Piena discrezionalità del giudice nell’autorizzare il convenuto a chiamare in causa il terzo
di Alessandro Guglielmino Scarica in PDFCass., Sez. III, 12 maggio 2015, n. 9570
Procedimento civile – Intervento coatto su istanza di parte – Fissazione di una nuova udienza ex art. 269 c.p.c. – Ipotesi diverse da litisconsorzio necessario – Provvedimento discrezionale del giudice
(C.p.c. artt. 102, 269)
[1] In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo; pertanto, sebbene sia stata tempestivamente richiesta dal convento la chiamata in causa del terzo in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo.
CASO
[1] In una causa di richiesta di rimborso delle somme corrisposte per una vacanza non goduta, l’Agenzia viaggi convenuta chiedeva il differimento della prima udienza per essere autorizzata a chiamare in causa in garanzia la società organizzatrice del pacchetto turistico.
Il Giudice di Pace adito negava il differimento dell’udienza e la connessa autorizzazione alla chiamata in causa del terzo e, all’esito della causa, condannava la convenuta al richiesto rimborso.
Su appello della convenuta soccombente, il Tribunale adito dichiarava illegittimo il diniego alla chiamata in causa del terzo; dichiarava quindi nulla la sentenza impugnata, rimettendo la causa avanti al giudice di primo grado, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo chiamato.
L’originario attore ricorreva in cassazione, ritenendo corretta la decisione del giudice di primo grado, che aveva denegato il differimento dell’udienza richiesto dalla convenuta e la chiamata in causa del terzo.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso, enunciando il principio riportato nella massima.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte conferma la discrezionalità del giudice nell’accogliere o meno l’istanza del convenuto di differimento della prima udienza, per consentire la chiamata di un terzo in manleva o in regresso ai sensi dell’art. 269 c.p.c., rilevando come l’obbligo del differimento e dell’autorizzazione alla richiesta chiamata di terzo sussista soltanto nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 102 c.p.c.
QUESTIONI
[1] La sentenza in commento aderisce all’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza (v. Cass., SS.UU., 23 febbraio 2010, n. 4309, in Foro it., 2010, 6, I, 1775 – peraltro, lo si precisa, sentenza resa a Sezioni Unite in quanto la causa involgeva questioni di giurisdizione – e Cass., 28 marzo 2014, n. 7406, in Mass. Foro. It., 2014; medesimo principio é stato affermato sia per le cause da trattarsi con il rito del lavoro o locatizio – v. Cass., 22 maggio 1997, n. 4568, in Mass. Foro. It., 1997 – che per il processo tributario – v. Cass., 21 gennaio 2015, n. 1112, in Mass. Foro. It., 2015), che, richiamandosi a ragioni di economia processuale e al principio di ragionevole durata del processo, ritiene che l’obbligo del giudice di accogliere l’istanza di differimento dell’udienza per consentire la chiamata in causa del terzo sussista soltanto nelle ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 102 del codice di rito; mentre rientri nella discrezionalità del giudice la concessione o il diniego dell’autorizzazione alla chiamata del terzo da parte del convenuto.
Risulta dunque isolato in giurisprudenza l’orientamento condiviso dalla sentenza del Tribunale di Cremona nella pronunzia oggetto di cassazione con la sentenza in commento, consistente nel ritenere che il giudice, una volta verificato il presupposto della connessione oggettiva e il rispetto del termine assegnato al convenuto per chiedere la chiamata del terzo, sia tenuto ad accogliere l’istanza.
L’indirizzo seguito dalla decisione in commento non pare del tutto convincente; né la questione così lineare e scontata, come le sintetiche motivazioni delle sentenze, che l’hanno esaminata, potrebbero far pensare. Invero, sia la dizione letterale dell’art. 269, secondo comma, c.p.c. – che con l’utilizzo del verbo all’indicativo presente (“Il giudice istruttore […] provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza“) pare prevedere un tipico potere-dovere del giudice – sia il confronto della stessa con la speculare, ma difforme, disposizione del seguente terzo comma della medesima norma – che per il caso di istanza di chiamata di terzo formulata dall’attore parla espressamente di richiesta di “autorizzazione” e prevede che “il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza” – inducono a ritenere che non rientri nella facoltà del giudice denegare la chiamata del terzo ritualmente e tempestivamente formulata dal convenuto. In dottrina v. in questo ordine di idee Balena, Sulla pretesa discrezionalità del giudice, in caso di chiamata del terzo ad istanza del convenuto, in Studi in onore di U. Belviso, Bari, 2011, 1785 ss.