29 Settembre 2020

Alcuni principi giurisprudenziali in materia di giuramento decisorio

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. II, 25 agosto 2020, n. 17718, Pres. D’Ascola – Est. Tedesco

[1] Giuramento – Giuramento decisorio – Deferimento – Omessa notificazione personale dell’ordinanza di rinvio dell’assunzione – Mancata prestazione – Conseguenze (artt. 233, 237, 239 c.p.c.).

In materia di giuramento decisorio, devono essere notificati alla parte chiamata a rendere il giuramento non solo l’ordinanza che ammette il giuramento, ma anche i provvedimenti di rinvio della detta udienza fissata per la sua assunzione, nonostante che l’anteriore notifica del provvedimento di ammissione l’abbia posta in condizione di conoscere i termini del giuramento. Conseguentemente l’effetto della soccombenza, che l’art. 239 c.p.c. collega alla sola mancata comparizione del delato o al suo rifiuto di prestare il giuramento, deve escludersi nell’ipotesi in cui il giudice rinvii ad altra udienza il compimento dell’atto; in tal caso tale provvedimento (al pari di quelli con cui siano stati in ipotesi disposti ulteriori rinvii) deve essere notificato alla parte personalmente, a meno che la stessa non sia presente all’udienza in cui il rinvio è stato disposto. L’omissione della notificazione dell’ordinanza di ammissione del giuramento decisorio incide sull’esigenza del contraddittorio ed è causa di nullità rilevabile d’ufficio, senza necessità di eccezione della parte nei cui confronti la notifica avrebbe dovuto essere eseguita.

CASO

[1] La promissaria acquirente di un’unità immobiliare conveniva in giudizio due conuigi, promittenti venditori, al fine di ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. avente gli effetti del contratto definitivo non concluso.

Mentre il tribunale, in primo grado, rigettava tale domanda, la stessa veniva accolta dalla Corte d’Appello, la quale ammetteva il giuramento decisorio dei convenuti (già dedotto da parte attrice in primo grado e reiterato con l’appello). Il giuramento veniva reso dalla moglie, ma non dal coniuge, non comparso all’udienza fissata per l’assunzione, dopo che quella originaria era stata rinviata per suo (comprovato) impedimento. Quindi, in applicazione dell’art. 239 c.p.c., la Corte riconosceva come provata la circostanza per cui, a fronte del complessivo prezzo di vendita pattuito, la promissaria acquirente aveva pagato esclusivamente le prime due rate del prezzo, restando inadempiente con riguardo alla terza. Tuttavia, la Corte giustificava il mancato pagamento del saldo in considerazione dell’inadempimento dei venditori all’obbligo di estinguere il mutuo ipotecario iscritto sull’immobile promesso in vendita.

Avverso la sentenza di seconde cure, i promittenti venditori proponevano ricorso per cassazione, di cui verranno analizzati i primi due motivi. In primo luogo, veniva denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 232, 233 e 239 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello aveva ammesso il giuramento decisorio formulato nell’atto di appello non sottoscritto dalla parte personalmente, né da procuratore munito di mandato speciale. Col secondo motivo, si denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 232, 237 e 239 c.p.c., in quanto l’udienza fissata per l’assunzione del giuramento veniva rinviata, ma il provvedimento di rinvio non veniva notificato alla parte che doveva prestalo, nei confronti della quale, dunque, non potevano verificarsi gli effetti previsti dall’art. 239 c.p.c. in conseguenza della mancata comparizione.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte si pronuncia nel senso della fondatezza di entrambi i motivi proposti. In relazione al primo, si ribadisce l’inammissibilità del giuramento decisorio deferito con atto d’appello non sottoscritto personalmente dalla parte o da difensore munito di mandato speciale, ma dal difensore munito soltanto dell’ordinaria procura ad litem, anche se il giuramento sia stato ritualmente deferito in primo grado (in questi termini, Cass., 28 ottobre 2014, n. 22805). Con riguardo al secondo, la Cassazione ricorda l’orientamento secondo cui devono essere notificati alla parte chiamata a rendere il giuramento non solo l’ordinanza che ammette il giuramento stesso, ma anche i provvedimenti di rinvio dell’udienza fissata per la sua assunzione (Cass., 21 maggio 2007, n. 11770), con la conseguenza per cui la soccombenza, che l’art. 239 c.p.c. ricollega alla mancata comparizione del delato o al suo rifiuto di prestare giuramento, deve escludersi nell’ipotesi in cui il giudice rinvii il compimento dell’atto ad altra udienza e il provvedimento di rinvio non sia notificato personalmente alla parte delata.

La Cassazione, accolti tali due motivi, ha cassato la sentenza con rinvio della causa alla Corte d’appello, in diversa composizione.

QUESTIONI

[1] La Cassazione è dunque chiamata a valutare profili attinenti sia all’ammissibilità del giuramento decisorio, sia alle condizioni alle quali può scattare il meccanismo disciplinato all’art. 239 c.p.c.

Anzitutto, è utile ricordare il tenore delle norme rilevanti nel caso di specie.

Iniziando dall’art. 233 c.p.c., questo prevede che il giuramento decisorio possa essere deferito «con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte». La norma si occupa della legittimazione al deferimento, che spetta: a) alla parte in persona; b) al suo rappresentante in giudizio che sia in possesso dei requisiti di capacità di cui all’art. 2731 c.c.; c) a soggetto appositamente designato con procura ad hoc; d) al procuratore ad litem, sempre laddove investito di apposita procura ad hoc (per approfondimenti, M. Montanari, sub art. 233, in C. Consolo (diretto da), Codice di procedura civile. Commentario, Milano, 2018, II, 458).

Ne consegue che la mancanza, in capo al difensore, del mandato speciale, implica l’inammissibilità del giuramento deferito (e ciò, anche se il giuramento fosse stato ritualmente deferito in primo grado: oltre alla già citata Cass., n. 22805/2014, si vedano Cass., 11 maggio 2006, n. 10965). A tal riguardo, non è neppure rilevante che la procura a margine dell’atto di citazione in appello comprenda la facoltà di deferire giuramento, essendo tale indicazione generica e priva di qualsiasi riferimento ai fatti da assumere come oggetto di prova (in tal senso, Cass., 21 novembre 1984, n. 5971).

Passando poi all’art. 237 c.p.c., esso dispone, al suo secondo comma, che l’ordinanza (del collegio ovvero del giudice istruttore) che ammette il giuramento debba essere «notificata personalmente alla parte». Più precisamente, tale provvedimento deve essere notificato: a) per intero; b) a cura del deferente; e c) personalmente alla parte chiamata a giurare – con la conseguenza per cui sarà da reputarsi nulla la notifica eseguita al procuratore costituito, ancorché la parte abbia eletto domicilio presso di lui. A tale prescrizione si può derogare esclusivamente nell’ipotesi in cui l’ordinanza ammissiva sia pronunciata in udienza e in presenza della parte delata; inoltre, l’omissione della notificazione è suscettibile di sanatoria per effetto della spontanea comparizione del delato (per i dovuti approfondimenti, M. Montanari, sub art. 237, in C. Consolo (diretto da), Codice di procedura civile. Commentario, cit., 470 ss.).

Per quanto qui interessa, dev’essere ricordato (conf., Cass., 14 agosto 1998, n. 8015) come la regola della notificazione personale si applichi anche all’ordinanza che abbia disposto il rinvio dell’udienza fissata per l’assunzione della prova – di nuovo, fatto salvo il caso che la parte delata risultasse presente all’atto della relativa emissione -, anche se l’anteriore notifica del provvedimento ammissivo abbia posto la stessa in condizione di conoscere i termini del giuramento che le è stato deferito (Cass., 21 maggio 2007, n. 1770).

L’onere di notificazione personale dell’ordinanza ammissiva del giuramento si ricollega in via diretta alla disciplina di cui all’art. 239 c.p.c., secondo cui «la parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata […] soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso»: in altri termini, la legge ricollega la soccombenza della parte delata all’omessa comparizione senza giustificato motivo all’udienza fissata per l’assunzione della prova (che non necessariamente coincide con quella originariamente fissata, come avvenuto nella fattispecie in commento). Tra i legittimi impedimenti che possono essere invocati dalla parte al fine di sottrarsi alla disciplina appena illustrata, rientra proprio la mancata notificazione personale dell’ordinanza ammissiva del giuramento ovvero – come avvenuto nel caso deciso dal provvedimento in commento -, dell’ordinanza di rinvio dell’udienza fissata per l’assunzione della prova. In altri termini, laddove la parte delata non compaia all’udienza (originaria o di rinvio) fissata per l’assunzione del giuramento, a causa dell’omessa notificazione personale dell’ordinanza di ammissione del giuramento (ovvero di rinvio dell’udienza fissata per la sua assunzione), non sarà possibile far conseguire, a tale mancata comparizione, le conseguenze pregiudizievoli sancite dall’art. 239 c.p.c. (in termini, Cass., 5 maggio 1990, n. 3748).

La Suprema Corte, nel provvedimento in epigrafe, fa applicazione dei principi giurisprudenziali appena illustrati, disponendo la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

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