6 Settembre 2022

Pensione di reversibilità: per la suddivisione tra ex coniugi non si calcola solo la durata del matrimonio

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza del 25 agosto 2022 n. 25369

Pensione di reversibilità – Concorso tra coniuge superstite ed ex coniuge

(art. 9 comma III-legge 898/1970)

Massima: “La suddivisione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche considerando ulteriori elementi, collegati alla finalità solidaristica dell’istituto, quali l’entità dell’assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le condizioni economiche degli aventi diritto”.

CASO

Il Tribunale di Ravenna – con sentenza del 2008 – ha attribuito alla ex moglie divorziata titolare di assegno divorzile e non passata a nuove nozze, il 50 % della pensione di reversibilità dell’ex marito, in concorso con il coniuge superstite.

I giudici avevano fondato la decisione sulla base della effettiva durata dei due matrimoni che risultava quasi equivalente.

Entrambe le parti appellavano la sentenza: l’ex coniuge divorziato per ottenere il riconoscimento dell’attribuzione con decorrenza dalla data del decesso, e la seconda moglie per contestare nel merito l’entità della percentuale di pensione attribuita alla ex.

La Corte d’Appello di Bologna riduceva la percentuale riconosciuta all’ex coniuge dal 50% al 5%, ritenendo prevalente rispetto al criterio della durata del matrimonio, quello della condizione economica delle parti.

La prima moglie ricorre in Cassazione e la vicenda viene definita con una prima decisione del 2014, con la quale la sentenza è cassata con rinvio alla Corte territoriale.

Secondo la Cassazione, discostandosi dal criterio della durata dei rispettivi matrimoni, la Corte non avrebbe potuto far riferimento genericamente alla situazione patrimoniale della ricorrente, senza compararla con quella della seconda moglie.

La Corte specificò che il riferimento all’assegno di divorzio non può costituire un parametro generale e astratto idoneo a sostituire quello della durata del matrimonio, o essere considerato un antecedente vincolante nella determinazione della quota della pensione di reversibilità.

In altre parole, non è consentito al giudice individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione della legge in tal senso.

Nel 2016, la Corte d’Appello in sede di rinvio, tenuto conto della durata dei matrimoni, dell’età e delle condizioni economiche delle parti, ha assegnato alla prima moglie la percentuale del 25% della pensione di reversibilità.

Anche questa sentenza è stata impugnata dal coniuge superstite.

Soluzione della Cassazione: il contemperamento dei due criteri della durata dei matrimoni e delle condizioni economiche delle parti

Nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Cassazione ha ribadito il principio seguito attualmente dalla giurisprudenza e correttamente applicato dalla Corte d’Appello di Bologna.

La ripartizione della pensione di reversibilità o dell’indennità di fine rapporto tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche considerando ulteriori elementi, collegati alla finalità solidaristica dell’istituto e individuati dalla giurisprudenza, quali le somme versate a titolo di assegno al coniuge divorziato e le condizioni economiche delle parti, tenendo conto anche delle rispettive convivenze stabili (Cass. Civ. n. 21247/2021).

Questioni: principi e interpretazione corrente della norma

Dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 419 del 1999, la giurisprudenza ritiene che il criterio legale della durata dei matrimoni individuato dal 3° comma dell’art. 9 Legge div. debba essere necessariamente contemperato dagli altri parametri che la norma testualmente non prevede.

L’utilizzo del solo criterio temporale potrebbe portare a situazioni di ingiustizia, privando delle risorse necessarie il coniuge superstite che venga a trovarsi in stato di bisogno, mentre l’ex coniuge potrebbe beneficiare di un trattamento superiore allo stesso assegno di divorzio.

Inoltre, secondo la recente interpretazione della norma, la convivenza “more uxorio” non ha una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, ma un distinto e autonomo rilievo giuridico, in presenza di stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale (Cass. Civ. n. 5268/2020 e Cass. Civ. n. 8263/2020).

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Nuovo processo per le famiglie e per i minori