Opposizioni esecutive, impugnazioni e principio di apparenza
di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDFMassima: Ai fini dell’operatività del cd. principio dell’apparenza, è necessario che il giudice a quo abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta e non abbia compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione meramente generica, con la conseguenza che, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizioni esecutive, la medesima è impugnabile con appello, se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione, mentre è esperibile il ricorso per cassazione, qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi.
CASO
A.A. impugnava un’intimazione di pagamento notificatagli per mancato pagamento di sanzione amministrativa, eccependo l’intervenuta prescrizione del credito, in difetto di atti interruttivi e l’omessa notifica dell’ordinanza del prefetto sottesa alla pretesa erariale.
Si costituivano la Prefettura di Bari, che eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione, e altresì l’Agenzia delle Entrate e Riscossione s.p.a., che contestava l’eccezione di prescrizione e produceva gli avvisi di ricevimento delle raccomandate per mezzo delle quali era stata effettuata la notifica.
L’adito Giudice di Pace, qualificando il ricorso come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., lo dichiarava inammissibile.
A.A. proponeva appello avverso il provvedimento del Giudice di Pace avanti al Tribunale di Trani. Quest’ultimo qualificava la domanda come opposizione ex art. 615 c.p.c., ma la rigettava comunque, non ritenendola meritevole di accoglimento, disattendendo l’eccezione di prescrizione e rigettando per tardività la doglianza relativa alla mancata notifica dell’ordinanza prefettizia.
A.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, trattata la causa in camera di consiglio ai sensi del nuovo art. 380-bis.1 c.p.c., decidendo sul ricorso, ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 382, co. 3, c.p.c., perché ha rilevato che l’appello, nella fattispecie, non era proponibile.
QUESTIONI
I motivi di ricorso proposti da A.A. sono i seguenti:
1) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 603 del 1972, art. 26, della l. n. 890 del 1982, art. 8, co. 4, nonché dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., perché il giudice d’appello avrebbe erroneamente applicato le suddette disposizioni;
2) violazione degli artt. 91, 92, 112 e 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 e 4 c.p.c., perché il Tribunale avrebbe riformato la statuizione sulle spese adottata in primo grado senza che l’Agenzia delle Entrate e la Prefettura, in sede di costituzione in appello ed in sede di precisazione delle conclusioni, avessero chiesto la condanna di A.A. al pagamento delle spese di lite del primo grado.
La Corte di Cassazione non ha esaminato i motivi di ricorso in quanto ha rilevato, preliminarmente, che l’appello non poteva essere proposto ed era pertanto inammissibile, in quanto la qualificazione come opposizione agli atti esecutivi operata dal Giudice di Pace avrebbe imposto l’impugnazione della sentenza di primo grado con ricorso per cassazione.
Al riguardo, la Suprema Corte ha osservato che l’identificazione del mezzo esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione effettuata dal giudice a quo, sia essa corretta o meno, ed a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti.
Ne consegue che, solo laddove si ritenga che il giudice a quo non abbia esercitato il potere di qualificazione, esso può essere legittimamente esercitato dal giudice ad quem, e ciò non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa dell’impugnazione (in questo senso Cass., 14.05.2007, n. 11012; Cass., 18.04.2005, n. 8006).
Infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’operatività del c.d. principio dell’apparenza, è necessario che il giudice a quo abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta e non abbia compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione meramente generica (tra le tante, da ultimo, Cass., 22.06.2016, n. 12872; Cass., 11.10.2017, n. 23901).
Con la conseguenza che, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizioni esecutive, la medesima è impugnabile con appello, se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione, mentre è esperibile il ricorso per cassazione qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi.
Nella fattispecie, secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata, il Giudice di Pace ha qualificato l’azione proposta come opposizione ex art. 617 c.p.c., cosicché avverso la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere proposto il ricorso per cassazione, e non l’appello, che deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile (ex multis: Cass., 10.12.2015, n. 24920; Cass., 15.10.2015, n. 20886).
La Corte ha osservato che l’inammissibilità dell’appello è rilevabile di ufficio in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 382, co. 3, c.p.c. e ciò comporta la cassazione senza rinvio della sentenza resa in esito a tale grado di lite (fra le tante, da ultimo, Cass., 11.10.2017, n. 23901, cit.; Cass., 08.05.2020, n. 8660), non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione.
In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, co. 3, c.p.c., perché il relativo giudizio non poteva essere iniziato, né proseguito, condannando il ricorrente al rimborso delle spese del grado di appello nei confronti di entrambe le controparti.
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