3 Maggio 2023

Offerta fuori sede, mancata indicazione della facoltà di recedere e nullità del contratto di interest rate swap

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Torino, Sezione Prima, 28 marzo 2023, Giudice Astuni

Parole chiave

Intermediazione finanziaria – Offerta fuori sede – Facoltà di recedere – Mancata indicazione – Nullità del contratto

Massima: “In tema di offerta fuori sede di strumenti finanziari, la facoltà di recesso e l’obbligo di inserire in contratto espresso avvertimento sulla facoltà di recedere ai sensi dell’art. 30 t.u.f. sussistono con riferimento non solo al servizio di collocamento, bensì a tutti i servizi di investimento, fra cui il servizio di negoziazione per conto proprio”.

Disposizioni applicate

Art. 30 t.u.f. (offerta fuori sede)

CASO

Fra le parti, una s.r.l. e una banca, viene concluso un contratto derivato su tassi di interesse. L’interest rate swap (irs) viene concluso fuori sede e la società attrice chiede dichiararsi la nullità del contratto per mancata indicazione, nella documentazione contrattuale, della facoltà di recedere. Troverebbe applicazione, secondo la tesi dell’attore, l’art. 30 t.u.f.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Torino accoglie la domanda dell’attore e dichiara la nullità del contratto derivato. In conseguenza della nullità del contratto, condanna la banca a restituire alla s.r.l. tutti i flussi di cassa generati dal contratto per l’importo di € 2.285.540.

QUESTIONI

La vicenda affrontata dal Tribunale di Torino si colloca nell’ambito della disciplina dell’intermediazione finanziaria. Le principali disposizioni previste dal testo unico della finanza (t.u.f.) sono quelle che riguardano l’obbligo di forma scritta del contratto-quadro (art. 23 t.u.f.) nonché le norme di comportamento degli intermediari (art. 21 t.u.f.).

Importante è altresì la previsione dell’art. 30 t.u.f., la quale è stata modificata più volte fra la sua entrata in vigore (nel 1998) e la data odierna. L’art. 30 comma 6 t.u.f. prevede che “l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore. Entro detto termine l’investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all’investitore” (si è riportata, per comodità di esposizione, la versione vigente). Il successivo comma 7 dell’art. 30 t.u.f. stabilisce che: “l’omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente”.

Qual è la ratio della disposizione? Nei rapporti fra cliente e intermediario finanziario vi è, quasi sempre, una significativa disparità: mentre l’investitore è spesso a digiuno di competenze in ambito finanziario, la banca sovrasta il cliente in termini di competenze. Il rischio è quello che la banca possa approfittare della propria superiorità informativa per avvantaggiarsi a danno dell’investitore. Questo pericolo è ancora maggiore quando il contratto viene concluso fuori sede. Non è il cliente che si reca in banca per effettuare investimenti, ma è il consulente finanziario che si reca dal cliente per proporgli investimenti: il rischio che venga sorpresa la buona fede del cliente è maggiore. Per ridurre questi rischi, sono state introdotte le disposizioni che si sono appena riportate. Il cliente ha un breve lasso di tempo (7 giorni) per riflettere sugli investimenti effettuati. Se cambia idea, può recedere dal contratto. Affinché questo diritto sia effettivo, la norma prevede un obbligo di segnalazione per iscritto del diritto di recedere. Se la segnalazione per iscritto non è effettuata, il contratto è nullo.

Affinché possa dichiararsi la nullità del contratto, il giudice deve fare due verifiche: 1) se il contratto è stato concluso fuori sede; 2) se manca l’indicazione nel contratto della facoltà di recedere. Il Tribunale di Torino sente, durante l’istruttoria, un testimone, il quale conferma che i contratti sono stati conclusi fuori sede. Inoltre la modulistica contrattuale non fa alcun riferimento alla possibilità di recedere dal contratto.

Nel caso in esame, l’eccezione di nullità per conclusione del contratto fuori sede senza indicazione della facoltà di recedere è stata sollevata dall’attore solo nella memoria conclusionale. Per questa ragione, la banca convenuta ne eccepisce la tardività. Il Tribunale di Torino però non accoglie l’eccezione. Trattandosi difatti di nullità, fra l’altro testuale (in quanto prevista espressamente dalla legge), l’eccezione può essere sollevata in qualsiasi stato e grado del procedimento, a condizione che sia fondata su elementi di fatto già acquisiti al processo.

Nel merito, il Tribunale di Torino interpreta l’art. 30 t.u.f. in modo estensivo. Il giudice torinese ritiene che il diritto di recesso e la previsione di nullità dei contratti nei casi in cui quel diritto non è contemplato nella documentazione contrattuale trovano applicazione non soltanto quando il servizio prestato dall’intermediario sia un servizio di collocamento, ma anche quando si tratti di servizi diversi. Il diritto di recesso sussiste anche nel caso di negoziazione per conto proprio di strumenti finanziari, come avviene nell’ambito dei contratti derivati non quotati e singolarmente negoziati tra le parti (“over the counter”), in cui controparte contrattuale del cliente è lo stesso intermediario finanziario.

Vero è che l’art. 30 comma 6 t.u.f. fa riferimento espresso ai servizi di “collocamento” e di “gestione di portafogli”. Tuttavia la disposizione è applicabile in via analogica ed estensiva alla prestazione di qualsiasi altro servizio di investimento. Comune è difatti la ratio della norma, che è quella di evitare la conclusione affrettata di contratti complessi che possono implicare gravi passività, senza avere la possibilità di ripensare all’investimento. L’offerta fuori sede è una prassi di vendita “aggressiva”, idonea a sorprendere l’investitore. I contratti derivati sono poi particolarmente complessi, e – a maggior ragione – richiedono un tempo di riflessione anche successivo alla conclusione del contratto. L’istituto della facoltà di recesso serve proprio a raggiungere questo risultato di riflessione successiva all’operazione. In conclusione, il Tribunale di Torino dichiara la nullità del contratto derivato, con i conseguenti effetti restitutori.

Per concludere, si noti che i contratti derivati sono stati venduti dalle banche negli anni precedenti alla crisi finanziaria del 2008. Prima di questa data, i tassi erano alti e potevano essere sensati prodotti volti a gestire le oscillazioni dei tassi variabili. Successivamente al 2008 e fino al 2022 i tassi variabili sono stati particolarmente bassi, rendendo poco utili i contratti derivati. Si osservi infine che, con una certa frequenza, i contratti derivati prevedono la clausola compromissoria per la soluzione di eventuali liti fra le parti.

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