Opposizione a decreto ingiuntivo e onere di attivazione del procedimento di mediazione obbligatoria: lo stato dell’arte
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFIl presente Focus è dedicato alla questione, assai sentita a livello di prassi, dell’individuazione del soggetto onerato dell’attivazione del procedimento di mediazione obbligatoria nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che abbia ad oggetto una delle materie di cui all’art. 5, comma 1-bis del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Il dibattito attorno a tale questione, solo apparentemente risolto da un intervento della Suprema Corte del 2015, non è in realtà mai sopito, ma anzi ha visto il recente coinvolgimento delle Sezioni Unite della Cassazione.
1.Come noto, l’art. 5, comma 1-bis del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come modificato dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in l. 9 agosto 2013, n. 98, prevede che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a un determinato catalogo di materie – condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari – è tenuto, assistito dall’avvocato, a esperire preliminarmente il procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In tali ipotesi, la procedura di mediazione viene generalmente definita come “obbligatoria”: locuzione cui, per brevità, si farà sovente riferimento nel prosieguo del presente lavoro.
La norma prosegue ponendo la disciplina destinata a operare nel caso in cui una parte dia avvio a un giudizio senza aver previamente esperito il procedimento di mediazione obbligatoria. Il regime processuale destinato a operare è quello della improcedibilità del giudizio, improcedibilità che, a pena di decadenza, dev’essere eccepita dal convenuto o rilevata dal giudice ex officio non oltre la prima udienza. Più precisamente, laddove il giudice rilevi che la mediazione non è stata esperita, fissa la successiva udienza successivamente al termine previsto dal successivo art. 6 per l’esperimento della mediazione, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Ai fini dell’introduzione del tema oggetto del presente contributo, norma di primario interesse è rappresentata dal comma 4 dell’art. 5 in esame, la quale prevede alcune ipotesi in cui, pur se l’oggetto della controversia coinvolga una delle materie elencate al precedente comma 1-bis, l’esperimento della mediazione non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Tra tali fattispecie, alla lett. a) si fa menzione ai procedimenti di ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Detta in altri termini, nelle materie attratte all’area della mediazione obbligatoria, e suscettibili di essere veicolate nelle forme del rito monitorio, l’onere di promuovere il procedimento di mediazione scatta solamente una volta che, instaurato il giudizio di opposizione, il giudice si sia pronunciato sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione ex artt. 648 e 649 c.p.c. La ratio della previsione è stata rinvenuta, correttamente, nella incompatibilità dello svolgimento del procedimento di mediazione con le caratteristiche proprie del procedimento monitorio, come noto connotato da urgenza e rapidità: di talché, l’entrata in scena della condizione di procedibilità – per definizione destinata a ritardare lo svolgimento del giudizio – viene posticipata a un momento in cui tali connotati sono oramai venuti meno, ossia quando, per l’appunto, il giudice abbia già adottato i provvedimenti – considerati urgenti e lato sensu cautelari – sull’esecutività del decreto ingiuntivo emesso.
2.Se la disciplina sin qui vista appare piuttosto limpida, il principale interrogativo dalla stessa implicato è rappresentato dall’identificazione della parte – debitore opponente ovvero creditore opposto – che, una volta innescato l’onere di promuovere la mediazione, sia concretamente onerata dell’avvio del procedimento: tale parte, ovviamente, sarà pure quella portatrice dell’interesse a evitare gli effetti negativi derivanti dalla pronuncia di improcedibilità del giudizio che consegua all’omissione del procedimento di mediazione (sul tema si rinvia, in dottrina, a G. Balena, Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria, in Riv. dir. proc., 2016; A. Tedoldi, Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo, in Giur. it., 2012).
Sul tema, come noto, è presente nel panorama giurisprudenziale, specialmente di merito, un acceso contrasto interpretativo, riassumibile in due contrapposte opinioni.
Un primo orientamento, in particolare, ritiene che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo in materia soggetta a mediazione obbligatoria, l’onere, a pena di improcedibilità del giudizio, di proporre l’istanza di mediazione nel termine assegnato da giudice gravi sul creditore opposto. In questo caso, evidentemente, l’azione minacciata dalla sanzione dell’improcedibilità sarebbe quella originariamente proposta dal creditore ricorrente per ingiunzione sicché, fatalmente, al mancato tempestivo esperimento della mediazione conseguirebbe la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo precedentemente ottenuto. Sono tuttora numerose, peraltro, le pronunce della giurisprudenza di merito che si sono espresse in tal senso, anche in epoca successiva alla pronuncia della Corte di Cassazione del 2015, di cui subito si dirà (così, infatti, Trib. Grosseto, 7 giugno 2018 e Trib. Firenze, 16 febbraio 2016, entrambe consultabili in www.iusexplorer.it; Trib. Benevento, 25 gennaio 2016 e Trib. Pescara, 26 marzo 2015, entrambe reperibili in www.ilcaso.it; Trib. Ferrara, 7 gennaio 2015, in Foro it., 2015, I, 3732; nell’ambito di tale filone si segnala, inoltre, la recentissima pronuncia di C. App. Bologna, 1° ottobre 2019, n. 1730).
Il secondo orientamento, da ritenersi prevalente, riconduce viceversa l’onere della proposizione della mediazione in capo al debitore opponente: l’azione che andrebbe incontro alla sanzione dell’improcedibilità sarebbe, in questo caso, quella proposta dal debitore ingiunto con l’atto di citazione in opposizione ex art. 645 c.p.c., con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto (in tal senso, tra le tante, Trib. Torino, 3 luglio 2019, in banca dati Pluris; Trib. Napoli Nord, 28 giugno 2018, Trib. Bologna, 8 marzo 2018, n. 769, Trib. Roma, 2 ottobre 2017, Trib. Verona, 28 settembre 2017, tutte reperibili in www.iusexplorer.it; Trib. Padova, 18 aprile 2018, Trib. Torino, 4 ottobre 2017 e Trib Vasto, 30 maggio 2016, reperibili in www.ilcaso.it). In tal senso, come già si è avuto modo di anticipare, si è espressa anche Cass., 3 dicembre 2015 n. 24629, la quale ha precisato come sia l’opponente ad avere il potere e l’interesse a introdurre il giudizio di merito, «cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intendere precludere la via breve per percorrere la via lunga». Tale posizione, peraltro, non è rimasta priva di conferme in sede di legittimità, ma anzi è stata recentemente ribadita da Cass., 16 settembre 2019, n. 23003.
La seconda soluzione proposta vanta, inoltre, il vantaggio della compatibilità con la finalità deflattiva propria dell’istituto della mediazione obbligatoria: l’adesione all’opposto orientamento, infatti – lungi dal favorire un deflazionamento effettivo – condurrebbe alla moltiplicazione dei processi, in quanto il creditore rimasto privo di soddisfazione nel processo dichiarato improcedibile (con conseguente perdita di efficacia del decreto ingiuntivo precedentemente ottenuto) potrebbe sempre riproporre la medesima domanda; all’opposto, la soluzione interpretativa ora suggerita, avendo quale conseguenza dell’improcedibilità il formarsi del giudicato sul decreto ingiuntivo, precluderebbe eventuali riproposizioni della domanda medesima.
3.Si diceva, nelle precedenti battute del presente contributo, che nel 2015 la Corte di Cassazione è effettivamente intervenuta sulla questione che ci occupa sposando la seconda delle soluzioni interpretative poco sopra ricordate, e dunque addossando in capo al debitore opponente l’onere di avviare il procedimento di mediazione obbligatoria nell’ambito dell’instaurato giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Si è anche visto, tuttavia, che tale intervento non si è rivelato dirimente, essendo tuttora presenti, tra le corti di merito, opinioni orientate nel primo senso descritto, e dunque favorevoli a identificare il soggetto gravato dell’onere de quo nel creditore opposto. A fronte del persistente contrasto interpretativo, la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019, ha rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità di interpellare le Sezioni Unite sul tema, ritenendo sussistente il presupposto della questione di massima di particolare importanza che, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., legittima appunto la richiesta di intervento del massimo organo di nomofilachia.
Sembra superfluo rilevare come, dato l’attuale stato dell’arte, così come brevemente riassunto, l’intervento delle Sezioni Unite appare decisamente opportuno, con l’auspicio che la questione in esame, di grandissimo impatto nella dimensione pratica, possa finalmente trovare una soluzione definitiva. Si anticipa sin d’ora, peraltro, che dell’esito della vicenda si darà senz’altro conto sul presente Portale, dove un apposito commento verrà dedicato all’emananda pronuncia delle Sezioni Unite.