li ponga in essere”.
La sentenza in commento ribadisce l’orientamento pacifico in giurisprudenza, che, a dispetto delle esposte critiche dottrinali, non dubita dell’ammissibilità astratta dell’equipollente in parola e, in concreto, riconosce effetti sostanziali alla produzione della scrittura non firmata alle due condizioni, invocate anche dal ricorrente e alla base delle contestazioni di quest’ultimo all’operato del giudice d’appello, rappresentate dall’identità delle parti e dall’omessa revoca del consenso prestato, prima della produzione, ad opera della parte che aveva sottoscritto il documento; negli stessi termini, nella giurisprudenza degli ultimi anni, Cass., 28 ottobre 2019, n. 27517.
Si segnala ancora infine Cass., 28 gennaio 2022, n. 2666, per cui “la produzione in giudizio, ad opera della parte che non l’ha sottoscritta, di una scrittura privata, costituisce” sì “equipollente della sottoscrizione, e pertanto perfeziona, sul piano sostanziale o su quello probatorio, il contratto in essa contenuto”, ma “solo in relazione all’intenzione di avvalersi del relativo contenuto negoziale, e non già con riferimento alla clausola compromissoria ivi eventualmente presente, dal momento che la produzione in giudizio della scrittura, effettuata per far valere davanti al giudice ordinario i diritti da essa derivanti, è incompatibile con l’intento di attivare la competenza arbitrale”.
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