Il pignoramento del conto corrente affidato
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 23 novembre 2021, n. 36066 – Pres. Vivaldi – Rel. Tatangelo
Espropriazione mobiliare presso terzi – Conto corrente bancario affidato – Saldo negativo – Dichiarazione negativa ai sensi dell’art. 547 c.p.c. – Rimesse successivamente affluite sul conto corrente – Autonoma pignorabilità – Inammissibilità
Massima: “In ipotesi di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore successivamente al pignoramento, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo a un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento”.
CASO
I creditori di una società pignoravano i crediti da questa vantati nei confronti di alcune banche, una delle quali rendeva dichiarazione di quantità negativa, che veniva contestata.
Instaurato, di conseguenza, il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, venivano in discussione i limiti di pignorabilità delle rimesse effettuate su un conto corrente bancario affidato in virtù di apertura di credito: secondo la tesi dei creditori procedenti, infatti, sebbene il saldo di detto rapporto fosse negativo al momento del pignoramento, doveva prendersi in considerazione l’ammontare complessivo delle rimesse positive effettuate in epoca successiva, escludendosi dal conteggio – nel contempo – quelle negative (ovvero gli utilizzi del fido) intervenute nel medesimo periodo, in quanto inopponibili, sicché il pignoramento non poteva essere considerato negativo.
La domanda veniva accolta in primo grado, ma la sentenza veniva riformata all’esito del giudizio di appello.
Avverso la pronuncia di secondo grado, veniva proposto ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che, in considerazione dell’unitarietà che caratterizza il rapporto di conto corrente cui accede un’apertura di credito, le singole rimesse effettuate dal debitore esecutato ovvero da terzi su detto conto, pur rappresentando delle poste attive, non sono autonomamente pignorabili, potendo il vincolo espropriativo avere per oggetto unicamente il saldo attivo del conto.
QUESTIONI
[1] La sentenza che si annota ripercorre in modo sistematico i principi che presidiano il pignoramento del conto corrente bancario.
In linea generale, l’espropriazione forzata può avere per oggetto beni mobili e immobili dei quali sia titolare il debitore, ivi compresi i crediti (equiparati ai beni mobili) dallo stesso vantati nei confronti di terzi.
Non è, invece, pignorabile il mero diritto di ottenere credito che il medesimo debitore eventualmente vanti, dal momento che, in questo caso, egli non può essere considerato titolare di una posizione giuridica attiva che gli garantisca la disponibilità di un bene patrimoniale immediatamente aggredibile.
Così, con riferimento ai rapporti bancari, se il saldo positivo di un conto corrente può senz’altro essere pignorato, rappresentando un credito del suo titolare nei confronti della banca (peraltro immediatamente esigibile, in forza della regola dettata dall’art. 1852 c.c.), qualora il medesimo conto corrente risulti affidato in virtù di un contratto di apertura di credito, la regola generale va declinata alla luce delle peculiarità proprie del rapporto e della disciplina a esso applicabile.
In proposito, la giurisprudenza ha precisato che non è autonomamente pignorabile, in sé, la mera disponibilità derivante al correntista in virtù del contratto di apertura di credito bancario.
Questa regola fa il paio con quella in base alla quale tale contratto, anche se stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, non costituisce titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., dal momento che, come recentemente affermato anche da Cass. civ., sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41791, al momento della stipula, la banca si limita a mettere a disposizione del cliente una somma di denaro, ma non è ancora creditrice della stessa, fino a quando non sia stata effettivamente utilizzata, sicché l’atto negoziale non documenta l’esistenza di un credito attuale e certo, ma solo futuro ed eventuale.
In altre parole, riguardandola sia dal lato del cliente, sia dal lato della banca, la conclusione di un contratto di apertura di credito non è l’elemento da cui origina, di per sé, il credito, che scaturisce, invece, dall’effettivo utilizzo della somma concessa in affidamento: di conseguenza, fino a tale momento, non si è in presenza di una posizione giuridica utilmente pignorabile.
A fronte di un rapporto di conto corrente bancario, dunque, risulta pignorabile, in danno del correntista, il solo saldo attivo e non le singole rimesse che affluiscono nel conto; pertanto, se, al momento del pignoramento, il saldo del conto corrente è negativo, le eventuali successive rimesse a favore del correntista non determinano necessariamente l’esistenza di un credito pignorabile, se non nella misura in cui esse siano tali da rendere positivo il saldo (e, in ogni caso, nei limiti di tale saldo positivo), anche qualora ciò avvenga in epoca successiva alla notifica del pignoramento. È noto, infatti, che il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa, che non si perfeziona con la sola notificazione dell’atto di intimazione di cui all’art. 543 c.p.c., ma con la dichiarazione positiva del terzo o con l’accertamento giudiziale del credito di cui all’art. 549 c.p.c., con la conseguenza che il credito pignorato può essere individuato e determinato nel suo ammontare anche in data di molto successiva a quella della notificazione dell’atto, senza che lo si possa considerare, per ciò solo, sorto dopo il pignoramento (in questo senso, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2020, n. 9250 e, in precedenza, Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2011, n. 5529 e Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 1949).
Se, invece, il saldo negativo del conto corrente deriva da un’apertura di credito non completamente utilizzata, considerato che né il contratto di apertura di credito, né quello di conto corrente bancario si sciolgono a seguito del pignoramento, bisogna distinguere:
- se successive rimesse a favore del correntista rendono il saldo positivo, quest’ultimo sarà automaticamente assoggettato al pignoramento e vincolato in favore del creditore procedente, di modo che, nei limiti dell’importo di detto saldo positivo, ulteriori rimesse negative non gli saranno opponibili e non lo potranno pregiudicare;
- se, nonostante le medesime rimesse, sia pure di importo complessivamente superiore all’originario saldo negativo, questo resta comunque tale in ogni momento del rapporto (anche per effetto di ulteriori utilizzazioni della disponibilità derivante dall’apertura di credito medio tempore intervenute), non può mai ritenersi sorto un credito del debitore esecutato nei confronti della banca assoggettabile al vincolo del pignoramento.
Ciò è la conseguenza del fatto che, con l’apertura di credito, la banca si impegna a tenere una determinata somma a disposizione del correntista, che resta obbligato a restituirla (pur potendola impiegare in più volte e potendo ripristinare l’originaria disponibilità); pertanto, prima di avere utilizzato la provvista, il correntista non può essere considerato titolare di un bene assoggettabile a espropriazione forzata, perché si tratta di un rapporto negoziale in cui è la banca a concedere credito al correntista e in relazione al quale, quindi, egli è debitore e non creditore.
Inoltre, le rimesse a favore del correntista che affluiscono sul conto corrente non sono beni o crediti, ma mere attribuzioni patrimoniali, che non possono, come tali, ritenersi suscettibili di formare oggetto di pignoramento (potendolo essere solo i beni patrimoniali oggetto di tali attribuzioni): così, se può senz’altro assoggettarsi a espropriazione forzata il saldo attivo del conto corrente bancario, in quanto si tratta del credito che il cliente vanta nei confronti della banca, qualora tale credito non esista, perché il saldo è negativo, il pignoramento non può ritenersi perfezionato – mancandone l’oggetto – e neppure le rimesse successivamente operate sul conto possono reputarsi idonee a determinarne il perfezionamento a posteriori, se non nella misura in cui rendano positivo il saldo del rapporto, comportando l’effettiva insorgenza di un credito del correntista (debitore esecutato) nei confronti della banca (terza pignorata).
Le rimesse in conto corrente, infatti, sono attribuzioni patrimoniali che, in generale, possono provenire dallo stesso debitore (consistendo in versamenti in denaro o in altre forme di attribuzione patrimoniale) o da terzi (consistendo in pagamenti di debiti nei confronti del debitore esecutato o derivando da altre cause che giustificano la relativa attribuzione patrimoniale): in entrambe queste eventualità, in caso di pignoramento non perfezionatosi per l’esistenza di un saldo negativo del conto corrente, il creditore, al fine di sottoporre a espropriazione i beni dei quali il suo debitore è titolare in relazione a tali successive rimesse e impedire, quindi, che queste ultime, quali mere attribuzioni patrimoniali, determinino una semplice riduzione dell’importo dell’esposizione verso la banca (cioè una mera riduzione dell’ammontare del saldo negativo del conto corrente), dovrebbe procedere, prima che intervengano le rimesse:
- al pignoramento diretto nei confronti del debitore stesso (con riguardo al denaro o alle altre utilità oggetto delle rimesse che lui stesso intende effettuare);
- al pignoramento dei crediti che vengano estinti mediante tali rimesse, da effettuarsi, nelle forme del pignoramento presso terzi, nei confronti dei debitori dell’esecutato (e non presso la banca).
Resta fermo, in ogni caso, il principio per cui, se il saldo del rapporto di conto corrente bancario è negativo al momento della notificazione del pignoramento, le eventuali successive rimesse possono comportare il suo sopravvenuto perfezionamento se (e nel limite in cui) esse siano di importo tale da rendere il saldo positivo, ma non se riducono semplicemente l’ammontare del saldo negativo.
La ricostruzione così operata dai giudici di legittimità è coerente con il mancato scioglimento del contratto di apertura di credito per effetto del pignoramento e comporta, quale conseguenza, che la banca – sempre che il saldo del conto non diventi mai attivo per il correntista – può continuare a concedere la disponibilità promessa (non essendovi alcuna norma che vieta al terzo pignorato, in caso di pignoramento negativo in ragione del saldo negativo del conto, di concedere ulteriore credito e di incassare pagamenti parziali), così determinando l’incremento del proprio credito e, correlativamente, dell’esposizione del correntista debitore, anche se, nel frattempo, siano intervenute rimesse tali da ridurre l’esposizione medesima.
In tale eventualità, infatti, la banca resta sempre creditrice del correntista e non ne diviene mai debitrice, con la conseguenza che non viene mai a esistenza un credito del correntista nei confronti della banca che possa comportare il perfezionamento del pignoramento in origine negativo.