I patti in frode alla legge nel contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo estendibili anche al terzo
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “In materia di contratti di locazione di immobili urbani destinati ad uso non abitativo, la L. n. 392 del 1978 consente ai contraenti di determinare liberamente il canone iniziale ma vieta al locatore di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”, che non trovino alcuna giustificazione nel sinallagma contrattuale, con la conseguenza che il relativo patto è nullo ai sensi dell’art. 79 della citata legge perché diretto ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni in materia, anche se stipulato dal locatore non con il conduttore, ma con un terzo, il quale, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c., potrà far valere la suddetta nullità e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, purché sia accertato un collegamento tra l’accordo e il contratto di locazione, nel senso che la conclusione di quest’ultimo sia condizionata all’attribuzione patrimoniale non giustificata ad altro titolo”.
CASO
La Società Alfa (conduttore principale) e Tizio (terzo) convenivano in giudizio Caio e Sempronia (locatori) affinché gli stessi venissero condannati a restituire la somma di Euro 120.064,00 versata quale diritto di “buona entrata” per la locazione di un appezzamento di terreno sito nel comune di Caserta e dell’annesso locale deposito, in occasione della stipulazione del contratto locazione commerciale o, in subordine, che tale somma venisse posta in compensazione con il credito vantato dai locatori convenuti per i canoni mensili dovuti per i mesi successivi alla notifica della domanda giudiziale.
Secondo quanto dichiarato dai locatori convenuti, detta somma veniva versata personalmente da Tizio tramite dieci assegni a lui intestati e girati a Sempronia in occasione della successiva stipulazione del contratto di locazione tra la Società Alfa, che all’epoca del versamento non era ancora stata costituita, e i locatori Caio e Sempronia.
La stipulazione del suddetto contratto era stata preceduta da un preliminare di locazione per persona da nominare e solo con l’electio amici, Alfa era stata indicata come parte del contratto di locazione.
La controversia, pertanto, verteva sulla legittimazione all’esercizio dell’azione di restituzione in capo al terzo Tizio ovvero al conduttore Società Alfa, posto che in tal caso, occorreva prendere atto della cessazione della materia del contendere, dato che Alfa era stata cancellata dal registro delle imprese e quindi presumendo avesse rinunciato alla domanda risarcitoria.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riteneva il terzo Tizio legittimato ad agire, poiché l’accordo in base al quale era stato effettuato quel pagamento doveva ritenersi collegato al contratto di locazione intercorso tra i locatori-convenuti e la Società Alfa e perché la ripetizione dell’indebito oggettivo può essere chiesta dal soggetto cui è legalmente ascrivibile il pagamento.
Proposto gravame, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione del giudice di prime cure aggiungendo che la giurisprudenza di legittimità, quando sanziona con la nullità i patti contrari alla legge, indica il conduttore quale soggetto legittimato ad agire, solo perché, solitamente, il pagamento indebito avviene in fase di esecuzione di un contratto di locazione, con ciò non escludendo una differente legittimazione del terzo, come nella fattispecie in questione.
La legittimazione del terzo a desumere la nullità delle pattuizioni in contrasto con le disposizioni della L. n. 392 del 1978 è soggetta alla dimostrazione della sussistenza di un suo interesse cocnreto, che nel caso di specie era certamente presente dato il collegamento tra la pattuizione colpita da nullità e il contratto di locazione.
Dunque, la Corte territoriale precisava che, diversamente da quanto ritenuto dai locatori-convenuti, attribuire al terzo, in presenza delle condizioni indicate, la facoltà di agire per far valere la nullità della pattuizione volta ad ottenere il pagamento della “buona entrata” non significa farlo diventare parte del contratto di locazione.
Caio e Sempronia, conseguentemente, proponevano ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, mentre Mevia, Filana e Calpurnia in qualità di eredi di Tizio nonché ex soci della società Alfa resistevano con controricorso.
SOLUZIONE
La Corte di cassazione rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte controricorrente.
QUESTIONI
Con la prima e unica doglianza i ricorrenti lamentavano la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 79, dell’art. 2033 c.c., e dell’art. 1401 e ss. c.c., poiché la sentenza impugnata riteneva sussistente la legittimazione di Tizio alla ripetizione delle somme pagate a titolo di “buona entrata” per la stipula del contratto di locazione.
In particolare, i ricorrenti ritenevano che la sentenza errava nel non tener conto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’azione di ripetizione ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 79, si differenzia dalla comune azione di ripetizione dell’indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, con la conseguenza che la relativa legittimazione attiva spetta unicamente al conduttore, anche se il pagamento sia stato effettuato da un terzo.
Il giudice di seconde cure, poi, avrebbe considerato Tizio quale soggetto terzo rispetto al contratto di locazione: egli, al contrario, avendo pagato l’importo a titolo di buona entrata in favore dei locatori, aveva trasferito ad un soggetto nuovo, attraverso l’electio amici, tutti gli obblighi, gli oneri e i diritti derivanti dal contratto di locazione e da tutti i patti e gli accordi ad esso connessi.
I ricorrenti, infine, asserivano come il provvedimento della Corte napoletana avrebbe individuato la fonte della ripetizione nella nullità di un accordo diverso dal contratto di locazione, benché allo stesso collegato, che aveva fatto nascere diritti ed obblighi in capo alla Società Alfa in conseguenza dell’electio amici.
I giudici di legittimità condividevano pienamente la decisione della corte d’appello campana, poiché il patto in questione – con versamento di una somma “in nero” – è nullo sensi dell’art. 79 della L. n. 392/1978 perché diretto ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni in materia, anche se stipulato dal locatore non con il conduttore ma con un terzo.
In ogni caso, come ha sottolineato la Cassazione, il terzo non parte del rapporto di locazione può, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c., far valere la nullità del patto e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, purché sia accertato un collegamento tra l’accordo e il contratto di locazione, la cui conclusione è condizionata alla attribuzione patrimoniale non giustificata ad altro titolo.
In riferimento, poi, all’asserita assenza di un collegamento tra il patto di buona entrata e il contratto di locazione, i giudici di Piazza Cavour confermavano, al contrario, quanto ritenuto già dal giudice di prime cure e cioè la sussistenza di una connessione tra la pattuizione relativa al pagamento della buona entrata e il contratto di locazione.
Orbene, ai sensi dell’art. 79 della L. 392/1978, è nullo ogni patto volto a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dalla legge ovvero ad attribuirgli qualsivoglia vantaggio in contrasto con le disposizioni normative.
I Giudici di legittimità si erano già pronunciati in merito a tale precetto normativo confermando la nullità del patto attraverso il quale le parti di un contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo concordino un canone superiore rispetto a quello dichiarato. In ogni caso, detta nullità vitiatur sed non vitiat, pertanto, solamente l’accordo sarà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione[1].
Così stabilito, di conseguenza, in materia di contratti di locazione di immobili urbani destinati ad uso non abitativo, la suddetta norma consente ai contraenti la libera determinazione del canone iniziale e vieta al locatore di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”.
Pertanto, il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla succitata norma.
Tale principio, come sostiene anche la Corte di cassazione, è applicabile anche al caso di patto stipulato dal locatore con un terzo, il quale, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c. potrà far valere la nullità dell’accordo e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, stante, in ogni caso, un collegamento tra l’accordo e il contratto di locazione.
[1] Cass., SS. UU., Sent. n. 23601/2017.
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