3 Ottobre 2023

Nullità parziale della clausola claims made e conservazione del contratto: la Cassazione si pronuncia sull’art. 1419, comma 2 c.c.

di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. Terza Sent., 11/04/2023, n. 9616, Pres. Travaglino, Est. Graziosi.

Clausole contrattuali affette da nullità – Inserzione automatica di norme imperative ex art. 1419, comma 2, c.c.

[1] Il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla. (Fattispecie in tema di clausola “claims made” apposta ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile).

Disposizioni applicate

Art. 1419, comma 2 c.c.

CASO

L’attore agiva in giudizio per sentir accertare la responsabilità del commercialista incaricato per grave inadempimento: il professionista aveva infatti applicato un regime fiscale più favorevole alla società attrice, in assenza però dei presupposti di legge, causando alla società un danno ingiusto (a seguito dell’accertamento mosso dall’Agenzia delle Entrate).

Si costituiva in giudizio il commercialista, il quale a sua volta veniva autorizzato a chiamare in causa le due compagnie assicurative con cui aveva stipulato polizze per i rischi della sua attività professionale.

Il Tribunale accoglieva la domanda della società, rigettava la domanda svolta dal convenuto nei confronti di una delle assicurazioni e accoglieva invece, applicando la franchigia contrattuale, la domanda da lui svolta nei confronti dell’altra compagnia assicurativa in rapporto, tra le due polizze claims made da lui invocate, a quella relativa al periodo dal 15 gennaio 2015 al 15 gennaio 2016, ritenendo affetto da nullità parziale il limite di retrodatazione della garanzia in esso previsto con apposita clausola.

La seconda compagnia assicurativa proponeva quindi appello, che tuttavia veniva rigettato. La compagnia proponeva pertanto ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione afferma che l’applicazione dell’art. 1419, comma 2, c.c. impone l’obbligo per il giudice di indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla, ciò al fine di conservare il resto del contratto. Diversamente, in assenza della “norma protesi”, dovrà essere dichiarata la nullità dell’intero contratto.

QUESTIONI

La sentenza in commento si occupa in parte della dichiarazione di nullità parziale di una clausola claims made contenuta in una polizza assicurativa professionale.

In particolare il secondo comma dell’art. 1419 c.c. prevede che “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.

La norma quindi consente di conservare il resto del contratto qualora la clausola nulla possa essere sostituita ex lege da una norma imperativa.

Nel caso di specie il giudice d’appello aveva ritenuto affetta da nullità parziale la clausola claims made della polizza, senza tuttavia individuare la norma imperativa che consentisse di sostituire il disposto gravato da nullità.

Mette conto evidenziare che la nullità parziale della cennata clausola è stata rinvenuta dal giudice sulla base di un orientamento della Suprema Corte, che in particolare con sentenza delle Sezioni Unite n. 22437/2018, riteneva che il limite di retrodatazione della garanzia fosse inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale assicurata e che la clausola non superasse il vaglio di adeguatezza dell’assetto negoziale nella realizzazione della concreta causa del contratto assicurativo, ragione per la quale doveva essere dichiarata la nullità parziale, laddove limitava la garanzia ai sinistri avvenuti nel termine ordinario decennale di prescrizione ma comunque nei due anni antecedenti, e la sua sostituzione con la previsione di estensione della copertura a sinistri verificatisi nei dieci anni antecedenti alla richiesta risarcitoria.

Secondo le Sezioni Unite infatti “il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti-, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati”.

Nel caso in esame la Corte d’appello ha quindi operato correttamente la verifica della clausola in oggetto ai sensi dell’art. 1322, primo comma c.c., giungendo a ritenerla nulla in quanto ostativa alla effettività della tutela invocabile dall’assicurato.

Tuttavia il giudice di secondo grado ha omesso di verificare la possibilità di conservare l’intero contratto in applicazione del secondo comma dell’art. 1419 c.c., limitandosi a pervenire alla “declaratoria di nullità parziale della clausola in esame, con la conseguente operatività della polizza”.

Tale conclusione è errata in quanto la conservazione del contratto è possibile solo laddove venga individuata la norma imperativa in grado di sostituire di diritto la clausola contrattuale parzialmente nulla.

La Suprema Corte pertanto ha accolto il motivo di ricorso, rinviando alla corte d’appello l’individuazione della norma imperativa che il secondo comma dell’art. 1419 c.c. esige, precisando che in difetto dovrà essere dichiarata la nullità dell’intero contratto.

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