I presupposti per il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Catanzaro, Sezione Specializzata in materia di Impresa, decreto del 22 settembre 2021
Parole chiave: società di capitali – società a responsabilità limitata – controllo giudiziario – gravi irregolarità –– mala gestio – irregolarità gestionali
Massima: “Va esclusa l’applicabilità del controllo giudiziario a tutte quelle irregolarità c.d. informative o puramente formali che, per quanto gravi, non sono idonee a produrre effetti negativi immediati e diretti sul patrimonio o sull’attività sociale. L’intervento del Tribunale ex art. 2409 c.c. è ipotizzabile esclusivamente quando l’operato dell’organo amministrativo si profila come gravemente azzardato nello svolgimento dell’attività di amministrazione, con conseguente prevedibile verificarsi di conseguenze fortemente negative per la società (come, ad esempio, in presenza di operazioni che esulano palesemente dall’oggetto sociale o che siano in contrasto con esso, oppure in presenza di sistematiche violazioni di norme, oppure nel caso in cui vengano praticate condizioni di favore che si traducono in un una perdita per la società, essendo prive di reale contropartita)”.
Disposizioni applicate: art. 2409 c.c., art. 2476 c.c.
Con il giudizio in esame il socio titolare del 51% delle quote di una S.r.l. ha proposto un ricorso ex art. 2409 c.c. fondato sulle seguenti presunte “gravi irregolarità” di gestione: i) la violazione, da parte dell’amministratore, del diritto di informazione e di ispezione del socio: ii) l’inesistenza di tre delibere assembleari per omessa convocazione del socio e/o falsa attestazione della sua presenza; iii) la nullità delle medesime deliberazioni anche per falsa rappresentazione dei dati di bilancio; iv) il compimento, da parte dell’amministratore, di operazioni in conflitto di interessi ed in assenza della dovuta diligenza professionale; e v) l’integrazione dei reati di cui agli artt. 2621 e 2636 c.c..
Il Tribunale delle Imprese di Catanzaro ha preliminarmente ricordato la finalità dell’istituto di cui all’art. 2409 c.c., ossia consentire all’autorità giudiziaria il ripristino della legalità e la regolarità gestoria, ed i presupposti per la sua applicazione, ossia:
a) l’esistenza di fondati sospetti di gravi irregolarità nella gestione derivanti dalla violazione, da parte degli amministratori, dei doveri su di loro gravanti; e
b) il possibile danno alla società (o alle società controllate) derivante dalle suddette irregolarità, con conseguente irrilevanza dell’eventuale danno arrecato a soci o terzi.
Quanto al primo requisito, ossia le gravi irregolarità gestorie, è pacifico in giurisprudenza che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore non può mai investire le scelte di gestione, ed assume rilevanza soltanto la violazione di quei doveri idonei ad arrecare un pericolo di danno per la società, con esclusione, quindi, dei doveri concernenti le finalità organizzative, amministrative, di corretto esercizio della vita sociale e di esercizio dei diritti dei soci o di terzi estranei.
Inoltre, le irregolarità devono essere ancora in atto (non rilevando, invece, irregolarità che abbiano già esaurito il proprio effetto) e devono riguardare l’intera attività sociale, non assumendo rilievo l’illegittimità di singoli atti, autonomamente impugnabili, posto che, in caso contrario difetterebbe il requisito della residualità del procedimento ex art. 2409 c.c.
Quanto invece al requisito del danno, la giurisprudenza ritiene sufficiente il mero pericolo di un danno futuro alla società, purché patrimonialmente rilevante; viceversa, eventuali profili di danno ai singoli soci, ai creditori sociali e ai terzi non rivestono alcuna rilevanza ai fini dell’art. 2409 c.c., al pari di denunce pretestuose o dettate da meri motivi di disturbo da parte della minoranza.
Ciò premesso, nel caso di specie è stata rilevata la mancanza dei requisiti minimi necessari all’avvio di un procedimento ex art. 2409 c.c., innanzitutto sotto il profilo della residualità e dell’attualità sottesi allo stesso.
In particolare, il Tribunale ha evidenziato:
i) quanto al diniego apposto dall’amministratore alla richiesta di visionare la documentazione sociale ex 2476 c.c., il socio avrebbe dovuto esperire il rimedio di cui all’art. 2476 c. 2° c.c. e tale condotta non assume in ogni caso i connotati delle “gravi irregolarità”;
ii) quanto alle delibere assembleari contestate per omessa convocazione del socio e/o falsa attestazione della sua presenza, il socio avrebbe dovuto impugnarle nei termini di legge, mancando quindi il presupposto della residualità sotteso alla procedura di cui all’art. 2409 c.c. che non può essere utilizzata per supplire all’inerzia dei soci che non abbiano attivato le tutele previste dall’ordinamento;
iii) quanto alle contestazioni riguardanti presunte poste fittizie di bilancio, il socio avrebbe dovuto allegare e dimostrare la potenzialità del danno, essendo preclusa la possibilità di denunciare tutte le irregolarità informative per le quali non si riesca ad individuare un pregiudizio immediato e diretto al patrimonio della società; e
iv) quanto al compimento di operazioni in conflitto di interessi, il socio avrebbe dovuto individuarle in maniera più circostanziata dimostrandone il danno.
Dalle allegazioni attoree non era dunque possibile rilevare un potenziale danno per la società, essendo piuttosto evincibile un danno al singolo socio.
A fronte di tali considerazioni, il Tribunale delle Imprese di Catanzaro ha quindi rigettato la domanda attorea, con condanna del socio al pagamento delle spese di lite in favore della società.
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