Patrocinio a spese dello Stato e contestazione delle spese di lite
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 18 maggio 2023, n. 13666, Pres. Frasca – Est. Saija
[1] Patrocinio a spese dello Stato – Condanna alle spese in favore della parte ammessa al beneficio – Liquidazione in misura superiore rispetto agli importi erogabili dallo Stato in favore della medesima parte – Contestazione di tale quantificazione – Inammissibilità – Fondamento
“La parte non ammessa al patrocinio a spese dello Stato che sia stata condannata, all’esito del giudizio, al pagamento delle spese di lite direttamente in favore della parte ammessa al beneficio non può contestarne la quantificazione, sul presupposto che l’Erario erogherebbe alla parte beneficiata un importo inferiore a quello liquidato, giusta la disposizione degli artt. 82 e 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, attesa l’indipendenza dei due rapporti rispettivamente esistenti, il primo, tra le parti del giudizio e regolato dalla sentenza che lo conclude, ed il secondo, tra la parte ammessa al beneficio e lo Stato, disciplinato dal citato decreto e caratterizzato dal diritto di rivalsa, esercitabile dall’Erario nelle forme e nei casi di cui ai successivi artt. 133 e 134”.
CASO
[1] La vicenda giunta all’attenzione della Suprema Corte trae origine dall’opposizione allo sfratto per morosità proposta da una s.n.c. nei confronti dei due soggetti intimanti.
La medesima s.n.c. proponeva altresì azione di mero accertamento per la determinazione del canone effettivamente dovuto.
L’adito Tribunale di Napoli, disposto il mutamento del rito ai sensi dell’art. 447-bis c.p.c. e riuniti i due giudizi, rigettava la domanda di risoluzione del contratto di locazione per morosità e, in parziale accoglimento della domanda di accertamento, determinava il canone mensile dovuto.
La Corte d’Appello di Napoli, all’esito del giudizio di seconde cure, confermava la sentenza di primo grado compensando le spese.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la s.n.c., sfociato nella cassazione con rinvio per difetto di motivazione.
Il giudizio veniva così riassunto davanti alla Corte d’Appello di Napoli, la quale, in parziale accoglimento dell’appello della s.n.c., accoglieva la domanda riconvenzionale della stessa determinando il canone di locazione e disponeva la condanna delle controparti alla rifusione dei 3/4 delle spese giudiziali dell’intero giudizio in favore della s.n.c. medesima.
Avverso tale sentenza, ricorreva nuovamente per cassazione uno dei soggetti intimanti lo sfratto, censurando, per quanto di interesse ai fini del presente commento, violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 130 e 227-ter del d.P.R. n. 115/2002, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., per non avere la Corte d’appello tenuto conto che la parte vittoriosa era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sicché la liquidazione delle spese avrebbe dovuto essere dimidiata, mentre la dichiarazione di anticipazione fatta dal difensore avrebbe dovuto considerarsi senza effetto.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile il motivo di ricorso proposto, per violazione dell’art. 366, 1°co., n. 6), c.p.c.
In particolare, la Suprema Corte rileva come la ricorrente abbia indicato la produzione avversaria inerente all’avvenuta ammissione al patrocinio a spese dello Stato – che sarebbe avvenuta due giorni prima della lettura del dispositivo -, ma non abbia provveduto ad adeguatamente documentare tale circostanza.
La ricorrente avrebbe invece dovuto produrre la documentazione comprovante l’avvenuto deposito, del quale nemmeno sono state indicate le formalità.
Inoltre, e in ogni caso, la Corte d’Appello aveva affermato che il patrocinio a spese dello Stato disposto in favore della s.n.c. era stato revocato, e sul punto la ricorrente non aveva argomentato alcunché.
Conseguentemente, il ricorso viene rigettato, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente.
QUESTIONI
[1] La questione sostanziale sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, di fatto, non è stata oggetto di decisione, in quanto ragioni di inammissibilità del ricorso proposto ne hanno imposto il rigetto prima di poter scendere nell’esame del merito.
Si trattava, in particolare, della possibilità di contestare il quantum delle spese liquidate dalla Corte di merito, in considerazione del fatto che la controparte era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
L’inammissibilità di tale censura è stata argomentata sulla base dell’art. 366, 1°co., n. 6), c.p.c., nella versione ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, a mente del quale «Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità […] la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda».
È senz’altro utile ricordare come la riforma Cartabia (d.l.gs. 10 ottobre 2022, n. 149) sia intervenuta a modificare tale norma, richiedendo, più puntualmente, che il ricorso per cassazione proposto contenga «la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi».
Ora, nel caso di specie, per quanto ci è dato apprendere dal testo del provvedimento in commento, la ricorrente si era limitata a indicare la circostanza per cui la controparte era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ma aveva omesso – in violazione del c.d. principio di autosufficienza del ricorso – di produrre la documentazione attestante tale circostanza, e posta a fondamento del motivo di ricorso proposto.
Conseguentemente, sembra corretta e ineccepibile la decisione di inammissibilità assunta dal Supremo Collegio.
Scendendo comunque nell’esame del merito della quesitone avanzata, essa si fonda sostanzialmente sulla disciplina contenuta nell’art. 130 del d.p.r. n. 115/2002, dov’è previsto, per il caso di avvenuta ammissione all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che «gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà [corsivo nostro]». Su tale disciplina, dunque, si basava la richiesta di parte ricorrente, di rideterminare la condanna al pagamento delle spese del giudizio intervenuta.
Sul punto, è però possibile richiamare il recente arresto di Cass., n. 18223/2020, la quale ha chiarito che “la parte non ammessa al patrocinio spese dello Stato che sia stata condannata, all’esito del giudizio, al pagamento delle spese di lite direttamente in favore della parte ammessa al beneficio non può contestarne la quantificazione, sul presupposto che l’Erario erogherebbe alla parte beneficiata un importo inferiore a quello liquidato, giusta la disposizione degli artt. 82 e 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, attesa l’indipendenza dei due rapporti rispettivamente esistenti, il primo, tra le parti del giudizio e regolato dalla sentenza che lo conclude, e il secondo, tra la parte ammessa al beneficio e lo Stato, disciplinato dal citato decreto e caratterizzato dal diritto di rivalsa, esercitabile dall’Erario nelle forme e nei casi di cui ai successivi artt. 133 e 134”.
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