5 Ottobre 2015

Principio dell’apparenza per l’individuazione del mezzo di impugnazione

di Riccardo Fava Scarica in PDF

Cass., sez. VI-3, 11 giugno 2015, n. 12142

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Impugnazioni – Opposizioni endoesecutive – Individuazione del mezzo di impugnazione – Principio dell’apparenza
(C.p.c., artt. 615, 617; Cost., art. 111, co. 7)

[1] L’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale in materia di opposizioni endoesecutive va effettuata facendo esclusiva applicazione del principio dell’apparenza.

CASO
[1] Due avvocati, in qualità di procuratori distrattari in virtù di sentenze emesse in favore dei loro assistiti agivano esecutivamente contro la società debitrice mediante atto di pignoramento presso terzi. Il terzo pignorato rendeva la dichiarazione positiva ai sensi dell’art. 547 c.p.c e il procedimento di espropriazione mobiliare presso terzi si concludeva con l’ordinanza di assegnazione del credito in favore dei procuratori procedenti. Quest’ultimi, sulla base del titolo esecutivo costituito dalle ordinanze di assegnazione, provvedevano a notificare il relativo precetto ed agivano esecutivamente contro il terzo pignorato per il recupero forzoso del credito assegnato. Il terzo pignorato ed esecutato si opponeva al precetto e al pignoramento.

 

Il Tribunale adito, tuttavia, qualificava l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi e, ritenendola tardiva per violazione del termine fissato dall’art. 617 c.p.c., rigettava l’opposizione condannando l’opponente anche al pagamento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c. oltre le spese di lite. Il terzo pignorato ed esecutato, quindi, proponeva appello avverso la sentenza. La Corte d’appello, ritenendo che il giudice di primo grado avesse espressamente qualificato l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi e richiamando il principio dell’apparenza, dichiarava inammissibile il gravame in quanto contro la stessa si sarebbe dovuto proporre il ricorso straordinario in cassazione, poiché la sentenza di opposizione agli atti esecutivi è espressamente dichiarata non impugnabile ai sensi dell’art. 618 c.p.c.

 

Avverso la sentenza della Corte d’appello il terzo pignorato ed esecutato ha proposto ricorso per cassazione.

 

SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha ritenuto corretta la conclusione della Corte d’appello circa la non ammissibilità del mezzo di gravame, giusta il principio dell’apparenza. 

 

QUESTIONI
[1] La sentenza in esame conferma l’applicazione del consolidato principio dell’apparenza anche in sede opposizioni endoesecutive (Cass. 23 febbraio 2006, n. 4001, in Guida al dir., 2006, fasc. 20, 91).

 

Secondo tale principio, l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere compiuta in base alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta, alla controversia e alla sua decisione, prescindendo sia dalla sua esattezza, sia dal tipo di procedimento adottato dalla parte (cfr. Cass., Sez. un., 24 febbraio 2005, n. 3816, in Giur. it. 2006, 1674; Cass., Sez. un., 1° febbraio 2008, n. 2434). Così, il principio dell’apparenza consente di individuare immediatamente il mezzo di impugnazione, escludendo che si possa conoscere mezzo di impugnazione solo ex post, ad impugnazione avvenuta (cfr. in dottrina E. Occhipinti, L’appello: appellabilità, competenza, atti introduttivi, in F.P. Luiso – R. Vaccarella, a cura di, Le impugnazioni civili, Torino, 2013, 200).

 

Pertanto, in applicazione di detto principio, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizione endoesecutiva, la stessa sarà impugnabile con l’appello se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione, mentre sarà esperibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi.

 

Anche in materia di opposizioni endoesecutive il principio dell’apparenza pone quindi un temperamento al diverso principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ai fini della individuazione del mezzo di impugnazione (cfr. in particolare Cass., Sez. un., 24 febbraio 2005, n. 3816). Secondo tale ultimo principio, per stabilire se un provvedimento abbia carattere di ordinanza o di sentenza, e sia quindi soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per la seconda, non deve aversi riguardo alla forma esteriore, ma all’effetto giuridico sostanziale che il provvedimento è destinato a produrre, con la conseguenza che si è in presenza di una sentenza quando il giudice si pronuncia in via definitiva o non definitiva sul merito della controversia, sui presupposti o sulle condizioni processuali; ricorrendo tali ipotesi, sorge l’onere di impugnazione (ovvero di riserva di impugnazione) in capo alla parte soccombente.