24 Maggio 2022

Opposizione tardiva ammissibile soltanto se il debitore ingiunto prova di non averne avuto tempestiva conoscenza a causa della notificazione nulla o irregolare del decreto ingiuntivo

di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, terza sez., 12 maggio 2022, n. 15175; Pres. Frasca; Rel. Scoditti.

Massima: “Ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di quella irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione”.

CASO

P.A. proponeva opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Latina in favore di R.D., di importo pari ad € 20.658,28, dovuti a titolo di anticipazioni effettuate da R.D. in favore di Ebron s.r.l.

L’opponente P.A. deduceva che il decreto ingiuntivo fosse stato notificato in data 4 dicembre 2009 presso un indirizzo dove egli non risiedeva più e, al riguardo, produceva il certificato anagrafico da cui risultava la residenza in altro luogo a partire dal 19 dicembre 2003. Produceva, inoltre, il contratto di comodato stipulato fra la moglie di lui, proprietaria dell’immobile, ed L.F., nonché il contratto di locazione del medesimo immobile con tale A.K.D.

P.A. sosteneva, quindi, di essere venuto a conoscenza dell’atto solo con la notifica del precetto avvenuta in data 14 maggio 2010 all’indirizzo effettivo.

Il Tribunale di Latina rigettava l’opposizione, osservando che P.A. avrebbe potuto avere conoscenza tempestiva della notifica del decreto ingiuntivo, avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., grazie alla comunicazione da parte dei soggetti terzi che occupavano l’immobile e che avevano ricevuto l’avviso.

P.A. appellava la sentenza e la Corte d’Appello di Roma, con pronuncia del 10 luglio 2019 n. 4833, accoglieva l’appello e revocava il decreto ingiuntivo.

Come osserva la Corte di Cassazione, l’appellato R.D., in quanto contumace in secondo grado, non impugnava con appello incidentale il capo della sentenza di primo grado che aveva stabilito l’irregolarità della notifica, cosicché su questa statuizione si formava il giudicato interno.

La corte di merito osservava che l’opposizione tardiva doveva ritenersi ammissibile, essendo P.A. venuto a conoscenza del decreto ingiuntivo solo con la notifica del precetto, per i motivi suesposti.

Passava, dunque, a vagliare il merito dell’opposizione, osservando che la scrittura privata del 7 novembre 2001, sottoscritta fra le parti, premetteva che Ebron s.r.l. aveva assegnato in godimento ed in gestione immobili di sua proprietà, con accollo del mutuo gravante su di essi, ed in particolare gli immobili promessi in vendita in pari data a P.A., e che quest’ultimo aveva manifestato l’intenzione di acquistare le quote sociali di proprietà della moglie Pe.El.

La Corte d’Appello osservava ancora che la scrittura prevedeva, fra l’altro: i) all’art. 1, che P.A. riconosceva di spettanza di R.D. la somma di Lire 40.000.000 per anticipazioni da quest’ultimo sostenute a favore della società, importo determinato in relazione alle quote possedute da P.A.; ii) all’art. 2, che R.D. avrebbe maturato il diritto alla riscossione del suddetto importo alla definizione del contenzioso promosso dall’avv. Pietrosanti nei confronti della società ed al ripianamento dell’esposizione debitoria di quest’ultima nei confronti del Banco di Napoli.

Aggiungeva che, in base al tenore letterale della scrittura, doveva escludersi che questa contenesse una ricognizione di debito o promessa di pagamento da parte di P.A., atteso che nessun impegno di pagamento dell’indicato importo di € 20.658,28 (Lire 40.000.000) era stato assunto da costui in favore di R.D., trattandosi piuttosto di semplice presa d’atto relativa alle anticipazioni che R.D. avrebbe effettuato alla società per il detto ammontare.

R.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi. P.A. resisteva con controricorso.

SOLUZIONE

La causa è stata decisa in seguito di udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis, co. 1, c.p.c., con l’accoglimento del sesto motivo di ricorso, l’assorbimento dei motivi terzo, quinto, settimo e ottavo il rinvio del giudizio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

La decisione è stata basata sul principio di diritto riportato in epigrafe e già affermato dalla Corte di Cassazione nelle sentenze del 20 novembre 2017, n. 27529 e 21 agosto 2018, n. 20850.

QUESTIONI

Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza per non aver dichiarato nulla la notifica dell’atto d’appello e per aver dichiarato la contumacia dell’appellato, odierno ricorrente e, di conseguenza, per non avere dichiarato l’inammissibilità dell’appello, per inesistenza della notifica eseguita nei confronti di un avvocato per il quale era cessato il mandato. La Cassazione ha ritenuto questo motivo infondato per una serie di considerazioni, centrate sul fatto che la notifica risultava validamente perfezionata in quanto fatta, tra l’altro, all’avvocato A.C., procuratore costituito regolarmente investito di mandato.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto che l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo era nullo, in quanto la copia notificata mancava di una pagina, difettando così la chiarezza relativamente all’oggetto della domanda, vizio che sarebbe stato rilevabile d’ufficio anche in appello. Questo motivo è dichiarato inammissibile dalla Cassazione, posto che l’eventuale nullità, non sanata, dell’atto introduttivo carente dei requisiti di cui all’art. 163, co. 3, n. 3 e 4, c.p.c., cui fa riferimento l’art. 164, co. 4, c.p.c., non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, in forza delle preclusioni derivanti dal principio, affermato dall’art. 161 c.p.c., di conversione dei motivi di nullità della sentenza in motivi di impugnazione. Pertanto, essendo R.D. rimasto contumace in appello, la questione risultava assorbita, in mancanza di deduzione della stessa come motivo d’impugnazione.

Il quarto motivo è dichiarato inammissibile per la stessa ragione di cui al secondo (il ricorrente denunciava che il Tribunale non aveva consentito la sostituzione di testimone defunto).

Il terzo ed il quinto motivo sono dichiarati assorbiti in ragione dell’accoglimento del sesto motivo.

Tutti e tre i motivi concernono ancora la questione della validità della notifica del decreto ingiuntivo e dell’effettiva conoscenza dello stesso da parte dell’opposto, odierno ricorrente.

Con il terzo motivo è stata censurata la sentenza laddove non ha rilevato l’inopponibilità dei contratti di comodato e locazione per mancanza di data certa e, comunque, la loro nullità per non essere stati registrati.

Con il quinto motivo, invece, è stata denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c. perché il giudice d’appello avrebbe invertito l’onere della prova, spettando all’opponente-appellante di provare l’inesistenza di un rapporto giuridico con il consegnatario del luogo ove risulta affisso l’avviso di notifica. Inoltre, i contratti di locazione e comodato non provavano di per se stessi l’inesistenza di un rapporto di coabitazione, legante il resistente P.A. al comodatario o al conduttore.

Con il sesto motivo, ritenuto assorbente rispetto agli altri due dalla Cassazione, che l’ha accolto, è stata denunciata la violazione degli artt. 132, 139, 140, 160 e 644 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. II ricorrente R.D. ha osservato che la sussistenza dei contratti di locazione e di comodato confermavano che P.A. non fosse del tutto estraneo al luogo in cui era prima residente e che lo stesso possa avere avuto conoscenza della corrispondenza a lui indirizzata, in forza del fatto che i terzi fossero tenuti alla comunicazione. Pertanto, tale negligenza precludeva l’opposizione tardiva. Aggiunge il ricorrente che le risultanze anagrafiche rivestono un mero carattere presuntivo e possono essere superate dalla prova contraria. Osserva ancora che, ai sensi dell’art. 650 c.p.c., l’ammissibilità dell’opposizione tardiva deriva non solo dalla irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre altresì la prova che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del decreto (in questo senso, Cass. n. 14572/2007).

La Suprema Corte rileva che, pur avendo il Tribunale di Latina statuito l’irregolarità della notifica del provvedimento monitorio (statuizione su cui si è formato il giudicato interno), questo non era sufficiente per considerare ammissibile l’opposizione tardiva di P.A., dovendo l’opponente dimostrare che, a causa di quell’irregolarità, non è stato in grado di conoscere tempestivamente il decreto e di proporre un’opposizione tempestiva.

L’indagine della Corte d’appello di Roma, nella fattispecie, si è arrestata alla irregolarità della notificazione, avendo fatto discendere dalla mera circostanza della notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. nel luogo ove l’ingiunto non aveva più la residenza e dal mero dato documentale dei contratti di comodato e locazione la legittimità della tardività dell’opposizione, senza l’indagine intermedia, con la relativa motivazione, circa il nesso di causa fra l’irregolarità in discorso e la non tempestiva conoscenza del decreto.

Tale indagine, pertanto, dovrà essere compiuta dal giudice del merito in sede di rinvio.

Il ricorrente ha proposto anche un settimo ed un ottavo motivo con cui, da una parte, ha denunciato un’errata interpretazione, da parte della sentenza, dell’accordo concluso tra le parti e dedotto come titolo a fondamento del decreto ingiuntivo, e, dall’altra, la mancata valutazione da parte della Corte d’Appello della fattispecie di indebito oggettivo e soggettivo, ricorrente nel caso de quo e, in via subordinata, di ingiustificato arricchimento.

Anche questi ultimi due motivi risultano assorbiti dall’accoglimento del sesto motivo.

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