Notificazioni: la natura occasionale del vincolo di colui che la riceve può essere provato con qualsiasi mezzo
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. V, 27 dicembre 2022, n. 37840, Pres. Fuochi Tinarelli – Est. D’Aquino
[1] Notificazioni – Relazione del consegnatario della notifica con il destinatario – Prova (artt. 145, 148, 160 c.p.c., 2699, 2700 c.c.)
Massima: “Le dichiarazioni rese dal consegnatario della notifica al pubblico ufficiale che la esegue non sono coperte da pubblica fede. Deve dunque essere ammessa la prova contraria volta a dimostrare la loro falsità, nel caso di specie relativa alla circostanza che il soggetto che ha ricevuto la notifica fosse legato da vincoli di natura meramente occasionale con il luogo in cui la notificazione era avvenuta”.
CASO
[1] Una società contribuente impugnava un preavviso di fermo amministrativo deducendo l’omessa notificazione delle cartelle presupposte e la decadenza dal potere di riscossione, essendo la notificazione stata eseguita in un luogo diverso dalla sede statutaria e privo di collegamento con la società contribuente, nonché effettuata a mani di persona incaricata priva di alcun collegamento con il destinatario.
La CTP di Ragusa rigettava il ricorso ritenendo le cartelle correttamente notificate, con una decisione che veniva confermata dall’adita CTR della Sicilia, Sezione staccata di Catania, in rigetto dell’appello della società contribuente. In particolare, il giudice di appello riteneva che le cartelle fossero state notificate al medesimo indirizzo, una delle quali a mani dell’amministratore e l’altra a mani di soggetto indicato come incaricato; riteneva, inoltre, che la notificazione avvenuta presso l’ultimo domicilio del contribuente risultante dalla dichiarazione precedente dovesse ritenersi valida, avendo il contribuente l’onere di comunicare le variazioni del proprio domicilio fiscale; da ultimo, riteneva che l’attestazione di consegna dell’atto a un addetto alla sede facesse fede sino a querela di falso.
Contro tale decisione, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.
Con il primo motivo deduceva, in relazione all’art. 360, 1°co., n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 145, 148, 160 c.p.c., nonché dell’art. 2193 c.c. nonché, in relazione all’art. 360, 1°co., n. 5), c.p.c., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata riteneva regolare la notificazione dell’atto presupposto costituito da una delle cartelle di pagamento, non avvenuta presso la nuova sede legale, notificazione avvenuta a mani di soggetto diverso dal legale rappresentante. Osserva il ricorrente di avere dedotto sin dal primo grado di giudizio il mutamento di indirizzo della sede amministrativa e che l’Ufficio fosse a conoscenza di questa nuova sede, essendo stato eseguito un accesso dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate presso i locali dell’impresa. Deduce, pertanto, la nullità della notificazione della cartella in oggetto in quanto non eseguita presso la sede legale dell’impresa, e che la notificazione eseguita presso luogo diverso dalla sede legale preclude la riferibilità al destinatario della notificazione eseguita a mani di un addetto.
Con il secondo motivo deduceva, in relazione all’art. 360, 1°co., n. 3), c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2699, 2700 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonché, in relazione all’art. 360, 1°co., n. 5), c.p.c., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Osserva parte ricorrente che il soggetto consegnatario della notificazione fosse legato a vincoli di natura meramente occasionale con il luogo in cui la notificazione è avvenuta e che tale circostanza fosse comprovabile senza ricorrere a querela di falso, deducendo di avere provato nel corso del giudizio di merito l’estraneità della consegnataria rispetto al luogo in cui è stata eseguita la consegna.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, dopo aver affermato l’infondatezza del primo motivo di ricorso proposto, ritiene il secondo meritevole di accoglimento.
In relazione al primo motivo di ricorso, infatti, a parere della Cassazione il giudice di appello si sarebbe uniformato alla costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicarne il proprio all’Ufficio tributario, nonché di tenere detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni; il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente a eseguire le notifiche nel domicilio fiscale per ultimo noto (ex plurimis, Cass., 28 dicembre 2016, n. 27129; Cass., 24 settembre 2015, n. 18934), ovvero presso l’ultima residenza risultante dalla dichiarazione dei redditi (Cass., 11 gennaio 2006, n. 342; Cass., 27 luglio 2007, n. 16723), non essendo l’Amministrazione finanziaria tenuta a controllare l’esattezza del domicilio eletto (ancora, Cass., 25 maggio 2020, n. 9567; Cass., 21 febbraio 2020, n. 4675; Cass., 10 ottobre 2019, n. 25450), né a tenere conto di ulteriori elementi fattuali (Cass., 23 ottobre 2020, n. 23362). Di talché, a fronte dell’incensurato accertamento in fatto (compiuto dal giudice di appello) circa l’omessa comunicazione della variazione della sede legale, l’Amministrazione finanziaria era legittimata a eseguire la notificazione nel luogo ad essa noto, senza tenere conto di circostanze in fatto ulteriori, come l’esecuzione di accessi o verifiche presso un luogo diverso dalla sede conosciuta dall’Ufficio. Il motivo viene giudicato parimenti infondato nella parte in cui deduce l’assenza di collegamento del consegnatario con il destinatario dell’atto notificato, posto che, una volta che l’atto è pervenuto all’indirizzo del destinatario, lo stesso deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione (così, Cass., 14 novembre 2019, n. 29642).
Il secondo motivo di ricorso, come anticipato, viene invece dichiarato fondato.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione, infatti, l’efficacia probatoria dell’atto pubblico, nella parte in cui fa fede fino a querela di falso, è limitata agli elementi estrinseci dell’atto, indicati all’art. 2700 c.c., e non si estende al contenuto intrinseco del medesimo, che può anche non essere veritiero; ne consegue che è ammessa qualsiasi prova contraria, nei limiti consentiti dalla legge, in ordine alla veridicità e all’esattezza delle dichiarazioni rese nel menzionato atto dalle parti (in tal senso, Cass., 20 ottobre 2020, n. 22730; Cass., 25 luglio 2019, n. 20214). La pubblica fede, vincibile con lo strumento processuale della querela di falso, è pertanto limitata ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o dei quali abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni a lui rese, ma non può estendersi alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi; nel qual caso il contenuto delle dichiarazioni contenute nell’atto pubblico fa fede fino a prova contraria, la quale può essere fornita con qualsiasi mezzo (tra le tante, Cass., 16 dicembre 2020, n. 28765; Cass., 18 maggio 2020, n. 9105; Cass., 10 maggio 2019, n. 12522).
Nel caso di specie, la sentenza impugnata – a fronte della deduzione da parte della società contribuente della sussistenza di elementi di fatto finalizzati a somministrare la prova contraria che il soggetto consegnatario della notificazione fosse legato a vincoli di natura meramente occasionale con il luogo in cui la notificazione era avvenuta – si è limitato a sancirne la loro irrilevanza, attribuendo fede pubblica alle dichiarazioni rese dal consegnatario al pubblico ufficiale, le quali, come osservato dal ricorrente in memoria, «non attengono a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale».
Conseguentemente la Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione.
QUESTIONI
[1] Venendo all’esame delle questioni affrontate dalla Cassazione, nessun problema particolare pare discendere dalla prima, in materia di onere del contribuente di indicare all’Amministrazione Finanziaria ogni variazione inerente al proprio domicilio fiscale.
Resta solo da aggiungere che la decisione di infondatezza della Suprema Corte poggia su un orientamento che è conforme al generale principio secondo cui è onere del contribuente indicare all’ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e a tenere detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni, non potendosi addossare all’Amministrazione l’onere di ricercare il contribuente fuori dall’ultimo domicilio (in tal senso, Cass., 26 maggio 2021, n. 14579; Cass., 11 maggio 2018, n. 11504).
La seconda questione, viceversa, attiene all’efficacia da riconoscere all’attestazione del pubblico ufficiale di avvenuta notifica dell’atto presso il consegnatario – e, conseguentemente, alla possibilità per quest’ultimo di sconfessare dette risultanze per dimostrare l’esistenza di vizi inficianti il processo di notificazione.
Anche sotto questo punto di vista la decisione in commento appare in linea con l’orientamento granitico della Cassazione che, qualificando tale attestazione nei termini di atto pubblico, riconosce efficacia pienprobante – vincibile con l’esperimento della querela di falso – esclusivamente agli elementi estrinseci dell’atto, e classificando le dichiarazioni ivi contenute (ossia, i relativi elementi intrinseci) quali prove liberamente valutabili dal giudice, ammettendo la parte a provare con ogni mezzo la falsità delle dichiarazioni ivi contenute.
Dunque, le affermazioni rese dal consegnatario della notificazione circa i vincoli intercorrenti con il destinatario (la società contribuente) non possono ritenersi coperte da efficacia piennprobante, con la conseguenza per cui deve essere concesso al destinatario di dimostrare in giudizio la non veridicità di esse, per provare la natura meramente occasionale del vincolo tra il consegnatario e il luogo della notificazione (senza onere di esperire querela di falso).
Correttamente, si crede, la Cassazione ha rilevato l’errore commesso dal giudice del merito, il quale si è limitato a sancire l’irrilevanza delle deduzioni della società contribuente in ordine alla sussistenza di elementi di fatto finalizzati a somministrare la prova che il soggetto consegnatario della notificazione fosse legato a vincoli di natura meramente occasionale con il luogo in cui la notificazione era avvenuta, attribuendo fede pubblica alle dichiarazioni rese dal consegnatario medesimo al pubblico ufficiale: queste ultime, infatti, non attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale, non sono coperte da alcuna efficacia pienprobante.
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