Notifica del ricorso a mezzo p.e.c.: la Cassazione conferma la linea «antiformalista»
di Andrea Ricuperati Scarica in PDFCass. civ., Sez. III, 19.12.2016, n. 26102 – Pres. Chiarini – Rel. Barreca
[1] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – mancanza della firma digitale sulla copia notificata – nullità – insussistenza – condizioni (C.p.c. artt. 156, 160 – L. 21.1.1994, n. 53, art. 3-bis)
[2] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – conoscenza dell’atto da parte del destinatario – raggiungimento dello scopo – sanatoria (C.p.c. artt. 156, 160 – L. 21.1.1994, n. 53, art. 3-bis)
[3] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza dell’avvocato notificante – necessità – esclusione (L. 21.1.1994, n. 53, art. 7)
[4] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – copia informatica di documento originale analogico – attestazione di conformità – sufficienza (L. 21.1.1994, n. 53, art. 3-bis – D.Lgs. 7.3.2005, n. 82, art. 22, comma 2)
MASSIME
[1] L’assenza della firma digitale sulla copia informatica dell’atto processuale di parte notificato con modalità telematiche non determina la nullità della notificazione, quando l’originale dell’atto risulti sottoscritto dall’avvocato e non sussista assoluta incertezza sull’identificazione della parte o del suo difensore.
[2] La nullità della notificazione telematica di un atto processuale non può mai essere dichiarata se la notificazione ha raggiunto lo scopo di portare l’atto a conoscenza del destinatario.
[3] Dal 25 giugno 2014 l’avvocato può validamente notificare un atto “in proprio” con modalità telematiche, anche se sprovvisto dell’autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza.
[4] Per la regolarità della notificazione telematica di un atto giudiziario è sufficiente che la relativa copia informatica venga attestata conforme all’originale analogico dall’avvocato notificante secondo le disposizioni normative vigenti ratione temporis.
CASO
[1-2-3-4] Tizio proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva – in riforma della pronuncia di accoglimento di un’opposizione di terzo all’esecuzione – respinto detta opposizione.
La notifica del gravame avveniva a cura dell’avvocato con invio, mediante posta elettronica certificata, di una copia informatica per immagine dell’originale cartaceo (analogico) del ricorso, ai sensi della L. 21.1.1994, n. 53.
Una delle parti resistenti eccepiva in sede di discussione orale la nullità della notificazione per mancanza di alcuni elementi formali essenziali (in particolare la firma digitale del difensore sull’atto notificato) stabiliti dalla L. n. 53/1994.
SOLUZIONE
[1-2-3-4] La Corte di Cassazione ha respinto l’eccezione, argomentando che:
- l’omessa sottoscrizione della copia notificata produce nullità della notifica solo laddove l’assenza della firma determini assoluta incertezza sull’identificazione della parte e/o del suo procuratore: e la presenza della firma in calce all’originale dell’atto così come l’univoca riconducibilità dell’indirizzo PEC del mittente (risultante da pubblico elenco) al difensore escludono ogni incertezza al riguardo;
- la notificazione telematica ha comunque raggiunto lo scopo di portare il destinatario a conoscenza dell’atto, sicché l’eventuale irritualità del procedimento notificatorio non sarebbe idonea a generare alcuna nullità;
- la notifica de qua risulta comunque conforme allo schema normativo, sia sotto il profilo della non necessità dell’autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza dell’avvocato notificante (superflua in caso di uso dello strumento della posta elettronica certificata, in quanto a decorrere dal 25.6.2014 l’art. 7 L. n. 53/1994 vige solo per le altre modalità di notifica “in proprio”), sia sotto l’aspetto dell’attestazione di conformità della copia all’originale, essendo stato rispettato il disposto dell’art. 22, comma 2, del D.Lgs. 7.3.2005, n. 82 applicabile ratione temporis).
QUESTIONI
[1-2-3] La sentenza in commento prosegue – in tema di notificazioni telematiche – la linea liberale e “sostanzialista” inaugurata nella giurisprudenza di legittimità dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 7665 del 18 aprile 2016 (in questa Rivista, edizione del 4.7.2016), mirante a valorizzare la legale conoscenza dell’atto in capo al destinatario per il superamento di praticamente tutte le deviazioni del procedimento notificatorio dallo schema formale previsto dalla legge, con la conseguente irrilevanza delle medesime in quanto sanate dal raggiungimento dello scopo ex art. 156, ultimo comma, c.p.c.: raggiungimento nella fattispecie pacifico, atteso che il difensore della società destinataria della notifica telematica – ricevuto l’atto – ha partecipato attivamente alla discussione orale del ricorso.
Parimenti ineccepibile appare il rilievo secondo il quale l’avvocato notificante a mezzo PEC non abbisogna di alcuna autorizzazione consiliare per curare detta incombenza: il disposto del comma 4-bis dell’art. 7 della L. n. 53/1994 è chiaro in tal senso.
Qualche perplessità destano, invece, le ulteriori due affermazioni del Supremo Collegio.
Con riguardo all’assenza della firma digitale sulla copia informatica per immagine dell’atto notificato a mezzo PEC, nulla quaestio sulla sua inidoneità a determinare incertezze circa l’individuazione della parte o del difensore; in realtà, ad avviso di chi scrive, il requisito della firma digitale – prim’ancora che irrilevante – appare non obbligatorio, come emerge dal quarto alinea dell’art. 19-bis del provvedimento ministeriale 16.4.2014 contenente le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44” (cd. regolamento del processo civile telematico), dove la protasi “Qualora il documento, di cui ai commi precedenti, sia sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata” lascia intendere che in alcuni casi – tipicamente quello in cui l’atto da notificarsi telematicamente non è “nativo digitale” – l’apposizione della firma digitale non occorra.
Circa la ritenuta ortodossia dell’attestazione di conformità della copia all’originale, l’assunto secondo il quale detta attestazione è stata compiuta in ossequio al disposto del capoverso dell’art. 22 del codice dell’amministrazione digitale (CAD) sembra troppo sibillino. Invero, il richiamo a tale norma esigeva un’asseverazione da effettuarsi secondo regole tecniche (= quelle contemplate dall’art. 71 del CAD) all’epoca non ancora esistenti (sarebbero state approvate solo col D.P.C.M. 13.11.2014, mentre la notifica esaminata dalla Corte risaliva al 16.9.2014). L’impasse veniva superata da una parte della dottrina reputandosi applicabile l’art. 18, comma 4, del D.M. n. 44/2011 (“L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma dell’articolo 3-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 53.”) quale norma avente la funzione di supplire alla temporanea assenza delle regole tecniche in punto asseverazione. La problematica è stata oggi risolta dalla modifica dell’art. 3-bis, comma 2, della L. n. 53/1994, che ora esige per l’attestazione della conformità il rispetto del canone sancito dall’art. 16-undecies del D.L. 18.10.2012, n. 179 (conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221).