14 Dicembre 2021

Procedura di liquidazione del patrimonio del fideiussore ex art. 14-ter l. n. 3/2012, mancate istanze del creditore ed estinzione della fideiussione

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Brescia, 16 novembre 2021, Giudice Pernigotto

Parole chiave

Fideiussione – Estinzione della fideiussione – Scadenza dell’obbligazione principale – Mancata proposizione di istanze – Decadenza – Effetti sulla procedura di liquidazione del patrimonio

Massima

Nell’ambito di un procedimento di liquidazione del patrimonio di un debitore che ha rilasciato fideiussione, nel caso in cui la banca garantita da fideiussione non abbia proposto le proprie istanze contro il debitore principale nel termine di sei mesi come previsto dall’art. 1957 c.c., il fideiussore è liberato dall’obbligazione fideiussoria, con la conseguenza che la banca creditrice non può partecipare alla procedura di liquidazione del patrimonio del debitore-fideiussore. 

Disposizioni applicate

Art. 14-ter l. 27 gennaio 2012, n. 3 (liquidazione dei beni), art. 1957 c.c. (scadenza dell’obbligazione principale)

CASO

Una banca eroga un finanziamento a un’impresa per l’importo di € 101.800. Dal momento che il finanziamento non è assistito da ipoteca, la banca ottiene il rilascio di due fideiussioni da parte di due garanti dell’impresa. Successivamente i fideiussori vengono a trovarsi in situazioni di crisi economica e finanziaria e vengono ammessi a una procedura di esdebitazione. Più precisamente viene aperta a carico dei garanti una procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 14-ter l. n. 3/2012. Il credito, originariamente sussistente in capo a banca Alfa, nelle more era stato ceduto a banca Beta. Poiché il debitore principale non ha onorato il debito con la banca, la cessionaria Beta chiede di essere ammessa al passivo dei due fideiussori per l’importo residuo del debito, ammontante a circa € 70.900.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Brescia non ammette il credito della banca cessionaria nei confronti dei fideiussori. La mancata ammissione del credito deriva dal fatto che il diritto del creditore è venuto meno ai sensi dell’art. 1957 c.c. La banca avrebbe dovuto proporre le proprie istanze contro il debitore principale entro il termine di sei mesi fissato dalla disposizione, ma – non avendovi provveduto – ha perso qualsiasi diritto anche nei confronti dei fideiussori. La banca non può dunque partecipare alla procedura di liquidazione del patrimonio dei due garanti.

QUESTIONI

L’art. 1957 c.c. è rubricato “scadenza dell’obbligazione principale” e – al suo comma 1 – prevede che “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.

Per comprendere il senso della disposizione bisogna riflettere sul fatto che l’obbligazione del fideiussore è accessoria rispetto all’obbligazione principale. Se l’obbligazione principale viene meno, il garante non risponde. Ugualmente vale nel caso di scadenza dell’obbligazione principale: non appare equilibrato vincolare il fideiussore a tempo indeterminato. Tuttavia, al fine di proteggere anche il creditore (nel senso di dargli il tempo di escutere la fideiussione), si prevede un breve lasso di tempo di sei mesi entro il quale il creditore deve attivarsi nei confronti del debitore principale, pena il venir meno della fideiussione.

L’art. 1957 comma 1 c.c. crea alcuni problemi interpretativi. In primo luogo impone al creditore di attivarsi, ma lo fa in modo generico, riferendosi alla necessità che il creditore “proponga le sue istanze”. Si discute in particolare se la proposizione delle istanze richieda un’iniziativa giudiziaria oppure se basti una richiesta di pagamento stragiudiziale rivolta al debitore principale. La Corte di cassazione (20 aprile 2004, n. 7502) si è espressa nel senso che per “istanza” deve intendersi ogni iniziativa di carattere giudiziario, desumendosi ex negativo che un’iniziativa meramente stragiudiziale non sia sufficiente. In secondo luogo, la disposizione impone sì al creditore di rivolgersi al debitore principale, ma non prevede espressamente che il creditore si rivolga entro i sei mesi anche al fideiussore. Nella prassi, generalmente le banche si attivano contro ambedue: contro il debitore principale per recuperare il credito e contro il fideiussore per avvertirlo che potrebbe essere chiamato a rispondere per l’inadempimento del debitore principale. Tuttavia, al di là di quella che è la comune prassi operativa, dal punto di vista formale dovrebbe essere sufficiente per il creditore attivarsi nei confronti del debitore principale per evitare la decadenza. In questo senso, del resto, il comma 4 dell’art. 1957 c.c. prevede che “l’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore”.

Il termine previsto dall’art. 1957 comma 1 c.c., per attivarsi contro il debitore principale, è di sei mesi. Va tuttavia rilevato che i contratti bancari generalmente derogano a questo termine, prorogandolo qualche volta a 36 mesi e, in altri casi, addirittura togliendo qualsiasi limite di tempo per l’iniziativa recuperatoria dell’istituto di credito.

Tornando al caso affrontato dal Tribunale di Brescia, l’obbligazione del debitore principale di pagare le rate di un finanziamento era scaduta il 7 giugno 2015. Il contratto di fideiussione, derogando al termine di sei mesi dell’art. 1957 comma 1 c.c., aveva previsto un lasso di tempo di 36 mesi a favore della banca. Tuttavia passano 36 mesi (fino al giugno 2018) senza che la banca si sia attivata nei confronti del debitore principale. Nel maggio 2017 (e dunque nel rispetto del termine), l’istituto di credito aveva rivolto ai fideiussori una richiesta stragiudiziale di pagamento. Il Tribunale di Brescia reputa questa richiesta insufficiente, in quanto non indirizzata al debitore principale, ma solo ai due fideiussori. Nel dicembre 2018, infine, la banca cessionaria si rivolge stragiudizialmente al debitore principale. Tuttavia questa richiesta è ormai tardiva, essendo decorsi oltre tre anni dal momento in cui la banca avrebbe dovuto attivarsi nei confronti del debitore principale.

Per le ragioni esposte il Tribunale di Brescia, nel provvedimento del 16 novembre 2021, conclude nel senso che il creditore sia decaduto dalla garanzia fideiussoria e non possa più recuperare il credito nei confronti dei garanti. Rimane ferma la possibilità di provare a recuperare gli importi dovuti direttamente dal debitore principale. Considerato che i due fideiussori sono assoggettati a una procedura di liquidazione dei loro patrimoni ai sensi dell’art. 14-ter l. n. 3/2012, e considerato altresì che è venuta meno la garanzia fideiussoria, la banca non ha diritto di partecipare alla procedura di liquidazione e nessun suo credito nei confronti dei fideiussori potrà essere ammesso al passivo e considerato nell’ambito della procedura di liquidazione.

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