3 Settembre 2024

Nullità urbanistica in materia di divisione endoesecutiva e divisione endoconcorsuale

di Federico Callegaro, Cultore di Diritto Commerciale presso l' Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Corte di Cassazione: Decreto ex art. 363-bis cod. proc. civ. del 10 aprile 2024, n. 9808[1]

Riferimenti normativi: Cod. Proc. Civ.: art. 363-bis; Codice Civile: art. 2392; Legge 27 febbraio 1985, n. 52: art. 29, comma 1-bis[2]; disposizioni attuative  del D.P.R. 380/2001: disposizioni attuative ex art. 46, comma 5[3]; Legge n. 47 1985, art. 40,  commi 5 e 6.

CASO

La questione sulla quale verte il Provvedimento di legittimità trova fondamento in un Provvedimento del Tribunale di Napoli, emesso ai sensi dell’art. 363-bis del codice di procedura civile, in merito all’applicabilità o meno, anche alle divisioni endofallimentari, dell’art. 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985, n. 52 quanto al contenuto degli atti pubblici e delle scritture private autenticate ed, in particolare, se sia possibile per il giudice disporre il trasferimento, mediante vendita o assegnazione, di parte del compendio ereditario comprendente immobili nei quali la mancanza di conformità catastale incide sulla rendita.

L’analisi giuridica del Tribunale remittente ritiene ipotizzabili due interpretazioni:

– una prima “opzione ermeneutica”, secondo la quale “non contenendo la disposizione eccezioni di sorta, la proponibilità della domanda di divisione dipenderebbe dalla sussistenza della conformità catastale”;

– una seconda tesi, che muove da un Principio di Legittimità[4] elaborato ai fini dell’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., secondo cui il disposto dell’art. 29 comma 1-bis[5] – in materia di contenuto che debbono avere, a pena di nullità, gli atti pubblici e le scritture private autenticate che hanno per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti -, trova applicazione anche in ordine al trasferimento giudiziale della proprietà degli immobili con sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., “secondo la quale la divisione endoesecutiva e la divisione endoconcorsuale andrebbero ricomprese tra gli atti sottratti alla comminatoria di nullità”.

SOLUZIONE

Il Provvedimento della Prima Presidente rileva e considera – tra altre -:

– la giurisprudenza di legittimità (ante) pur non avendo ancora direttamente affrontato la specifica questione ha evidenziato, in forza di “disposizioni eccettuative di cui all’art. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 40, commi 5 e 6, della legge n. 47 del 1985”, come la situazione oggetto della causa di merito de quo risulti sottratta alla comminatoria della nullità prevista  per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi;

– la Corte di legittimità ha osservato, infatti, che non avrebbe senso una comminatoria di nullità che si estendesse agli atti traslativi posti in essere nell’ambito delle procedure esecutive individuali o concorsuali, perché una comminatoria di tal fatta, piuttosto che svolgere la sua tipica funzione di sanzione nei confronti del proprietario dell’edificio abusivo, finirebbe – al contrario – per avvantaggiare quest’ultimo in pregiudizio dei creditori;

– tale principio non ha mancato di informare, in una ideale continuità costitutiva di una nomofilachia circolare, l’attività interpretativa dei giudici di merito, trovatisi di fronte alla specifica questione che qui viene in rilievo. In tale contesto viene riportato come alcune pronunce di tribunali e di corti di merito[6] abbiano infatti esteso tale principio anche con riferimento alle ipotesi di mera irregolarità catastale, ipotizzando che, diversamente, vi sarebbe un ingiustificato pregiudizio per i creditori e un facile espediente per il debitore per sottrarre i propri beni alla garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ.

Il Provvedimento sottolinea come il rimettente evidenzi una perplessità interpretativa “che non trova riscontro in posizioni variegate espresse dalla giurisprudenza di merito o nell’esistenza effettiva di un dibattito interpretativo al riguardo”.

A tale proposito si potrebbe osservare, a commento, come ove diversamente decidendo si verrebbe a determinare uno stato di fatto per il quale, ritenendosi sufficiente ed unica la rilevanza della questione sottoposta da una Corte di merito al preventivo vaglio della Corte di legittimità, potrebbe non concretizzarsi, quantomeno, uno dei due elementi caratterizzanti la legittimità di una remissione, costituito dal ricorrere di variegate posizioni giurisprudenziali di merito, ampliandosi irragionevolmente il rischio di una legittimazione, pur parziale, del “potere-dovere decisorio del giudice” in termini non in linea con i principi che regolano l’Amministrazione della Giustizia da parte dello Stato venendo, forse, anche a sminuire per certi versi la natura e la valenza dell’istituto dei Tre Gradi di Giudizio secondo l’articolazione in Merito e Legittimità.

Principio di diritto

La Prima Presidente, definita la trattazione della specifica fattispecie oggetto dell’Ordinanza di  rinvio  pregiudiziale (ante), anche richiamando precedenti recenti Decreti[7], precisa come:

  • il dubbio ermeneutico debba assurgere a un livello di serietà idoneo a impedire un arretramento del potere-dovere decisorio del giudice;
  • non possano darsi rinvii pregiudiziali puramente esplorativi o ipotetici, essendo improprio l’utilizzo del rinvio pregiudiziale ove rivolto unicamente a conseguire un suggello interpretativo dalla Corte di cassazione, diretto a preservare la decisione del rimettente da una diversa lettura ed applicazione delle norme ad opera del giudice dell’impugnazione;
  • la grave difficoltà interpretativa non possa derivare dalla scelta tra due soluzioni contrapposte e astrattamente configurabili, quando queste non dividono il campo della giurisprudenza di merito. Ciò chiarendo nel sottolineare come, diversamente opinando, ogni questione interpretativa dovrebbe dirsi passibile di essere sottoposta, tramite l’istituto di cui all’art. 363-bis cod. civ., alla decisione della Corte di cassazione, finendo con l’inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice[8];
  • a scongiurare il rischio di appiattimento dell’esercizio ermeneutico da parte dei giudici remittenti, il rinvio pregiudiziale è stato assoggettato a condizioni precise, delle quali la gravità interpretativa e la diffusività del contrasto sono di primario rilievo perché direttamente incidenti sull’effetto virtuoso del non rallentamento della tutela giudiziale dei diritti cui è finalizzata la giurisdizione civile”, puntualizzando che “questa finalità, tuttavia, non si attaglia ad un ogni dubbio interpretativo”.

QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA

In premessa si richiama come sia stato rilevato che “L’indicazione degli «elementi di diritto» non ha altra funzione che quella di prospettare la suddetta riconducibilità dei fatti ad una o più norme e perciò può essere estremamente generica, o addirittura implicita, oltre ad essere non vincolante per il giudice e soggetta a modificazione secondo la regola jura novit Curia[9]. È stato altresì  richiamato come non sia prevista, invece, la nullità per la mancanza degli elementi di diritto inclusi nel n. 4 dell’art. 163.”, sottolineandosi come “A parte l’implicito riferimento alla regola jura novit Curia, problemi possono sorgere nei casi in cui questa mancanza renda incerto il petitum o la causa petendi[10].

Detto ciò[11] appare in ogni caso non solo opportuno come le Parti, rictus i Professionismi(, evidenzino nel sottoporre all’attenzione dell’Organo Giudicante, in origine e nel corso della causa, ogni elemento di diritto ritenuto utile per la decisione, secondo il criterio e perimetro espressi dalle stesse Sezioni Unite, anche gli elementi a conferma ovvero confutazione degli orientamenti dottrinali / giurisprudenziali (ove) nel frattempo intervenuti – come risultanti dagli opportuni approfondimenti dagli stessi effettuati -.

[1] Data pubblicazione 11 aprile 2024.

[2] Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari.

[3] Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

[4] Cass., Sez. Un., 7 ottobre 2019, n. 25021, resa in tema di nullità urbanistica.

[5] Legge 27 febbraio 1985, n. 52, introdotto dall’art. 19, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122.

[6] App. Milano, Sez. II, 19 luglio 2023, n. 2362; Trib. Palermo, sezione II, 21 luglio 2023, n. 3665. Giurisprudenza di merito richiamata nel Provvedimento, quale applicazione di detto  principio.

[7] Pronunce tutte delle Sezioni Unite: n. 30657 del 3 novembre 2023, n. 31016 del 7 novembre 2023 e n. 4071 del 14 febbraio 2024.

[8] Sottolineatura inserita dal commentatore, a meglio richiamare il concetto costituente, ad avviso di questi, il fulcro centrante del Provvedimento in commento.

Ancora più esplicite, sul punto, le S.U. n. 30647, richiamate dal Provvedimento della Prima Presidente, nel precisare “Del resto, appare del tutto evidente che la grave difficoltà interpretativa non può derivare, come sembra adombrare il remittente, dalla “scelta tra due soluzioni contrapposte”, benché implicanti operazioni ermeneutiche differenti (l’una più aderente al testo normativo e l’altra fondata su principi generali ed esigenze evolutive di sistema). Ed infatti, diversamente opinando, ogni questione interpretativa dovrebbe dirsi passibile di essere sottoposta, tramite l’istituto di cui all’art. 363-bis cod. proc. civ., alla decisione della Corte di cassazione, finendo con l’inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice”.

[9] C. Mandrioli e A. Carratta, Diritto Processuale Civile, II, II Processo  di Cognizione, XXIX ed., Giappichelli, Torino, 2024,  pag. 9.

[10] BONSIGNORI, La nullità della citazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1991, p. 745 riportato in C. Mandrioli e A. Carratta (cit.) nota (39), pag. 20.

[11] Considerandosi, inoltre, come con la “Riforma Catrtabia”  all’art. 163, comma 3, n. 4) c.p.c., sua stata inserita l’espressione  “in modo chiaro e preciso” quanto a ciò che  l’attore debba esporre (fatti, elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, relative conclusioni.

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