Nullità o annullabilità della deliberazione dell’assemblea che ripartisce le spese condominiali: il contrasto giurisprudenziale al vaglio delle Sezioni Unite
di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. Sez. Seconda, Ordinanza interlocutoria 1/10/2019, n. 24476, Pres. Manna, Est. Scarpa
Condominio – Regime invalidità delibere – Invalidità delibera ripartizione oneri condominiali – Nullità o annullabilità – Violazione criteri normativi o regolamentari di suddivisione spese
[1] La Seconda Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di tre questioni, oggetto di contrasto, e precisamente: a) quale sia il regime dell’invalidità afferente la delibera con cui l’assemblea ripartisca gli oneri condominiali in violazione dei criteri normativi o regolamentari di suddivisione delle spese; b) se, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere debba, o meno, operare, allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità; c) se il rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali sia idoneo alla formazione del giudicato implicito sull’assenza di cause di nullità della delibera sottostante.
Disposizioni applicate
Art. 1135 c.c., art. 1136 c.c., art. 1137 c.c., art. 1126 c.c.
CASO
Un condominio otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino, inerente alla quota di contribuzione pari ad un terzo dei lavori di riparazione di un terrazzo di copertura del fabbricato. La domanda monitoria fondava sulle deliberazioni assembleari che avevano ripartito le relative spese. L’opposizione a decreto ingiuntivo instaurata dal condomino veniva respinta in primo grado.
Anche in secondo grado le doglianze del condomino venivano rigettate. Confermando il giudizio di primo grado, la Corte d’appello adita ha ritenuto che le delibere che avevano ripartito le spese relative ai lavori eseguite non erano state tempestivamente impugnate dal condomino, con l’effetto che le stesse non potevano essere contestate in sede di opposizione al decreto ingiuntivo.
Il condomino proponeva quindi ricorso per cassazione.
La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 24476/19, rileva il contrasto giurisprudenziale esistente tra le sezioni semplici in merito – tra le altre – all’individuazione del regime di invalidità delle deliberazioni dell’assemblea condominiale aventi ad oggetto la ripartizione delle spese, e chiede l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite al fine di dirimere i diversi orientamenti fino ad oggi formatisi in giurisprudenza.
SOLUZIONE
Con l’ordinanza interlocutoria in commento, le Sezioni Unite civili saranno chiamate ad esprimersi in merito al regime dell’invalidità delle delibere assembleari aventi ad oggetto la ripartizione degli oneri condominiali. Le Sezioni Unite saranno altresì chiamate a pronunciarsi con riferimento a due questioni processuali relative al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali: da un lato il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere, allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, dall’altro l’idoneità o meno della sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali a formare il giudicato implicito sull’assenza di cause di nullità della delibera sottostante. Il presente contributo si sofferma sul primo quesito, di carattere sostanziale.
QUESTIONI
Il primo quesito sottoposto alle Sezioni Unite riguarda l’individuazione del regime di invalidità (nullità o annullabilità) delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto la ripartizione delle spese in ambito condominiale, attualmente oggetto di contrasto giurisprudenziale.
La dottrina e la giurisprudenza riconoscono una particolare differenza tra nullità e annullabilità delle delibere, con ogni conseguenza sul piano degli effetti, atteso l’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 1137 c.c.
L’individuazione del regime di invalidità della deliberazione assembleare assume infatti rilievo sotto il profilo dell’applicabilità o meno dell’art. 1337 c.c., il quale al secondo comma prevede che “contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.
Tale disposizione, infatti, si riferisce esclusivamente alle impugnazioni delle delibere annullabili. L’azione di nullità, infatti, avendo natura di mero accertamento, può essere invece esperita da chiunque ne abbia interesse (e non solo dai condomini dissenzienti) e senza alcun termine di prescrizione, con ciò mutuando il principio di cui all’art. 1421 c.c.. Pertanto, il termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. non si applica alle azioni dirette a far accertare la nullità delle delibere condominiali.
Parte della giurisprudenza ritiene nulle le deliberazioni che incidono sulla sostanza dei diritti propri dei condomini, come ad esempio le deliberazioni prive degli elementi essenziali di manifestazione della volontà, o quelle con oggetto impossibile o illecito, ovvero quelle che vertono su oggetti esclusi dal potere decisionale proprio dell’assemblea.
Sono ritenute invece annullabili le deliberazioni affette da vizi formali relativi al procedimento di convocazione dell’assemblea e di formazione della sua manifestazione di volontà.
Tra le pronunce rilevanti che accedono a tale ricostruzione, si richiamano le Sezioni Unite della Suprema Corte che, con la sentenza n. 4806 del 7 marzo 2005, hanno affermato che “in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono invece qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto”.
Secondo quanto argomentato dagli ermellini, le cause di nullità delle delibere raffigurerebbero le invalidità riconducibili alla “sostanza”, ovvero all’oggetto degli atti, e non invece connesse con le regole procedimentali relative alla formazione delle decisioni del collegio, presidiate quest’ultime dalla sanzione dell’annullabilità.
Partendo da tale prospettiva, la Corte aveva osservato che “la determinazione e la fissazione dei criteri legali ovvero convenzionali per la ripartizione delle spese, ma, nell’ambito di tali prefissati criteri, la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese”, con ciò sostenendo l’orientamento secondo cui la delibera adottata in violazione di criteri di ripartizione già stabiliti deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri da adottare nel rispetto dell’art. 1123 c.c., così applicando a quest’ultima ipotesi la disciplina di impugnazione di cui all’art. 1137 c.c. (nello stesso senso, Cass. civ. 10586/2019, Cass. civ. 11289/2018, Cass. civ. 27016/2011, Cass. civ. 3704/2011, Cass. civ. 6714/2010, CAss. civ. 7708/2007, Cass. civ. 16793/2006).
Diversamente, un secondo orientamento giurisprudenziale ritiene applicabile alla fattispecie che qui ci occupa il rimedio sanzionatorio della nullità per impossibilità dell’oggetto, trattandosi di invalidità da ricondursi alla “sostanza” dell’atto e non connesse con le regole procedimentali di formazione delle decisioni dell’assemblea (in questo senso, si veda Cass. civ. 19832/2019, Cass. civ. 470/2019, Cass. civ. 33039/2018; Cass. civ. 29220/2018, Cass. civ. 29217/2018, Cass. civ. 19651/2017).
La Seconda Sezione tuttavia precisa che nel caso in cui si ravvisi la nullità delle sole deliberazioni di distribuzione delle spese in cui l’assemblea stabilisce autonomi criteri di ripartizione, mentre si reputino annullabili quelle che violino criteri già precedentemente stabiliti, si incida comunque negativamente sui diritti individuali del singolo condomino.
Nel descritto quadro interpretativo, la distinzione tra ripartizioni di spesa errate annullabili e nulle renderebbe difficile la ricostruzione caso per caso della volontà dell’assemblea, rendendosi invece preferibile la ricerca di un criterio che dia rilievo “agli oggettivi effetti pregiudizievoli della delibera sulle sfere patrimoniali individuali”.
Mette conto evidenziare che la valutazione del merito della deliberazione è lasciata al giudice, il quale è chiamato ad interpretare la stessa secondo i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362 ss.: trattandosi di valutazione che costituisce un apprezzamento di fatto, se sorretta da congrua motivazione dovrà ritenersi insindacabile in sede di legittimità (Cass. civ. 12556/2002).
Su tale aspetto pertanto le Sezioni Unite saranno quindi chiamate ad esprimersi.
Pur soffermandoci in questa sede solo sull’aspetto di diritto sostanziale sopra esaminato, merita in ogni caso evidenziare che l’ordinanza interlocutoria ha rilevato la necessità di un intervento interpretativo delle Sezioni Unite anche su due profili processuali inerenti al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo promosso avverso l’ingiunzione di pagamento delle spese condominiali.
In particolare, le Sezioni Unite dovranno decidere se il giudice dell’opposizione possa sindacare o rilevare le ragioni di nullità della delibera assembleare di ripartizione delle spese su cui è fondata l’ingiunzione, o se invece tale delibazione debba restare riservata al giudice dell’impugnazione ex art. 1137 c.c. e, inoltre, se il rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali sia idoneo alla formazione del giudicato implicito sull’assenza di cause di nullità della delibera sottostante.
18 Settembre 2020 a 18:55
Mi pare che la Corte di Cassazione non abbia mai chiarito sufficientemente come un caso di nullità sostanziale di tutta evidenza, che molto fa discutere per la ripartizione delle spese condominiali a carico di condòmini terranei (soprattutto titolari di esercizi commerciali), consista nella violazione dell’art. 1123 c.c. per quanto riguarda le spese d’uso di scale ed ascensore di regola interdetto ai medesimi privandoli anche delle chiavi di accesso al portone condominiale.
Eppure l’art. 1123 c.c. mi pare abbastanza chiaro nell’escludere i proprietari, ad esempio, di negozi che non dispongono di scantinati o altri locali siti a livello diverso da quello terraneo dalle spese d’uso di scale ed ascensore.
Mi pare poi assai poco condivisibile l’assunto della S.C. attinente all’obbligo dei condomini suddetti di partecipazione alle spese di manutenzione di tali elementi (scale ed ascensore) in quanto utilizzabili per accedere al tetto in caso di necessità. Al riguardo farebbe bene la S.C. a distinguere tra spese di manutenzione ordinaria e spese di manutenzione straordinaria; dopo di che potrebbe individuare come criterio ineccepibile di ripartizione delle spese per i condòmini terranei, su base interpretativa della norma suddetta, quello consistente nell’addebitare a tali condòmini inevitabilmente
le quote di partecipazione alle spese di conservazione del fabbricato, ossia le spese di manutenzione straordinaria, in quanto anche tali condomini sono di regola proprietari degli impianti di scale ed ascensore in ragione dei rispettivi millesimi a prescindere dall’uso; mentre è assai poco convincente, a mio avviso, l’assunto che anche i negozianti hanno diritto di accedere al tetto in caso di necessità puramente ipotetica ed assai improbabile (sicuramente meno probabile, ad esempio, dell’accesso del postino ad un piano intermedio per la consegna di un plico raccomandato, non considerato dalla S.C.).
Temo, in definitiva, che anche l’Ordinanza interlocutoria in questione non varrà forse a risolvere le vertenze tra condòmini terranei con accesso esclusivo autonomo ed il Condominio per l’addebito di spese ordinarie d’uso delle scale ed ascensore.