25 Ottobre 2022

Piano del consumatore: il soddisfacimento effettivo seppur parziale dei creditori e la ricorribilità in Cassazione del provvedimento di diniego dell’omologa

di Chiara Zamboni, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara Scarica in PDF

Cass. ord., Sez. I, 26 settembre 2022, n. 28013 – Pres. Genovese, Rel. Abete

Parole chiave

Sovraindebitamento – accordi di ristrutturazione – piano del consumatore – omologazione – conversione del piano. 

Massima: “Ai fini dell’omologa del Tribunale del piano del consumatore previsto nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento ex L. n. 3/2012, la percentuale offerta ai creditori chirografari  deve rispettare il parametro del ‘soddisfacimento effettivo seppur parziale’ dei creditori. Il decreto del Tribunale in composizione collegiale di rigetto del reclamo avverso il diniego dell’omologazione del piano è impugnabile con ricorso per Cassazione”.  

Riferimenti normativi

Art. 12 bis L. n. 3/2012 – Art. 14 quater L. n. 3/2012 – Art. 111 Cost.

CASO

Il provvedimento in esame ha deciso un ricorso per cassazione proposto nei confronti di un decreto del Tribunale di Cosenza di rigetto di un reclamo avverso il decreto di rigetto dell’omologazione del piano di ristrutturazione proposto ai sensi della l. n. 3/2012.

La vicenda prende avvio con la presentazione al Tribunale di Cosenza di un ricorso ex l. n. 3/2012 in cui Tizio ha dedotto di versare in uno stato di sovraindebitamento ed ha proposto ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.

Il Tribunale di Cosenza ha negato l’omologazione del piano evidenziando che la percentuale di soddisfazione prefigurata per i creditori chirografari (nello specifico, il 3,82%) ‘non risponde al concetto di soddisfacimento effettivo seppur parziale dei creditori’ previsto dalla l. n. 3/2012. Il Tribunale ha evidenziato, in particolare, che la condizione di giovane professionista del ricorrente, con significative possibilità di incrementare in futuro la propria consistenza reddituale e patrimoniale, non giustificasse una percentuale così bassa di soddisfazione dei crediti proposta.

Tizio ha proposto reclamo avverso il provvedimento di diniego dell’omologazione. Tra i motivi di reclamo, ha dedotto che il Tribunale aveva assunto a criterio di valutazione il parametro della percentuale offerta ai creditori chirografari, senza che lo stesso indice fosse mai stato rilevato nei numerosi rinvii che erano stati concessi in precedenza ai fini dell’integrazione del piano. A conclusione del reclamo, Tizio ha instato –previa revoca del decreto reclamato- per l’omologazione del piano e, in via subordinata, la concessione di un termine o la rimessione degli atti al primo giudice al fine di riformulare la proposta in conformità alle indicazioni che il Tribunale avrebbe fornito.

Il Tribunale di Cosenza ha rigettato il reclamo rilevando che la percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari è un parametro rimesso alla determinazione del soggetto che propone il piano ma oggetto di vaglio da parte del Giudice cui spetta decidere sul piano una volta proposto, e non è tenuto a dare indicazioni sulla modulazione del piano. Inoltre, il Tribunale ha rilevato l’inconferenza delle osservazioni svolte dal reclamate nella parte in cui aveva addotto l’insostenibilità di una rata maggiore per poi domandare, in via subordinata, una rimodulazione del piano con aumento della percentuale minima di soddisfo.

Il Tribunale ha poi ritenuto che l’istanza di conversione del piano in accordo fosse tardiva, perché estranea al ricorso iniziale e alla proposta successivamente modificata. Parimenti, non potevano ricevere seguito né l’istanza di rimessione degli atti al primo Giudice, in ragione dell’effetto devolutivo pieno del reclamo, né l’istanza di concessione di un termine, in ragione della devoluzione al Tribunale del solo vaglio di ritualità del provvedimento impugnato.

Tizio avverso il decreto di rigetto del reclamo ha proposto ricorso per Cassazione per due motivi. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto che il Tribunale di Cosenza abbia respinto il ricorso a motivo dell’esiguità della percentuale offerta a soddisfazione dei creditori chirografari, ancorando la decisione ad un principio non previsto dalla disciplina in tema di sovraindebitamento.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione degli artt. 12 bis e 14 quater l. n. 3/2012 ritenendo che nulla osti alla possibilità che la proposta di accordo venga formulata con il ricorso con cui è stata formulata la proposta di piano, subordinatamente alla mancata omologazione dello stesso.

SOLUZIONE

In via preliminare, la Suprema Corte ha affrontato la questione dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost., concludendo in senso favorevole. Il decreto di rigetto dell’omologazione del piano del consumatore è caratterizzato da decisorietà e definitività (relativamente alle condizioni che il consumatore ha prospettato nel piano).

La Corte ha esaminato, poi, i motivi di ricorso rigettandoli entrambi.

La Corte ha rilevato che il Giudice, in sede di omologazione del piano del consumatore, deve riscontrare che esso sia idoneo ad assolvere concretamente entrambe le sue funzioni: ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti.

Al Tribunale in sede di omologa è attribuito il sindacato sulla fattibilità giuridica del piano. In particolare, nel caso in esame, i Giudici hanno rilevato la mancanza di causa concreta dal momento che la percentuale irrisoria destinata ai creditori chirografari non poteva integrare la condizione della soddisfazione ‘seppur parziale’ dei creditori.

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, la Corte ne ha ritenuto opportuno il rigetto evidenziando che l’art. 14 quater l. n. 3/2012 prevede la sola conversione del piano o dell’accordo in liquidazione del patrimonio, e non l’invocata conversione del piano in accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il ricorso è stato, pertanto, rigettato.

QUESTIONI

Il provvedimento in commento ha consentito alla Corte di puntualizzare alcune interessanti questioni circa il piano del consumatore sovraindebitato.

Il primo tema affrontato dalla Corte è la discussa ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost. del provvedimento di rifiuto dell’omologa del piano del consumatore.

Il dibattito si sviluppa sull’interpretazione dei caratteri di ‘definitività’ e ‘decisorietà’ del provvedimento e la soluzione accolta dalla Suprema Corte è tutt’altro che scontata dal momento che attribuisce all’interesse del consumatore a conseguite la regolamentazione della sua situazione di sovraindebitamento alle condizioni offerte dal piano, natura di diritto soggettivo.

La Corte ha rilevato come in passato la stessa si sia espressa in modo ondivago. Alcune volte ha assunto che il decreto di rigetto del reclamo avverso il provvedimento che ha dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento fosse privo dei caratteri della decisorietà e della definitività. Questo perché il provvedimento non decide nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi e non esclude la reiterabilità della proposta (in tal senso: Cass., ord. n. 4500/2018; ord. n. 4499/2018; ord. n. 30534/2018).

Altre volte, ha ammesso la ricorribilità ex art. 111 Cost. del decreto di rigetto del reclamo proposto nei confronti del provvedimento con cui il Tribunale, in composizione monocratica, ha respinto l’istanza di omologazione del piano proposto dal consumatore nell’ambito della procedura di sovraindebitamento ex l. 3/2012, integrata dalla l. 221/2012 (cfr. Cass. n.4451/2018; n.10095/2019).

La Corte evoca, poi, l’insegnamento secondo il quale è imprescindibile condizione per l’esercizio del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso provvedimenti giurisdizionali aventi forma giuridica diversa dalla sentenza, la contestuale presenza, nel loro contenuto e nella loro disciplina, dei caratteri della ‘decisorietà’ e della ‘definitività’ (cfr. Cass. n. 2755/2002; n. 5242/1997).

La decisorietà attiene al contenuto e postula la correlazione alla potestas iudicandi di una posizione di diritto soggettivo tale da far sì che la decisione del Giudice del merito sia, rispetto all’oggetto della pronuncia, vincolata e scevra da qualsivoglia connotazione di discrezionalità.

La definitività, invece, attiene alla disciplina e postula l’immodificabilità della decisione da parte del Giudice che l’ha emanata. Si tratta, pertanto, dell’attitudine al giudicato formale e sostanziale, sì che la decisione assunta sia idonea ad assurgere a canone incontrovertibile di regolamentazione della situazione addotta alla vincolata cognizione del Giudice.

Così delineato il dibattito interpretativo, la Suprema Corte reputa che il decreto con il quale il Tribunale, in composizione collegiale, rigetta il reclamo esperito avverso il decreto con cui il Tribunale, in composizione monocratica, abbia denegato, ex art. 12 bis, 3 co. l. n. 3/2012, l’omologazione del piano del consumatore, abbia il carattere della:

decisorietà: poiché il Tribunale è vincolato a decidere in ordine al diritto soggettivo del consumatore a conseguire la regolamentazione della sua situazione di sovraindebitamento alle condizioni offerte nel piano, ben vero qualora ne sussistano – a giudizio del Tribunale – i presupposti di legge;

definitività: dal momento che la decisione assunta è idonea ad assurgere a canone incontrovertibile di regolamentazione – pur in negativo, in caso di diniego di omologazione – dell’addotta situazione di sovraindebitamento, anche se esclusivamente in relazione alle specifiche e puntuali condizioni prefigurate ed offerte nel piano.

La Corte osserva, inoltre, che la definitività si prospetta “rebus sic stantibus“, ossia esclusivamente in rapporto alle condizioni che il consumatore ha offerto nel piano. Ciò poiché si ritiene che siano le condizioni che il consumatore ha interesse a far assurgere a “regula” incontrovertibile del suo sovraindebitamento (cfr. Cass. sez. un. n. 32359/2018, secondo cui i provvedimenti “de potestate“, emessi dal Giudice minorile ex artt. 330 e 333 c.c., hanno attitudine al giudicato “rebus sic stantibus“, infatti non sono revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, il decreto della Corte di Appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti, è impugnabile ex art. 111, 7 co., Cost.; cfr. Cass., ord. n. 1668/2020).

Così ripercorso il dibattito, la Corte ha concluso per l’ammissibilità del ricorso ed è passata all’esame dei motivi di impugnazione.

Il primo motivo di ricorso ha offerto alla Suprema Corte l’opportunità di puntualizzare la connotazione causale del piano del consumatore.

La Corte evidenziato che il piano del consumatore è un negozio giuridico unilaterale a contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.)  con una precisa e tipica connotazione causale.

Il piano deve ambire, contestualmente, alla duplice finalità: ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti. La finalità è mediata dal giudizio di convenienza ex art. 12 bis 4 co. L. n. 3/2012 , previsto per temperare la deroga al principio secondo il quale le modifiche contrattuali postulano il concorso delle volontà di tutti i contraenti. Inoltre, si evidenzia che ai sensi dell’art. 8 1 co. L. n. 3/2012, la finalità può essere perseguita attraverso qualsiasi forma, anche mediante la cessione dei crediti futuri.

È innegabile, secondo la Suprema Corte, che la sola finalità della ristrutturazione, da intendersi come rimodulazione di pregressi impegni obbligatori del consumatore, non è sufficiente; dal momento che deve imprescindibilmente coniugarsi con la finalità della soddisfazione dei creditori.

Ciò posto, la Corte ha chiarito che il Tribunale, in sede di esame per l’omologazione, deve riscontrare che il piano proposto dal consumatore sia idoneo ad assolvere concretamente la propria funzione causale, ovvero che il piano sia giuridicamente fattibile (la Corte qui ha richiamato la Cass. n. 11522/2020, pronuncia in tema di concordato preventivo, secondo cui la distinzione tra fattibilità giuridica ed economica postula che il sindacato

del tribunale riferito alla prima appuri la non incompatibilità del piano con norme inderogabili, mentre quello relativo alla seconda si incentri sulla realizzabilità del piano nei limiti della verifica della sua eventuale manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati).

La Corte ha evidenziato la correttezza del rilievo operato dal Tribunale di Cosenza che ha acclarato il difetto di causa concreta nel piano proposto dal consumatore ai suoi creditori.

Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che l’esame del Tribunale circa la capacità del piano di assolvere concretamente la funzione causale che –astrattamente e inderogabilmente- gli è propria, si risolve in un giudizio di fatto censurabile ex art. 360 1 co. n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Pertanto, è da escludere che la valutazione del Tribunale di Cosenza circa l’esiguità della percentuale di soddisfazione del creditori che determina l’insussistenza della causa concreta del piano del consumatore oggetto di esame, possa configurare un’anomalia motivazionale del provvedimento.

Così ricostruito il tema, la Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso.

Il secondo motivo di ricorso ha offerto alla Corte lo spunto per alcuni chiarimenti circa la conversione del piano del consumatore.

La Corte ha chiarito, innanzitutto, che l’art. 14 quater l. n. 3/2012 tratta della conversione della procedura di composizione in liquidazione. Presupposti di tale conversione sono: a) la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore in correlazione con l’evenienza in cui sia stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, o sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo o dolosamente simulate attività inesistenti (art. 14 bis 2 co. l. n. 3/2012); b) la revoca e la cessazione di diritto dell’efficacia dell’omologazione del piano del consumatore in correlazione con l’evenienza in cui il debitore non abbia eseguito integralmente entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e con l’evenienza in cui risultino compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (art. 11 5 co. l. n. 3/2012); c) la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore in correlazione con l’evenienza in cui il proponente non abbia adempiuto agli obblighi derivanti dal piano, non abbia costituito le garanzie promesse, abbia reso impossibile l’esecuzione del piano (art. 14 bis 2 co. l. n. 3/2012).

Secondo la Suprema Corte, è evidente che le ipotesi di conversione in liquidazione contemplate dall’art. 14 quater l. n. 3/2012 presuppongono che il piano sia stato omologato.

La specificità e la peculiarità dei presupposti, ostano all’estrapolazione di un principio di favor alla conversione tout court del piano in accordo.

È parere della Corte che non possa essere addotta a sostegno della conversione da piano in accordo prospettata dal ricorrente, neppure la previsione ex art. 7 2 co. lett. b l. n. 3/2012.

La proposta di accordo o di piano sono riproponibili anche prima del decorso dei 5 anni previsto ex art. 7 2 co. lett. b l. n. 3/2012, il termine preclusivo opera nella sola ipotesi in cui il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili ad una procedura della stessa natura (cfr. Cass., ord., n. 30534/2018).

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