6 Febbraio 2024

Pignoramento di beni conferiti in fondo patrimoniale e opposizione all’esecuzione

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2023, n. 31575 – Pres. Rubino – Rel. Saija

Espropriazione forzata – Beni conferiti in fondo patrimoniale – Pignorabilità – Condizioni – Opposizione all’esecuzione – Litisconsorzio con il coniuge non debitore – Insussistenza

Massima: “L’espropriazione forzata di beni facenti parte di un fondo patrimoniale è legittima, ai sensi dell’art. 170 c.c., solo se l’obbligazione sia strumentale ai bisogni della famiglia e se il creditore non ne conosceva l’estraneità rispetto a tali bisogni, spettando al debitore esecutato che invochi l’impignorabilità dei beni l’onere di provare la non ricorrenza delle suddette circostanze, che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa ed occorrendo procedere a una valutazione caso per caso; quando il coniuge esecutato proponga – ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c. – opposizione all’esecuzione per fare valere l’impignorabilità dei suoi beni perché conferiti in un fondo patrimoniale, non sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, a meno che egli sia proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso e questi siano stati anch’essi pignorati, in quanto, ove non ricorrano tali condizioni, l’oggetto della controversia attiene esclusivamente all’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di agire in via esecutiva sui beni del proprio debitore, benché conferiti nel fondo”.

CASO

Una banca pignorava in danno di due fratelli le quote di proprietà di alcuni immobili dagli stessi conferiti in due fondi patrimoniali costituiti con le rispettive mogli (proprietarie delle restanti quote dei beni, le quali, al contrario, non erano state colpite dall’azione esecutiva).

Gli esecutati proponevano opposizione ex art. 615 c.p.c., sostenendo l’impignorabilità degli immobili perché il debito, essendo stato contratto per esigenze legate alla loro attività imprenditoriale, non assolveva allo scopo di soddisfare i bisogni della famiglia.

L’opposizione veniva respinta dal Tribunale di Asti, con sentenza confermata dalla Corte d’appello di Torino.

Gli esecutati proponevano quindi ricorso per cassazione, sostenendo, da un lato, la nullità delle pronunce di primo e di secondo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti delle rispettive mogli, quali litisconsorti necessarie e, dall’altro lato, l’illegittimità del pignoramento.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che quando il debitore esecutato contesta il diritto del creditore di pignorare beni conferiti in fondo patrimoniale, la controversia non riguarda l’altro coniuge (salvo che sia parimenti proprietario dei medesimi beni), che non è, dunque, litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dal coniuge esecutato.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza che si annota è intervenuta in una fattispecie in cui erano stati pignorati – pro quota – alcuni beni immobili conferiti dai debitori in due fondi patrimoniali.

Gli esecutati avevano contestato la legittimità dell’azione esecutiva, invocando il regime di impignorabilità relativa dei diritti immobiliari in quanto conferiti in fondo patrimoniale, mediante opposizione proposta ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c.

Nel sistema dell’esecuzione forzata, sono due i rimedi dei quali può avvalersi il debitore per contrastare l’azione promossa in suo danno:

  • l’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) è diretta a contestare il diritto di procedere a esecuzione forzata e può essere svolta in via preventiva, ossia quando è stato notificato il precetto e prima del pignoramento (si tratta della cosiddetta opposizione pre-esecutiva, disciplinata dal comma 1), oppure una volta che l’azione esecutiva è stata incardinata;
  • l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) è lo strumento attraverso il quale vanno proposte le contestazioni inerenti alla regolarità formale (ovvero alla legalità e alla legittimità) degli atti nei quali si articola il processo esecutivo o che ne precedono l’avvio.

In virtù di quanto espressamente stabilito dal comma 2 dell’art. 615 c.p.c., è con l’opposizione all’esecuzione che va fatta valere anche l’impignorabilità dei beni aggrediti esecutivamente, ovvero che vanno opposti i limiti che ne condizionano l’assoggettamento all’azione esecutiva.

Proprio per questo motivo, nel caso di specie, gli esecutati avevano reagito contro il pignoramento della quota di loro proprietà degli immobili conferiti in fondo patrimoniale contestandone la legittimità con l’opposizione all’esecuzione, respinta sia in primo che in secondo grado.

Mediante la costituzione del fondo patrimoniale (di cui va fatta annotazione a margine dell’atto di matrimonio, per assicurarne l’opponibilità ai terzi), infatti, i beni che vi confluiscono assumono un vincolo di destinazione finalizzato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e non possono essere aggrediti quando il debito sia stato contratto da uno o entrambi i coniugi per finalità diverse e di ciò fosse consapevole il creditore.

Questi, disponendo di un titolo esecutivo, può senz’altro espropriare i beni conferiti in fondo patrimoniale, sul presupposto implicito della loro pignorabilità (ossia assumendo che il debito venne contratto per fare fronte ai bisogni della famiglia e che non era a conoscenza dell’estraneità dell’obbligazione ai bisogni familiari), oppure proporre preventivamente l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., quando sia consapevole dell’opponibilità del fondo patrimoniale alla propria azione esecutiva e miri dunque a ottenere la declaratoria d’inefficacia dell’atto costitutivo dello stesso.

In questo caso, secondo la giurisprudenza, occorre agire nei confronti non solo del coniuge debitore che abbia conferito nel fondo patrimoniale uno o più beni, ma anche dell’altro, quale litisconsorte necessario, a prescindere dal fatto che, per effetto del conferimento, ne sia divenuto o meno comproprietario, in quanto, essendo comunque beneficiario dei frutti, diretti a soddisfare i bisogni della famiglia, è destinatario degli esiti pregiudizievoli conseguenti all’eventuale accoglimento della domanda revocatoria. La sentenza di accoglimento, infatti, rimuove il limite alla pignorabilità dei beni, sulla cui destinazione familiare il coniuge non debitore (indipendentemente dal fatto che ne sia divenuto o meno proprietario) può legittimamente confidare, sicché si giustifica – e, anzi, si impone – la sua necessaria partecipazione al relativo giudizio.

Questo principio non è tuttavia estensibile all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. promossa dal debitore per bloccare l’azione esecutiva avviata dal creditore su beni conferiti in fondo patrimoniale, dimostrando, in primo luogo, che il fondo è stato regolarmente costituito e annotato a margine dell’atto di matrimonio e, in secondo luogo, che il debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni familiari e che il creditore ne era consapevole.

In tale caso, infatti, la posizione del coniuge non debitore si pone in termini affatto diversi, dal momento che è per definizione estraneo all’azione esecutiva promossa dal creditore (il quale ha proceduto al pignoramento sul presupposto dell’inoperatività – nei suoi confronti – del vincolo derivante dal fondo patrimoniale), salvo che vanti lui stesso un diritto reale sul bene incompatibile con l’azione esecutiva, potendo così reagire a propria volta proponendo opposizione.

Fatta eccezione per questa ipotesi, il coniuge non debitore non è legittimato a opporsi in proprio, né vi è spazio per la sua partecipazione all’opposizione all’esecuzione proposta dal coniuge esecutato, dal momento che l’oggetto del relativo giudizio consiste esclusivamente nell’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata sui beni dell’opponente, in quanto conferiti nel fondo patrimoniale.

All’esito di tale giudizio, viene accertato, in via alternativa:

  • o che il diritto del creditore di agire esecutivamente sussiste e, dunque, che i beni sono stati correttamente pignorati, benché conferiti nel fondo patrimoniale, perché destinati a soddisfare il credito azionato (trovando esso origine in un’obbligazione contratta dal debitore per soddisfare i bisogni della propria famiglia);
  • o che tale diritto non sussiste e, dunque, che i beni non possono destinarsi alla soddisfazione del credito azionato e sono stati pignorati illegittimamente.

In entrambi i casi, la posizione del coniuge non debitore rimane sullo sfondo, sicché non può configurarsi l’assunzione, da parte sua, della veste di litisconsorte necessario in una controversia che vede quali unici soggetti contrapposti il creditore pignorante e il debitore esecutato.

Così delineato il quadro soggettivo del giudizio di opposizione all’esecuzione, la Corte di cassazione ha confermato, altresì, che spetta al debitore opponente dimostrare i presupposti di opponibilità del vincolo derivante dal fondo, ossia l’estraneità delle obbligazioni ai bisogni della famiglia e la consapevolezza di ciò da parte del creditore.

D’altro canto, in base al tenore letterale della disposizione contenuta nell’art. 170 c.c., il fatto che giustifica l’esenzione di beni conferiti in fondo patrimoniale dall’esecuzione forzata e che, quindi, dev’essere provato è che il debito non venne contratto per fare fronte alle necessità della propria famiglia, mentre non è richiesta la prova positiva della diversa specifica finalità concretamente perseguita attraverso l’assunzione del debito stesso, sicché l’onere che grava sul debitore è coerente con la regola che si ricava dal comma 2 dell’art. 2697 c.c., in virtù della quale chi intende avvalersi di un’eccezione deve provare i fatti sui quali la stessa si fonda.

Fermo restando ciò, nulla esclude che il creditore opposto, al fine di contrastare le prove (dirette o indirette) offerte dall’opponente per dimostrare la sussistenza delle condizioni per affermare l’impignorabilità dei beni, possa a sua volta chiedere di provare che l’obbligazione era stata contratta per fare fronte ai bisogni della famiglia: ma si tratta comunque di un onere probatorio meramente eventuale e di carattere secondario, che non si sovrappone e non elide quello principale gravante sull’esecutato opponente, il quale, per assolverlo, non può limitarsi a dedurre la tipologia di attività (imprenditoriale o professionale) cui inerisce l’obbligazione.

Da ultimo, va evidenziato che, come affermato da Cass. civ., sez. III, 28 dicembre 2023, n. 36312, il vincolo di impignorabilità relativa dei beni conferiti in fondo patrimoniale può essere validamente opposto, oltre che dal debitore esecutato, anche dal creditore che, in sede di distribuzione, intenda fare accertare l’insussistenza delle condizioni affinché un altro creditore concorrente possa soddisfarsi sul ricavato dalla vendita dei beni pignorati: in questo caso, stante la natura eccezionale del vincolo scaturente dal fondo patrimoniale, spetta al creditore che invoca il regime di impignorabilità relativa sancito dall’art. 170 c.c. dimostrarne i presupposti, ossia che il debito è insorto per il soddisfacimento di scopi estranei ai bisogni della famiglia e che il creditore concorrente ne era a conoscenza all’atto della sua insorgenza.

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