Opposizione a precetto e distribuzione dell’onere della prova
di Pasqualina Farina Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 7 marzo 2017, n. 5635; Pres. Vivaldi; Est. Tatangelo; P.M. Soldi (conf.)
Espropriazione forzata – opposizione a precetto – onere della prova in capo all’opposto – esclusione (Cod. proc. civ., art. 360, 615, comma 1; Cod. civ., art. 2967).
Il giudizio di opposizione a precetto ha natura e struttura di azione di accertamento negativo del credito consacrato nel titolo esecutivo: in tale giudizio spetta alla parte opponente l’onere di dedurre e dimostrare gli eventuali fatti estintivi, impeditivi e/o modificativi del credito.
CASO
I debitori propongono opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., avverso l’atto di precetto che intimava il pagamento di un importo pari a euro 22.092,00. L’opposizione viene in parte accolta dal Tribunale di Lecce che dichiara i debitori tenuti al pagamento della minor somma pari a 14.736,00 euro più accessori.
La Corte di appello di Lecce conferma la decisione del Tribunale e, avverso la sentenza di secondo grado, i debitori propongono ricorso in cassazione per dedurre la violazione dell’art. 2697 c.c. Stando alla tesi sostenuta dai ricorrenti il giudizio di opposizione a precetto presenterebbe struttura e natura analoghe a quelle tipiche del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, anche in riferimento alla suddivisione degli oneri probatori. Ciò in forza della profonda connessione tra il contratto di mutuo posto a base del precetto opposto ed il rapporto di conto corrente bancario (il cui saldo negativo avrebbe dovuto essere estinto dallo stesso mutuo). Di qui l’affermazione che il creditore opposto avrebbe dovuto procedere, in tale sede, a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi posti a fondamento del proprio credito.
SOLUZIONE
La Suprema Corte ritiene infondato il motivo di ricorso ed esclude che nel giudizio di opposizione a precetto possa individuarsi una analogia strutturale e/o funzionale con il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Quest’ultimo non costituisce, difatti, un autonomo processo di cognizione, trattandosi invece di una fase impugnatoria del decreto ingiuntivo. Da qui il rilievo che la ripartizione degli oneri probatori tra le parti va definita in base alla domanda proposta pel tramite del ricorso per ingiunzione.
In estrema sintesi, nell’interpretazione della Cassazione, i giudici del merito hanno effettivamente tenuto in considerazione la circostanza che il mutuo era stato concesso per sanare il passivo di un precedente rapporto di conto corrente intercorrente tra i medesimi debitori e l’istituto di credito; tant’è che hanno ridotto l’importo del precetto nei limiti della somma effettivamente dovuta all’esito della compensazione invocata dai debitori.
In definitiva, il particolare scopo per il quale era stato contratto il mutuo non può determinare alcuna inversione degli oneri probatori stabiliti dall’art. 2697 c.c.
QUESTIONI
Il presupposto da cui muove la Suprema Corte è che a differenza dell’opposizione a decreto ingiuntivo, il rimedio di cui all’art. 615 c.p.c. costituisce una vero e proprio giudizio di cognizione, in particolare diretto all’accertamento negativo della pretesa vantata dal creditore procedente, e risultante dal titolo esecutivo (A.A. Romano, L’azione di accertamento negativo, Napoli 2006).
Riguardo alle azioni di accertamento negativo va, inoltre, segnalato il contrasto giurisprudenziale sulla suddivisione degli oneri probatori: se un orientamento addossa all’attore l’onere di dimostrare sia l’esistenza di fatti estintivi, impeditivi e modificativi del diritto dedotto in giudizio, sia l’inesistenza dei fatti costitutivi del medesimo (v., ex multis, Cass., sez. un., 15 giugno 2015, n. 12307, in materia di impugnazione di testamento olografo), secondo altra impostazione anche in tale tipo di azioni, l’onere di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto grava in ogni caso sul soggetto che fa valere detto diritto in giudizio, a prescindere dalla circostanza che egli rivesta la posizione processuale di convenuto (Cass., sez. III, 12 dicembre 2014, n. 26158; Cass., sez. II, 31 ottobre 2013, n. 24568).
Confermando che in sede di giudizio di opposizione a precetto, l’onere di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito vantato e risultante dal precetto ricada in capo all’opponente, la decisione in commento si uniforma all’interpretazione fornita nel 2015 dalle Sezioni Unite.