8 Ottobre 2024

Presunzione di rinuncia ed estensione dell’effetto devolutivo in appello alle questioni rimaste assorbite nel processo tributario

di Franco Stefanelli, Avvocato Scarica in PDF

Cass., Sez. V, Ord., ud. 13 settembre 2024, 19 settembre 2024, n. 25239, Pres. Fuochi Tinarelli – Est. D’Aquino.

[1] Tributario – Delega sottoscrizione avviso di accertamento – Delega di firma – Sussistenza – Delega di funzioni – Insussistenza. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42; D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 17 comma 1-bis)

La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 D.P.R. n. 600/1973 ha natura di delega di firma e non di funzioni.

[2] Tributario – Appello – Effetto devolutivo – Indicazione questioni alle quali la parte mantiene interesse alla trattazione in appello – Presunzione di rinuncia. (D.Lgs. 31/12/1992 n° 546, art. 56; cod. proc. civ., art. 346)

Al fine di vincere la presunzione di rinuncia ed estendere l’effetto devolutivo in appello alle questioni rimaste assorbite, il ricorrente ha l’onere processuale di indicare, nell’atto di controdeduzioni entro il termine di costituzione in giudizio, quali siano le singole e specifiche questioni – tra quelle originariamente proposte – alle quali abbia ancora interesse alla trattazione in appello; in assenza del tempestivo assolvimento di tale onere processuale, viene ad esistenza la presunzione di rinuncia e, conseguentemente, non può più sopravvivere la devoluzione in appello delle questioni assorbite non specificamente riproposte, in termini analoghi a una decadenza processuale; verificatasi tale decadenza, tale onere non può più essere assolto successivamente alla scadenza del termine per la costituzione in giudizio, né può essere surrogato dalla indicazione di tali questioni nelle successive memorie, le quali esplicano una funzione meramente illustrativa delle questioni indicate nell’atto di costituzione in giudizio. 

CASO

Il contribuente A.A., esercente l’attività di fabbricazione di oggetti in ferro, impugnava un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2004, con il quale era stato accertato un maggior reddito sulla base dell’applicazione degli studi di settore. La contestazione del contribuente atteneva in via preliminare al difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo del capo dell’Ufficio e alla carenza di delega in capo al sottoscrittore, nonché si incentrava originariamente anche su ulteriori profili di censura, anche di merito, relativi all’insussistenza del presupposto impositivo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Messina accoglieva il ricorso in relazione alla preliminare eccezione dell’assenza di delega del capo dell’Ufficio. Di contro, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia successivamente accoglieva l’appello dell’Ufficio, ritenendo che l’atto impugnato fosse stato debitamente sottoscritto dal delegato del dirigente dell’Ufficio.

Il contribuente A.A., pertanto, proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi e ulteriormente illustrato da memoria, cui resisteva con controricorso l’Ufficio.

[1] Con il primo motivo, il ricorrente deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione, falsa e/o errata applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, n. 600 e art. 17, comma 1-bis, D.Lgs. n. 165/2001, nella parte in cui la sentenza impugnata aaveva ritenuto valido l’avviso sottoscritto da un delegato del Capo dell’Ufficio. Osservava il ricorrente che l’atto impositivo deve, ai fini della sua validità, essere sottoscritto dal Capo dell’Ufficio ovvero da altro impiegato della carriera direttiva e che la delega sia una delega di funzioni e non di firma e che l’atto di delegazione ha efficacia esterna.

[2] Con il secondo motivo, il ricorrente deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione, falsa e/o errata applicazione dell’art. 56 D.Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare gli ulteriori motivi articolati dal contribuente, quali il difetto di motivazione dell’atto impositivo, l’infondatezza dell’atto impositivo fondato sul mero scostamento dal sistema Gerico e privo di prova, l’esistenza della prova contraria costituita dalla situazione del contribuente, la deduzione dei costi sostenuti e la contestazione delle sanzioni irrogate. Il ricorrente deduceva che tali motivi, rimasti assorbiti in primo grado e già enunciati nel ricorso introduttivo, erano stati riproposti nelle controdeduzioni in appello, atto allegato al ricorso, per essere ulteriormente esplicitati in memoria. Nella specie il ricorrente, già appellato vittorioso in primo grado, si era limitato in sede di costituzione in grado di appello a un rinvio generico a tutte le eccezioni formulate in primo grado (“si chiede che vengano devolute tutte le eccezioni sollevate in primo grado”).

SOLUZIONE

[1] È consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 d.P.R. n. 600/1973 abbia natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 31/07/2024, n. 21442; Cass., Sez. V, 4 maggio 2023, n. 11765; Cass., Sez. V, 7 dicembre 2020, n. 27972; Cass., Sez. VI, 19 novembre 2020, n. 26398; Cass., 13 novembre 2020, n. 25711; Cass., Sez. V, 19 aprile 2019, n. 11013; Cass., Sez. VI, 8 novembre 2019, n. 28850).

[2] Col secondo motivo, il ricorrente ha censurato l’omessa pronuncia del giudice di appello in relazione alle ulteriori doglianze, anche di merito, articolate dallo stesso in primo grado e riproposte in appello. Al ricorso per Cassazione, il ricorrente ha allegato il ricorso in primo grado e le controdeduzioni in appello.

L’art. 56 D.Lgs. n. 546/1992 prevede che “Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado, che non sono specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate“. Si tratta di una norma analoga al disposto dell’art. 346 cod. proc. civ., a mente del quale “le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”. La norma dispone che la devoluzione del contraddittorio in appello sulle questioni originariamente proposte in primo grado e rimaste assorbite dalla pronuncia di primo grado, sia subordinata a iniziativa della parte, già vittoriosa in primo grado. In assenza di iniziativa della parte interessata (già vittoriosa in primo grado), viene meno o, comunque, non sopravvive l’effetto devolutivo dell’appello in relazione alle questioni proposte dalla parte vittoriosa e rimaste assorbite, perché l’ordinamento prefigura l’insorgenza di una presunzione di rinuncia di detta parte alla trattazione delle questioni già proposte e non trattate dal giudice di primo grado.

La presunzione di rinuncia alla devoluzione in appello delle questioni assorbite viene, tuttavia, impedita da uno specifico onere processuale imposto della parte già vittoriosa, onere che viene assolto con la riproposizione delle questioni alle quali l’appellato dimostra ancora interesse alla trattazione. Pur non essendo previste formule sacramentali per la riproposizione delle questioni rimaste assorbite, l’inserimento nell’art. 56 D.Lgs. n. 546/1992 dell’avverbio “specificamente” – come per l’analogo avverbio “espressamente” nell’art. 346 cod. proc. civ. – impon alla parte appellata, vittoriosa in primo grado, la quale chiede l’estensione dell’effetto devolutivo alle questioni assorbite, di indicare quali siano le questioni, già proposte in primo grado, per la cui trattazione persiste interesse alla trattazione in appello.

Trattandosi di sopravvivenza dell’effetto devolutivo rimessa a istanza di parte appellata, onerata dell’indicazione di quali siano le questioni su cui persiste l’interesse alla trattazione, la riproposizione non può essere affidata a formule di mero stile o di contenuto generico, ma deve indicare specificamente (pur in assenza di proposizione di impugnazione incidentale), in modo chiaro e univoco, quali siano le questioni alle quali l’appellato abbia ancora interesse alla trattazione in appello. Non è, pertanto, sufficiente il generico richiamo dell’appellato al complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale (Cass., Sez. V, 27 marzo 2003, n. 4625; Cass., Sez. V, 29 ottobre 2010, n. 22118; Cass., Sez. V, 20 maggio 2011, n. 11215; Cass., Sez. VI, 1 ottobre 2015, n. 19683; Cass., Sez. V, 27 novembre 2015, n. 24267; Cass, Sez. VI, 19 dicembre 2017, n. 30444; Cass., Sez. VI, 18 maggio 2018, n. 12191; Cass., Sez. VI, 30 settembre 2020, n. 20815; Cass., Sez. V, 7 marzo 2023, nn. 6790, 6774), in quanto comportamento processuale inidoneo a vincere l’insorgenza della presunzione di rinuncia.

In conclusione, la Corte ha ritenuto che, al fine di vincere la presunzione di rinuncia ed estendere l’effetto devolutivo in appello alle questioni rimaste assorbite, il ricorrente abbia l’onere processuale di indicare, nell’atto di controdeduzioni entro il termine di costituzione in giudizio, quali siano le singole e specifiche questioni – tra quelle originariamente proposte – alle quali abbia ancora interesse alla trattazione in appello (Cass., Sez. V, 12 dicembre 2023, n. 34775). In assenza del tempestivo assolvimento di tale onere processuale, opera la presunzione di rinuncia e, conseguentemente, non può più sopravvivere la devoluzione in appello delle questioni assorbite non specificamente riproposte, in termini analoghi a una decadenza processuale. Verificatasi tale decadenza, tale onere non può più essere assolto successivamente alla scadenza del termine per la costituzione in giudizio, né può essere surrogato dalla indicazione di tali questioni nelle successive memorie, le quali esplicano una funzione meramente illustrativa delle questioni indicate nell’atto di costituzione in giudizio (Cass., n. 34775-2023, cit.; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2014, n. 26830).

La generica indicazione delle questioni assorbite, del tutto aspecifica (come avvenuto nel caso di specie), non costituisce assolvimento dell’onere di specifica individuazione delle questioni alle quali avrebbe avuto ancora interesse alla trattazione in appello, così incorrendo il ricorrente nella presunzione di rinuncia. Né tale onere, una volta verificatasi la presunzione di rinuncia all’atto della costituzione in giudizio, si sarebbe potuto assolvere con il deposito delle memorie illustrative, essendo il contribuente già decaduto dalla sopravvivenza dell’effetto devolutivo sulle questioni non riproposte.

In conclusione, i due motivi di ricorso sono stati ritenuti infondati ed il ricorso è stato respinto.

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