Pensione di reversibilità: suddivisione equa e bilanciamento degli interessi tra coniuge divorziato e coniuge del defunto
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I ordinanza del 05/03/2025 n. 5839
Quota pensione di reversibilità (art. 9 L. n. 898/1970)
Massima: “In tema di determinazione della quota di pensione di reversibilità all’ex coniuge divorziato ai sensi dell’art. 9 L. n. 898/1970, il giudice non deve ripartire il trattamento pensionistico solo sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, ma anche considerando ulteriori elementi, quali l’entità dell’assegno riconosciuto al coniuge divorziato, le condizioni economiche e tutti gli elementi in fatto per un’equa suddivisione fra gli aventi diritto”.
CASO
L’ex moglie divorziata titolare di assegno divorzile agisce in giudizio contro la coniuge del defunto e l’INPS chiedendo che le venga riconosciuto l’80% della pensione di reversibilità e comunque una somma non inferiore all’attuale assegno divorzile di 315 euro. La quota era giustificata in relazione al criterio della durata dei due matrimoni: quello della ex moglie di 39 anni e quello della seconda moglie di soli 5 anni.
La ricorrente, oltre all’assegno divorzile, percepiva una sua pensione di 650 euro mensili, mentre la seconda moglie non lavorava ed era priva di reddito ma era notevolmente più giovane (56 anni contro i 69 anni della ex moglie) ed aveva ereditato parte del patrimonio del defunto.
Il Tribunale di Bergamo attribuiva all’ex coniuge il 70% della pensione di reversibilità erogata dall’INPS, e alla coniuge superstite la quota del 30% della stessa, ordinando all’INPS di corrispondere quanto dovuto a ciascuna con decorrenza dal mese successivo a quello del decesso del titolare del trattamento pensionistico.
La seconda moglie propone appello contro la decisione, ma la Corte respinge la domanda in considerazione del fatto che il criterio della durata dei matrimoni è da considerarsi sempre l’elemento preponderante. Anche se con l’attribuzione della quota del 70% la somma percepita dalla ex moglie superava l’ammontare dell’assegno divorzile, ciò non era un ostacolo avendo la recente giurisprudenza di legittimità stabilito che le somme di cui all’assegno di divorzio non costituiscono un limite legale nella determinazione della quota da assegnare.
La moglie del defunto ricorre in Cassazione la quale accoglie il ricorso e rinvia alla Corte per una nuova decisione di merito.
SOLUZIONE E PERCORSO ARGOMENTATIVO
La ricorrente ha dedotto che la Corte d’Appello non ha tenuto conto che la quota di pensione a lei assegnata è del tutto insufficiente per le più basilari esigenze di vita rispetto all’ex moglie, che ha conseguito, invece, una quota di pensione di reversibilità del tutto sproporzionata rispetto all’assegno di divorzio in precedenza goduto, violando così i principi di equità alla base dell’istituto. Le risultanze della decisione avrebbero portato l‘ex moglie a percepire 1.200 euro e la moglie attuale a percepire 575 euro mensili.
La norma di riferimento prevede che se esiste un coniuge superstite che ha i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal Tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno divorzile (art. 9 legge 898/1970).
La giurisprudenza, anche grazie all’intervento della Corte Costituzionale già nel 1999, ha interpretato la norma nel senso che la durata dei rispettivi matrimoni non sia l’unico criterio utilizzabile nell’apprezzamento del giudice, la cui valutazione non si riduce ad un semplice calcolo aritmetico.
Se il criterio fosse automatico il legislatore non avrebbe previsto l’intervento del Tribunale per una decisione priva di elementi valutativi e la ripartizione potrebbe essere effettuata direttamente dall’ente che eroga la pensione.
La Cassazione spiega che il trattamento di reversibilità è collegato al presupposto solidaristico finalizzato al proseguimento del sostegno economico in favore dell’ex coniuge e si giustifica con le stesse ragioni che giustificavano il sostegno economico dell’assegno di divorzio.
Tuttavia, il quantum, in caso di concorso con il diritto del coniuge superstite, deve essere determinato sulla base della verifica giudiziale, diretta ad accertare gli elementi in fatto che conducono a una ripartizione equa fra gli aventi diritto (Cass. Civ. S.U. n. 22434 del 24/09/2018).
La Corte di merito al contrario non ha valutato tali elementi ne ha perseguito il bilanciamento degli interessi degli aventi diritto, ritendo erroneamente il criterio della durata del matrimonio prevalente.
QUESTIONI
La rilevanza della convivenza prematrimoniale nella ripartizione delle quote.
Un altro elemento che secondo un’interpretazione corretta delle norme deve essere tenuto in considerazione è la convivenza prematrimoniale della coppia ai fini del computo della durata dei matrimoni. Se il coniuge interessato dimostra la stabilità, la comunione di vita e l’esercizio di diritti e doveri caratterizzati da reciprocità, precedenti al proprio matrimonio con il de cuius, gli anni della convivenza si sommano a quelli del matrimonio (Cass. Civ. n. 5298/2020).
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia