I presupposti del ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c.
di Francesco Tedioli, Avvocato Scarica in PDFCass. sez. III, 09 maggio 2022, n. 14552, Pres. Spirito – Rel. Pellecchia
Agricoltura – Prelazione (diritto di)- Revocazione (giudizio di) – Fondamento.
(artt. 366, 391 bis co. 2, 395 c.p.c., art. 8, l. 26 maggio 1965, n. 590, art. 7, l. 14 agosto 1971, n. 817)
Massima:” Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.
Il ricorso per revocazione, è soggetto al disposto dell’art. 366 c.p.c., secondo cui la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara e immediatamente intellegibile del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c.; ne consegue che il mancato rispetto di tali requisiti espone il ricorrente al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione
L’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), deve presentare i caratteri dell’evidenza ed obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini, e deve riguardare atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio”.
CASO
[1] La questione trae origine dalla domanda di riscatto agrario proposta da un imprenditore agricolo contro una Soc. Semplice Agricola a cui i terreni erano stati venduti. L’attore esercitava la domanda di riscatto, sia come affittuario coltivatore del fondo che come comproprietario dei terreni confinanti. Per ragioni non meglio specificate nel provvedimento in commento, la causa veniva trasferita alla Sezione Specializzata Agraria ed il Tribunale, ritenendo non adeguatamente provata la sussistenza del contratto di affitto agrario, rigettava la domanda.
[2] La Corte d’Appello riformava la decisione impugnata, accogliendo la domanda di riscatto agrario esercitata dal retraente nella sua qualità di proprietario confinante.
[3] A séguito del ricorso di legittimità proposto dalla parte soccombente, la Suprema Corte confermava la decisione d’appello, ritenendo:
a) infondato il primo motivo di gravame, poiché parte ricorrente non aveva specificatamente contestato i fatti costitutivi del diritto di riscatto agrario del proprietario confinante;
b) inammissibili gli altri motivi di ricorso – in applicazione dell’art. 360 bisp.c. – poiché la Corte d’appello aveva deciso in conformità ad un orientamento consolidato e non offrendo il ricorso elementi idonei per un ripensamento di detto principio.
[4] Avverso tale ordinanza, la Soc. Semplice Agricola proponeva ricorso per revocazione, ex artt. 391 bis e 395 c.p.c., n. 4, c.p.c., dove si assumeva che la Suprema Corte sarebbe incorsa in un errore di fatto revocatorio consistente:
a) nell’aver mal interpretato le difese svolte dalla medesima società semplice, risolvendole nella prospettazione di una tesi contraria rispetto all’orientamento consolidato della Cassazione;
b) nell’avere ritenuto non sussistenti le contestazioni necessarie per contrastare il riscatto agrario del proprietario confinante.
In altre parole, se la Corte avesse avuto l’esatta percezione della realtà emergente dagli atti processuali, avrebbe valutato che la riscattata, proprio in conformità all’orientamento della Corte di legittimità aveva specificatamente contestato i requisiti costitutivi del riscatto agrario in qualità di proprietario confinante e, conseguentemente, avrebbe accolto il ricorso.
SOLUZIONE
La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, perché non identifica un errore di fatto, ma, semplicemente, un errore di diritto.
QUESTIONI
Sul punto, la Cassazione osserva che l’istanza di revocazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. implica, ai fini della sua ammissibilità, la deduzione di un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4. (in dottrina cfr. Rota, in Commentario Breve al Codice di Procedura Civile, Padova, 2002, 1172). Esso consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulta escluso, invece, in modo incontestabile dagli atti e documenti di causa (Cass. 27 dicembre 2021, n. 41683; Cass. 10 giugno 2021, n. 16439; Cass. 26-maggio 2021, n. 14678). Inoltre, tale fatto non deve aver configurato un punto controverso, su cui il giudice si sia già pronunciato (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22171).
L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22171, cit.).
Nel caso di specie, ciò che viene denunciato è la valutazione operata, dapprima, dai giudici di merito e, successivamente, dai giudici di legittimità, circa il contenuto delle difese della Società Semplice Agricola, contenuto che, secondo la ricorrente, sarebbe stato travisato.
La ricorrente, però, non allega alcun “errore di fatto” rilevante ai fini di una domanda di revocazione, ma ripropone le medesime censure già svolte in appello e avanti la Corte di Cassazione, lamentando la mancata valutazione delle contestazioni mosse al retratto agrario del proprietario confinante.
E’ evidente, quindi, come, nel caso in esame, non sussista alcun errore revocatorio.
Poiché la revocazione è un mezzo di impugnazione a critica vincolata, è inammissibile anche la seconda censura proposta, che riguarda l’inammissibilità del ricorso per cassazione quando il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità e l’esame dei motivi non offra elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa. Tale censura non rientra, in alcun modo, tra i motivi di cui all’art. 395 c.p.c. (Cass. 15 giugno 2017, n. 14937, Cass. 17 febbraio 2017, n. 4237)
Il ricorso per revocazione, infatti, è soggetto al disposto dell’art. 366 c.p.c., secondo cui la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara e immediatamente intellegibile del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. Il mancato rispetto di tali requisiti porta inevitabilmente ad una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione.
Va ribadito, infine, che non sono ammessi, come causa di revocazione della sentenza di cassazione, l’errore di diritto, sostanziale o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione.
L’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), deve presentare i caratteri dell’evidenza ed obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini, e deve riguardare atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio (Cass. 5 marzo 2015, n. 4456).
Quanto al riscatto agrario, va, però, ricordato che non spetta al riscattato dimostrare l’inesistenza dei presupposti del diritto di prelazione violato. I requisiti (indicati dall’art. 8, l. 26 maggio 1965, n. 590, richiamato dall’art. 7, l. 14 agosto 1971, n. 817) affinché possa trovare accoglimento una domanda di riscatto agrario costituiscono condizioni dell’azione e devono essere accertati dal giudice d’ufficio.
Il proprietario del fondo confinante che intenda esercitare il retratto, deve dimostrare (secondo il principio generale di cui all’art. 2697 c. c.) il possesso di tutti, nessuno escluso, i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge: la qualifica di coltivatore diretto; la coltivazione biennale del fondo agricolo confinante; il possesso della forza lavorativa adeguata e il non aver effettuato vendita di fondi rustici nel biennio antecedente. Inoltre, è onere del retraente dimostrare che il fondo oggetto di retratto, in aggiunta a quello (confinante) di proprietà, non supera il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia, cioè non deve essere inferiore ad 1/3 di quella occorrente per le necessità della nuova azienda. (Tedioli, Il proprietario confinante ed il titolo che lo legittima all’esercizio della prelazione agraria, in Consulenza Agricola, 2022, 4, 21).
Si tratta di accertamenti che devono avere riguardo, sotto il profilo dell’oggetto della prova a carico del retraente, sia il momento di conclusione della vendita, sia il momento in cui la dichiarazione del retraente giunge a conoscenza del retrattato (tra le tante, Tribunale Alessandria 29 settembre 2020, n. 539). A nulla rileva il difetto di espressa contestazione di controparte (Tribunale Cosenza, 13 ottobre 2021, n. 1956).
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