15 Febbraio 2016

Obbligazioni solidali, gravame incidentale tardivo ed interesse all’impugnazione

di Enrico Picozzi Scarica in PDF


Una recente pronuncia della Cassazione offre l’occasione per mettere a fuoco i controversi rapporti tra natura solidale della fattispecie dedotta in giudizio, limiti (soggettivi) di ammissibilità del gravame incidentale tardivo ed interesse all’impugnazione.
 

  1. Il caso: Cass., Sez. I, 16 novembre 2015, n. 23396

 La società Alfa consegue in primo grado la condanna in solido al risarcimento del danno delle società Beta e Gamma. La società Beta, pertanto, spiega appello principale nei confronti dell’attrice vittoriosa e della società Gamma, affermando l’esclusiva responsabilità di quest’ultima, la quale, a sua volta, propone appello incidentale tardivo contro le prime. Nondimeno, il giudice di seconde cure dichiara inammissibile il gravame incidentale tardivo sulla base di due argomentazioni:

  1. aa) il capo di sentenza che sancisce la soccombenza di Gamma doveva costituire oggetto di impugnazione principale o incidentale tempestiva in quanto direttamente lesivo;
  2. bb) vertendosi in ipotesi di cause scindibili – alla quale categoria appartengono le obbligazioni solidali – l’impugnazione incidentale tardiva non risulta proponibile.

Il Supremo Collegio, di contro, cassa con rinvio la pronuncia d’appello sostenendo che: «l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza», avvertendo inoltre che la stessa può essere rivolta nei confronti dell’impugnante principale e/o di una parte diversa.

La vicenda succintamente descritta offre l’occasione per svolgere qualche breve considerazione sulla natura (scindibile o meno) delle liti aventi ad oggetto obbligazioni solidali, sui limiti di applicazione del gravame incidentale tardivo nonché, infine, sul requisito dell’interesse all’impugnazione. 

  1. La configurazione processuale in fase di gravame delle liti aventi ad oggetto obbligazioni solidali 

Nell’ambito della più ampia categoria delle obbligazioni solidali (art.. 1292 e ss., c.c.), si è soliti distinguere fra obbligazioni solidali ad interesse comune ed obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo (cfr. Di Majo, voce Obbligazioni solidali, in Enc. dir., vol. XXIX, Milano 1979, 307). Le prime originano da un comune fatto giuridico e nei rapporti interni si dividono tra i diversi condebitori o concreditori (cfr. art. 1298, comma 1, c.c.); le seconde, invece – in quanto contratte nell’esclusivo interesse di un soggetto – vengono a gravare totalmente sulla parte nel cui interesse sono sorte (è il caso, ad esempio, del rapporto tra debitore principale e fideiussore).

Ciò considerato in linea generale, la prima species di solidarietà viene generalmente ricondotta nell’alveo delle cause scindibili in fase di impugnazione ex art. 332 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. II, 26 febbraio 2014, n. 4571; Cass., Sez. I, 25 luglio 2008, n. 20476; contra, in dottrina, Sassani, Coobbligati solidali e giudizio di appello, in Riv. dir. proc., 1978, 777 e ss.); mentre, la seconda  species può dar luogo ad un’ipotesi di cause dipendenti ex art. 331 c.p.c., poiché la responsabilità di un coobbligato presuppone la responsabilità dell’altro (si pensi, nuovamente, alla disciplina della fideiussione ovvero alla responsabilità da circolazione dei veicoli ex art. 2054 c.c. Cfr., in tal senso anche Cass., Sez. III, 30 agosto 2014, n. 20552; Cass., Sez. I., 15 febbraio 2005, n. 3028; Cass., Sez. Un., 3 marzo 2003, n. 3074; in dottrina, v. Perago, Cumulo soggettivo e processo di impugnazione, Napoli, 2002, 288 e ss.; Ricci,  Il litisconsorzio nelle fasi di impugnazione, Milano, 2005, 380 e ss.). 

  1. I limiti (oramai superati) di applicazione del gravame incidentale tardivo 

Come è noto, soltanto sul finire degli anni Ottanta, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., 24 novembre 1988, n. 6311, in Foro it., 1989, I, 1142; Cass., Sez. Un., 7 novembre 1989, n. 4640, in Giur. it, 1990, I, 1, 392) riconosceva per la prima volta il potere di impugnare in via incidentale tardiva anche capi diversi o non direttamente connessi rispetto a quelli investiti dal gravame principale.

Per altro verso, sembravano resistere i cd. limiti soggettivi (rispetto ai quali, si vedano le critiche di Grasso, Le impugnazioni incidentali, Milano, 1973, 111; contra Attardi, Limiti di applicazione del gravame incidentale tardivo, in Riv. dir. proc., 1965, 187 e ss.), apprezzabili sotto due distinti profili: da un lato, quanto all’individuazione dei soggetti legittimati attivamente ad avvalersi dell’art. 334, c.p.c.; dall’altro lato, quanto all’individuazione dei soggetti destinatari e quindi legittimati passivi dell’impugnazione incidentale tardiva.

Per entrambe le situazioni infatti risultava vincolante l’elencazione soggettiva dell’art. 334 c.p.c. Tuttavia, anche quest’ultimo limite sembra oramai esser venuto meno a seguito di un noto revirement delle Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un., 27 novembre 2007, n. 24627, annotata da Consolo, in Corr. giur., 2008, 1713 e ss.; da Balena,  in Giust. proc. civ., 2008, 437 e ss.; da Corrado, in Riv. dir. proc., 1423 e ss.; da Turatto, ivi, 2009, 689), le quali hanno consentito l’impugnazione incidentale tardiva ad un soggetto destinatario di una mera denutiatio litis  e nei confronti di una parte diversa dall’impugnante principale.

L’insegnamento appena richiamato, dunque, viene a costituire la ratio decidendi della fattispecie sottoposta all’attenzione della Sezione I ed in apertura descritta. Sebbene – ed è il caso di evidenziarlo – la deroga ai limiti soggettivi si realizzi in forme più attenuate, dal momento che l’impugnazione incidentale tardiva proviene pur sempre dall’impugnato principale, ma è diretta nei confronti di una parte diversa dall’impugnante principale. 

  1. (segue) L’interesse all’impugnazione 

A fondamento di questa estensiva interpretazione dei limiti soggettivi del gravame incidentale tardivo viene posto il requisito dell’interesse all’impugnazione.

Più precisamente, quest’ultimo originerebbe dalla circostanza che l’impugnazione principale, ove accolta, comporterebbe un deterioramento della posizione sostanziale (rectius, un aggravamento della  soccombenza) di chi aveva prestato acquiescenza alla sentenza di prime cure.

L’intuizione non persuadeva del tutto in relazione alla fattispecie decisa dalle Sezioni Unite nel 2007, poiché il coobbligato solidale «inerte» non avrebbe potuto risentire alcun pregiudizio – se non in via di mero fatto nel successivo processo di regresso – dall’eventuale annullamento e/o riforma della sentenza impugnata conseguito dall’altro coobbligato, atteso che:

  1. aa) il primo non poteva assumere la qualità di parte nel giudizio di gravame, essendo destinatario di una mera denuntiatio litis e, pertanto, bb) la sua posizione era regolata esclusivamente dal capo di sentenza che statuiva la solidarietà tra i coobbligati.

Maggiormente condivisibile, invece, è il richiamo al criterio dell’interesse all’impugnazione nel caso affrontato dalla Sezione I, poiché l’accoglimento dell’impugnazione principale della società Beta, in quanto direttamente rivolta nei confronti della società Gamma – e quindi idonea a farle acquistare la qualità di parte – avrebbe determinato un aggravio effettivo della sua soccombenza, non più solidalmente ripartita ma totalmente ricadente sulla sua posizione sostanziale. 

  1. Conclusioni: l’interesse all’impugnazione «passe-partout» di non sempre coerente applicazione 

A dispetto delle perplessità sollevate dal dictum delle Sezioni Unite del 2007, sopra sinteticamente esposte, quella pronuncia aveva il non trascurabile merito – sotto il profilo della giustizia sostanziale – di evitare diseconomie di giudizi e conflitti (seppur allo stato teorico) di giudicati.

Ora un’analoga esigenza non sembra avvertita – sempre in materia di obbligazioni solidali – da quella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sez. III, 27 ottobre 2015, n. 21774; Cass., Sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2227, annotata da Tedoldi, in Riv. dir. proc., 2013, 1200 e ss.) che, in relazione al caso in cui il creditore abbia convenuto in giudizio più debitori, sostenendo la loro responsabilità solidale, e di contro il giudice abbia accertato la responsabilità esclusiva di uno soltanto di essi, disconosce l’interesse ad impugnare del debitore condannato, in quanto la sentenza non aggraverebbe la sua posizione di debitore dell’intero, né pregiudicherebbe in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all’altro debitore.

Quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, dunque, mal si concilia con l’insegnamento e le finalità perseguite dalle Sezioni Unite del 2007 (recentemente ribadite, Cass., Sez. Lav., 29 marzo 2012, n. 5086), producendo un’ingiustificata differenziazione di trattamento rispetto a fattispecie analoghe, le cui ragioni molto probabilmente vanno ricercate nell’assenza di approdi stabili in tema di presupposti legittimanti all’esercizio del diritto di impugnazione: in altre parole, quel pregiudizio di fatto che giustifica l’interposizione del gravame incidentale tardivo, non può non giustificare l’interposizione, nel caso appena illustrato, dell’impugnazione principale.