Opposizione agli atti esecutivi: la tardiva iscrizione a ruolo non rende improcedibile l’opposizione
di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDFCass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 25-06-2019) 30-09-2019, n. 24224
Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi il termine per la costituzione in giudizio della parte che introduca la fase di merito non subisce alcuna riduzione – essendo, pertanto, di dieci giorni dalla prima notificazione dell’atto di citazione. Tuttavia, la tardiva iscrizione a ruolo della causa non determina l’improcedibilità del giudizio, ma soltanto l’applicazione delle regole generali di cui agli artt. 171 e 307 c.p.c., assolvendo l’iscrizione a ruolo, mero adempimento amministrativo, la funzione di rimarcare l’autonomia della fase a cognizione piena rispetto a quella sommaria dell’opposizione.
CASO
La società B. s.n.c. promuoveva pignoramento presso terzi nei confronti della società assicurativa G.I. s.p.a quale debitor debitoris, nei cui confronti la debitrice esecutata B.C. s.r.l. vantava un credito scaturente da un contratto di assicurazione per la responsabilità civile. A seguito della dichiarazione resa dal debitor debitoris, il G.E. riteneva l’assicurazione non debitrice di B.C. s.r.l.
La società proponeva opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c; quest’ultima, tuttavia, veniva dichiarata improcedibile dal Tribunale sul presupposto che la costituzione nel giudizio di merito nonché la relativa iscrizione a ruolo della causa fossero avvenuti oltre il termine dell’art 165 c.p.c. ritenuto dal giudice di prime cure dimezzato in conseguenza della dimidiazione ex lege dei termini a comparire.
Avverso la sentenza B.C. s.r.l. proponeva ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
La Suprema Corte ha statuito che nell’opposizione agli atti esecutivi il termine per la costituzione in giudizio della parte che introduca la fase di merito non subisce alcuna riduzione. Peraltro, la tardiva costituzione in giudizio non comporta l’improcedibilità della causa, ma rende applicabili gli artt. 171 e 307 c.p.c.: la causa è cancellata dal ruolo e può essere riassunta nel termine di tre mesi.
QUESTIONI
La questione sottoposta ai giudici di Cassazione attiene alla possibilità che nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. il riferimento al dimezzamento dei termini a comparire previsto nell’art. 618 c.p.c. comporti anche il dimezzamento del termine per la costituzione in giudizio dell’attore e per la conseguente iscrizione a ruolo della causa.
Come noto, nel giudizio ordinario la costituzione dell’attore è disciplinata dall’art. 165 c.p.c. a norma del quale parte attrice deve costituirsi entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione fino alla metà dei termini a comparire, a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis c.p.c. Nell’ambito del giudizio d’opposizione agli atti esecutivi, invece, l’art. 618 c.p.c. prevede che il G.E. fissi con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto nonché, in ogni caso, il termine (sempre perentorio) per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà.
Sull’interpretazione di tale ultima norma la giurisprudenza ha mostrato orientamenti altalenanti.
Un primo indirizzo ritiene che l’art. 618 c.p.c. preveda unicamente il termine per l’iscrizione a ruolo della causa e non anche per la costituzione in giudizio dell’opponente. Ne consegue non solo l’impossibilità di applicare il meccanismo dell’art 171 c.p.c. (secondo il principio espresso da Cass. n. 3626 del 2014) per sanare la tardiva costituzione dell’attore, ma anche l’improcedibilità dell’opposizione.
In tal caso, infatti, si tratterebbe di tardiva iscrizione della causa a ruolo con violazione di un termine espressamente indicato come perentorio, che avrebbe come conseguenza l’improcedibilità del giudizio. È consolidato il principio per cui i termini perentori non sono prorogabili, né soggetti a sospensione o interruzione, se non nei casi previsti dalla legge, sicché resta a carico di chi non lo rispetti il rischio delle conseguenze pregiudizievoli o della decadenza per il mancato rispetto del termine stesso (così Cass.,17-01-2018, n. 1058).
Altro orientamento, viceversa, assegna rilievo al fatto che il compimento delle formalità di iscrizione della causa a ruolo abbia la sola funzione di rimarcare la diversa cognizione, sommaria nella prima fase, piena nella seconda, tipica della struttura bifasica del giudizio di opposizione (ex multis, Cass. n. 19905 del 27/07/2018).
Gli argomenti addotti dalla Corte sono molteplici: l’art. 618 c.p.c. non prevede alcun dimezzamento del termine di costituzione in giudizio né la norma provvede ad indicare che ad essere ridotti siano i termini per l’iscrizione della causa a ruolo (prevedendo solo che siano ridotti della metà i termini a comparire dell’art 163 bis c.p.c.).
Ai fini della verifica del rispetto del termine decadenziale stabilito dal G.E. per l’introduzione della fase di merito è del tutto irrilevante il compimento delle formalità inerenti all’iscrizione a ruolo della causa, dovendosi questo considerare come un atto distinto “per natura e per effetti dalla costituzione in giudizio, sicché la mancanza o la tardività della prima non sortisce alcun effetto sulla procedibilità della domanda di opposizione”. La perentorietà del termine, quindi, deve riferirsi esclusivamente all’introduzione del giudizio di merito, che si compie con la notifica dell’atto di citazione (o col deposito del ricorso, ove si applichi il rito del lavoro).
Nemmeno potrebbe darsi rilevanza a un meccanismo che preveda l’automatico dimezzamento dei termini per l’iscrizione a ruolo a fronte del dimezzamento ex lege dei termini a comparire e ciò perché i termini a comparire sono stati ridotti ai sensi dell’art. 163 bis c.p.c. in virtù d’un provvedimento ad hoc del capo dell’ufficio giudiziario, su istanza di parte, e ricorrendo giusti motivi, non già a priori ed ex lege.
Emerge ictu oculi, pertanto, che l’art 618 c.p.c. non prevede alcuna fissazione del termine per l’iscrizione a ruolo, sussistendo di fatto una distinzione netta fra questo e i termini a comparire; lo scopo della norma, infatti, consiste nell’affermare la necessarietà dell’iscrizione a ruolo solo per ribadire l’eterogeneità delle fasi, l’una, a cognizione sommaria, e l’altra a cognizione piena, limitandosi quindi a fornire una disciplina del solo termine per l’introduzione della fase di merito e non anche di quello per l’iscrizione a ruolo.
Consegue da quanto detto che, ove il termine per l’iscrizione a ruolo non dovesse essere rispettato, troveranno applicazione le regole di cui agli artt. 171 e 307 c.p.c., comma 1 che ammette la possibilità di riassumere il giudizio entro tre mesi, se nessuna delle parti si sia costituita tempestivamente.