Passaggio di consegne: anticipazioni dell’ex amministratore per conto del condominio
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCondominio – Amministratore – Anticipazioni dell’amministratore – Assenza prova delle spese – Rimborso negato.
“L’amministratore è un mandatario dei condomini e, come tale, ha diritto di ottenere dai propri mandanti i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni conseguenti. Ha inoltre il diritto di essere rimborsato delle anticipazioni da lui effettuate in esecuzione dell’incarico qualora, proprio per eseguire il mandato, vi provveda non già con la provvista fornitagli dai condomini ma con denaro proprio. In tal caso, ha il diritto di rivalersi sul mandante condominio per recuperare tali somme solo se fornisce una precisa prova degli esborsi eseguiti, presentando documenti contabili redatti e tenuti con precisione e accuratezza tali da rendere possibile per i condomini la comprensione delle voci di entrata e di uscita, consentendo di stabilire se egli abbia o meno operato in accordo ai criteri di buona amministrazione. Per provare il credito non sono sufficienti né il verbale di consegna della documentazione al nuovo amministratore da questi accettato senza precise riserve, né, tanto meno, i rendiconti consuntivi approvati dall’assemblea.”
“In tema di condominio, il potere di rappresentanza “ex mandato” che lega l’amministratore al condominio è contenuto nei limiti delle attribuzioni indicate dall’art. 1130 c.c., limiti che possono essere superati solo se il regolamento di condominio o l’assemblea gli conferiscano maggiori poteri. Non rientra, quindi, tra le attribuzioni dell’amministratore del condominio, quale organo di rappresentanza dell’ente di gestione deputato all’ordinaria amministrazione dei beni comuni, il potere di effettuare una ricognizione di debito che inevitabilmente si riflette sulla sfera giuridico-patrimoniale dei singoli condòmini, senza apposita autorizzazione assembleare.”
CASO
L’ex amministratore del Condominio Alfa evocava in giudizio il Condominio, avanti al Tribunale di Roma, assumendo di essere stato amministratore e che nel corso del proprio mandato aveva anticipato somme di denaro a favore del Condominio medesimo, traendole dai propri conti correnti personali, chiedendone il rimborso.
All’uopo deduceva altresì che il debito era stato riconosciuto al termine del proprio mandato, mediante la sottoscrizione del verbale di passaggio di consegne e con l’approvazione del rendiconto (“bilancio globale”), da parte dell’assemblea.
Parimenti esponeva di aver rappresentato al condominio di non essere più in possesso di tutta la documentazione contabile del condominio, giacché la stessa gli veniva sottratta in occasione di un furto subito nella propria abitazione anni addietro.
Il condominio convenuto si costituiva eccependo che uno dei condomini aveva impugnato le delibere di approvazione dei rendiconti, pertanto le dedotte impugnazione risultavano pregiudiziali rispetto alla presente controversia concludendo comunque per il rigetto della domanda dell’attore, in quanto sfornita di prova.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Roma, rigettava la domanda di ripetizione delle somme anticipate dall’ex amministratore per le ragioni che seguono e senza tenere conto delle pregiudizialità e lo condannava alla refusione delle spese di lite, in favore del condominio convenuto.
QUESTIONI
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale l’amministratore di condominio, configura un ufficio di diritto privato assimilabile, pur con tratti distintivi, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra esso e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato[1].
L’amministratore di condominio, quale mandatario, nei limiti delle attribuzioni di cui all’art. 1130 c.c., ha diritto di ottenere dai propri mandanti, ovvero dai condomini, i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, per l’adempimento delle nascenti obbligazioni.
Nel medesimo senso, nei rapporti tra l’amministratore e i singoli condomini, si applica pacificamente quanto prescritto dall’art. 1720 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nell’esecuzione dell’incarico.
Facendo appello al rapporto di mandato, la Suprema Corte di Cassazione, con la succitata sentenza n. 19348/2005, ha sottolineato il principio in base al quale va riconosciuto all’amministratore, anche se cessato dall’incarico, il diritto di proporre azione per il recupero delle somme nell’interesse del condominio nel corso della sua gestione[2]. La mera cessazione dall’incarico dell’amministratore non determina alcun mutamento della natura della responsabilità del singolo condomino, la quale, val la pena aggiungere, risponde personalmente nella misura della propria quota.
Al fine della ripetizione delle somme anticipate, però, è necessario che lo stesso amministratore fornisca prova ‘certa’ degli esborsi sostenuti, mediante la presentazione di documenti contabili “redatti e tenuti con precisione e accuratezza”, secondo i dettami di legge.
Nel caso in commento, l’ex amministratore per provare l’asserito credito vantato nei confronti del condominio convenuto, produceva esclusivamente il verbale di consegna della documentazione in suo possesso al nuovo amministratore, taluni documenti contabili ed alcune delibere approvative di bilanci di esercizi precedenti.
Ebbene, premettendo l’assoluta e logica irrilevanza probatoria dei dati contabili redatti unilateralmente dell’amministratore, a ben vedere del giudice romano, anche il verbale di consegna prodotto dall’attore, non aveva consistenza alcuna sul “banco delle prove”, atteso che il riconoscimento di debito implica necessariamente, che chi lo effettui abbia “la disponibilità della vicenda giuridica cui si riferisce”. Dunque, trattandosi di un Condominio, senza una riconosciuta autonoma personalità giuridica ed autonomia patrimoniale perfetta[3], esclusivamente l’organo assembleare può validamente effettuare “una ricognizione di debito, che, peraltro, deve essere espressa e chiaramente indirizzata al creditore”. Difatti, fermo orientamento in materia esclude che il nuovo amministratore possa approvare incassi e spese condominiali risultanti dai prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore qualora e se non autorizzato dai partecipanti alla comunione[4].
La sottoscrizione da parte del nuovo amministratore in calce al verbale di passaggio delle consegne, dunque, vale come mera ricevuta della documentazione e non certo come riconoscimento di debito in danno del condominio, pertanto l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini, spettando invece all’assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore[5].
Allo stesso modo, le delibere condominiali, analogamente ad ogni atto espressione dell’autonomia negoziale, producono i loro effetti esclusivamente nella sfera giuridica delle parti, che nel caso in rassegna si identificano con i condomini, giammai potendo incidere nei confronti dei terzi. Rivestendo quindi l’ex amministratore la qualità di terzo, non può invocare tout court l’efficacia e la vincolatività delle delibere in suo favore e configurarla su tale assunto quale fonte del suo credito a titolo di anticipazioni. Né tantomeno, la delibera di approvazione di un bilancio, al pari del verbale di consegna della documentazione al nuovo amministratore, può assumere la valenza di una ricognizione di debito ex art.1988 c.c. in quanto quest’ultima “è una dichiarazione unilaterale recettizia che non può pertanto essere invocata da colui che, pur in possesso del documento, non risulti esserne il destinatario.”
Le anzidette delibere possono costituire eventuali atti di riconoscimento di debito solo laddove l’assemblea abbia espressamente approvato tutti i bilanci consuntivi anno per anno, portati alla sua approvazione dall’amministratore nel corso del mandato e nei quali sia stata chiaramente inserita una voce a titolo di ‘anticipi amministratore’, non potendo, in caso contrario, ritenersi provato il relativo credito[6].
In assenza di una regolare contabilità e della predisposizione ed approvazione dei rendiconti annuali, la prova del credito può essere desunta dalla sola determinazione dell’ammontare complessivo dei versamenti effettuati dai condomini e dalle uscite per spese condominiali con relativi documenti giustificativi[7]. Dunque, l’amministratore non può apoditticamente limitarsi a provare la fonte del credito in base ai principi in tema di responsabilità contrattuale in quanto, alla luce dell’art. 1130 c.c., le anticipazioni delle spese da esso sostenute, come ogni posta passiva, devono risultare dal rendiconto consuntivo, redatto secondo i principi della specificità ed idoneo a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da renderne possibile l’approvazione da parte dell’assemblea.
Nel caso in rassegna, l’ex amministratore non produceva in atti alcuna anzidetta e necessaria documentazione volta ad avvalorare la domanda avanzata ed anzi adduceva, a sua discolpa, che l’incartamento gli fosse stato sottratto in occasione di un furto subito anni addietro, nella propria abitazione. Attestata, dunque, la mancanza della documentazione utile al riscontro dell’asserito credito vantato dall’attore, nonché l’assenza di una completa ed affidabile documentazione contabile del condominio – si sottolinea, che l’approvazione di un rendiconto con disavanzo, non implica deduttivamente che la differenza sia stata versata dall’amministratore con danaro proprio o che questi sia automaticamente creditore del condominio per l’importo corrispondente – la Curia romana dichiarava inammissibile la domanda di ripetizione delle somme avanzata dall’ex amministratore, tenuto conto delle esigenze probatorie ex articolo 2721 c.c., peraltro in assenza di alcuna evidenza in ordine al ‘passaggio di danaro’[8] fra il patrimonio dell’amministratore e quello del condominio convenuto.
[1] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 16 agosto 2000 n. 10815.
[2] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 7 settembre 1996 n. 8159; Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 12 febbraio 1997 n. 1286.
[3] Neppure a seguito della riforma L.220/12; il Condominio è rimasto qualificato come “Ente di gestione”.
[4] Corte di Cassazione, Sezione 2 , Civile, Sentenza del 4 giugno 1999 n. 5449.
[5] Cfr. Corte di Cassazione , Sezione 2 , Civile, Sentenza del 28 maggio 2012 n. 8498.
[6] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 12 febbraio 1997 n. 1286.
[7] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 14 febbraio 2017 n. 3892; Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 30 marzo 2006 n. 7498.
[8] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 9 maggio 2011 n. 10153.