27 Settembre 2016

Nullità contrattuale e poteri del giudice: il giudice può «sostituire» d’ufficio la nullità dedotta dalla parte

di Nicoletta Minafra Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 26 luglio 2016, n. 15408

Eccezione – nullità del contratto – Rilievo d’ufficio – Domanda autodeterminata (Cod. civ. 1421, 2909; Cod. proc. civ. 34, 112, 183)

 [1] Il giudice davanti al quale sia stata dedotta (o eccepita) una nullità contrattuale, deve rilevare d’ufficio l’esistenza di cause di nullità diverse da quelle prospettate dalla parte ove ciò risulti dagli atti perché l’accertamento della nullità afferisce a un diritto autodeterminato e ciò comporta che un eventuale profilo diverso di nullità, indipendentemente dalla sua specifica deduzione, deve poter essere comunque esaminato. Pertanto, non sussiste la possibilità di decadere dalla eccezione per aver prospettato nuovi profili di nullità relativi alla stessa clausola contrattuale.

CASO

[1] Con il primo e il secondo motivo, il ricorrente in Cassazione impugna la decisione con la quale la Corte d’Appello, confermando la decisione del Tribunale, ha accolto l’eccezione di decadenza proposta dalla controparte, conseguente alla modifica delle originarie domande (compiuta in sede di riassunzione della causa dopo il mutamento di rito), considerando, in particolare, tardiva la deduzione di nuovi profili di nullità della clausola contrattuale del regolamento del prestito obbligazionario oggetto della controversia.

SOLUZIONE

[1] Con la decisione in commento, la Corte dichiara fondate le summenzionate doglianze chiarendo che il ricorrente aveva già eccepito la nullità della clausola in questione nei precedenti atti del giudizio. Non è, quindi, possibile decadere dalla relativa eccezione per aver proposto nuovi profili di nullità relativi alla medesima clausola contrattuale, alla luce dell’orientamento affermatosi con la sentenza delle sez. un. del 2014, n. 26242, secondo il quale il giudice ha l’obbligo di rilevare d’ufficio l’eventuale esistenza di cause di nullità diverse da quelle già dedotte dalle parti, poiché «l’accertamento della nullità afferisce a un diritto autodeterminato».

QUESTIONI

[1] Le su menzionate sezioni unite hanno chiarito che «il giudice, innanzi al quale sia proposta una domanda di accertamento della nullità negoziale, può rilevare ex officio l’esistenza di una qualsiasi causa di nullità, ancorché diversa da quella originariamente dedotta dalla parte con la domanda introduttiva» (Cass. sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242, su cui v. anche in questo Notiziario, il Focus Nullità del contratto e rilevabilità d’ufficio, a cura di D. Turroni).

La decisione appena citata ha superato il precedente principio di diritto enunciato nel 2012, che aveva affermato il potere del giudice di rilevare d’ufficio delle nullità del contratto, tranne quelle soggette a regime speciale (Cass. sez. un., 4 settembre 2012). Soprattutto ha chiarito che nelle azioni di impugnativa negoziale l’oggetto del giudizio non è il singolo diritto potestativo ma il negozio e il rapporto giuridico da questo prodotto, ovverosia le situazioni soggettive sostanziali che sono originate dal contratto. Di talché, il giudice non deve decidere sulla singola pretesa modificativa ma sulla esistenza o inesistenza dell’intero vincolo contrattuale in esame. Inoltre, il vincolo derivante dalla decisione sulla validità/nullità del contratto, anche quando difetti della domanda di parte, «non si limiterà ai soli segmenti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio in tempi diversi, ma si estenderà a tutti i successivi processi in cui si discuta di diritti scaturenti dal contratto dichiarato nullo». (v. M. Bove, Rilievo d’ufficio della questione di nullità e oggetto del processo nelle impugnative negoziali, 2015).

La Corte ha precisato, inoltre, che in tanto il giudice può decidere in ordine all’annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto in quanto questo sia pienamente valido e produttivo di effetti ab origine, quindi non nullo. Ne deriva il potere-dovere dell’organo giudicante di rilevare d’ufficio la questione di nullità e di deciderla con efficacia di giudicato, senza di incorrere nel vizio di ultrapetizione, poiché tale questione è già immanente all’oggetto originario della domanda.

La Suprema Corte si è spinta poi ad affermare che l’azione di nullità non si identifica con il singolo motivo fatto valere dall’attore, perché si tratta di una domanda autodeterminata: come tale è individuata dal petitum, mentre il mutamento della causa petendi (qui consistenti nel far valere nuove ragioni di nullità) non vale a mutarne i connotati essenziali. Per tale ragione il giudice non ha solo il potere di rilevare d’ufficio le questioni di nullità, anche quando la domanda originariamente proposta si sostanzia in una impugnativa negoziale diversa, ma può, altresì, rilevare cause di nullità differenti rispetto a quelle dedotte dalla parte interessata – a patto che sia possibile desumerne l’esistenza da risultanze degli atti di causa.. Di conseguenza, la parte può valorizzare in corso di causa un diverso motivo di nullità, senza incorrere nel divieto di mutatio libelli (S. Menchini, Le sezioni unite fanno chiarezza sull’oggetto dei giudizi di impugnativa negoziale: esso è rappresentato dal rapporto giuridico scaturito dal contratto, 2015).