28 Gennaio 2025

Norme del regolamento di condominio e deroga al potere gestorio alle liti da parte dell’amministratore

di Francesco Luppino, Dottore in legge e cultore della materia di diritto privato presso l'Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. III, ordinanza 16.01.2025 n. 1050. Presidente F. De Stefano – Estensore C. Valle

Massima:Le questioni in tema di deroga da parte del regolamento di condominio all’attribuzione per legge dei poteri gestori delle liti all’amministratore, poiché il potere dell’amministratore di rappresentare il condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all’art. 1131 c.c. deriva direttamente dalla legge e non può soffrire limitazione né per volontà dell’amministratore, né per deliberazione dell’assemblea, dal che deriva che la clausola contenuta in un regolamento condominiale (ancorché deliberato per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini), secondo cui l’autorizzazione a stare in giudizio debba essere deliberata dall’assemblea, semmai a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, poiché il quarto comma dell’art. 1138 c.c. prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni ivi menzionate, fra le quali appunto è appunto compresa quella di cui all’art. 1131 c.c..

CASO

Il caso oggetto della pronuncia in commento origina da un’opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c. spiegata da un condomino avverso un atto di precetto notificatogli per diverse migliaia di euro dal rispettivo Condominio.

L’opponente denunciava l’illegittimità dell’azione esecutiva per mancanza di identificazione del titolo e per insussistenza del debito, assumendo di aver già interamente corrisposto il dovuto, nonché per essere stato il precetto promosso dall’amministratore del condominio nonostante esso fosse cessato dalla carica, risultando, quindi, in carenza dei poteri riconosciutigli dalla legge per stare in giudizio.

Il Tribunale di Bari adìto dal condomino opponente, instaurato il contraddittorio, ritenuta l’inefficacia del precetto per avere il condominio opposto notificato un ulteriore atto di precetto rispettoso dei difetti formali denunciati dall’opponente, decideva la causa ai fini della regolazione delle spese processuali, dichiarando cessata la materia del contendere sui motivi di opposizione formale, proposti ai sensi dell’art. 617 c.p.c., e rigettando i motivi diversi, ossia di opposizione di merito, condannando alle spese il condomino opponente in applicazione dei principi in tema di soccombenza virtuale ed effettiva.

Il soccombente in primo grado impugnava la suddetta sentenza del Tribunale barese proponendo ricorso per cassazione cui resisteva con controricorso il Condominio.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza 16.01.2025 n. 1050, ha rigettato il ricorso, in quanto in parte inammissibile e in parte infondato, per i motivi di seguito analizzati aventi ad oggetto, nello specifico, i casi in cui sussiste la proroga dei poteri gestori e di rappresentanza che la legge riconosce in capo all’amministratore di condominio. 

QUESTIONI

Il ricorso per Cassazione avverso la pronuncia del Tribunale barese si fonda su 5 motivi, dei quali solo due sono stati effettivamente esaminati dai giudici di legittimità, entrambi attinenti ai poteri dell’amministratore del Condominio controricorrente nel giudizio di legittimità.

Sia consentita un breve premessa circa i poteri gestori riconosciuti dalla legge in capo all’amministratore di condominio.

L’art. 1130 c.c., rubricato “Attribuzioni dell’amministratore”, fornisce un elenco dettagliato dei compiti cui corrispondono altrettanti poteri in capo all’amministratore, quale organo rappresentativo e gestorio del condominio, quest’ultimo, come noto, ente di gestione privo di personalità giuridica.

L’elencazione contenuta all’art. 1130 c.c. non è esaustiva né tantomeno tassativa, posto che il regolamento condominiale può contenere ulteriori previsioni al riguardo.

L’art. 1131 c.c., invece, rubricato “Rappresentanza”, indica i casi in cui l’amministratore di condominio detiene il potere di rappresentare i partecipanti nonché il potere di agire in giudizio sia contro i singoli condomini che contro i terzi.

La pronuncia in commento consente di approfondire una situazione piuttosto comune nelle dinamiche condominiali, nota, in gergo tencnico-giuridico, come “prorogatio”.

Nell’universo del diritto con il termine “prorogatio” si intende un istituto giuridico per il quale i titolari degli organi (si pensi anche agli amministratori delle società o di associazioni) possono continuare ad esercitare le loro funzioni nonostante sia scaduto il loro mandato, in attesa della nomina o dell’elezione dei “successori”.

In particolare, il caso di specie riguarda la prorogatio dei poteri dell’amministratore di condominio nell’ipotesi in cui non ricopra più tale carica gestoria, ad esempio perché dimissionario o revocato o, ancora, perché si versa in quella “terra di mezzo” in cui all’amministratore non è stata rinnovata la nomina, ma non è stato neppure incaricato il suo successore.

Occorre domandarsi, infatti, se le regole e i principi poc’anzi esaminati, ossia quelli sanciti dagli artt. 1130 e 1131 c.c., trovano applicazione anche in presenza di un regolamento di condominio di tipo contrattuale contenente previsioni in deroga rispetto al dictum legale.

Nel caso oggetto della pronuncia in commento il regolamento vigente in condominio prevedeva una clausola che subordinava l’autorizzazione a stare in giudizio alla delibera assembleare.

Il regolamento ha natura contrattuale -non assembleare- nei casi in cui costituisce il risultato dell’unanime volontà, per l’appunto “contrattuale”, espressa dalla compagine condominiale, idoneo, pertanto, a derogare la disciplina sancita dalla legge e dal Codice civile, purché non sia contrario a norme imperative (ai sensi dell’art. 1372 c.c. «il contratto ha forza di legge tra le parti»).

Secondo gli Ermellini è doveroso interrogarsi circa la fonte dei poteri gestori e rappresentativi dell’amministratore.

Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno aderito ad un orientamento della giurisprudenza di legittimità già sostenuto da un arresto del 2021[1], in base al quale “le questioni in tema di deroga da parte del regolamento di condominio all’attribuzione per legge dei poteri gestori delle liti all’amministratore, poiché il potere dell’amministratore di rappresentare il condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all’art. 1131 c.c. deriva direttamente dalla legge e non può soffrire limitazione né per volontà dell’amministratore, né per deliberazione dell’assemblea, dal che deriva che la clausola contenuta in un regolamento condominiale (ancorché deliberato per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini), secondo cui l’autorizzazione a stare in giudizio debba essere deliberata dall’assemblea, semmai a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, poiché il quarto comma dell’art. 1138 c.c. prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni ivi menzionate, fra le quali appunto è appunto compresa quella di cui all’art. 1131 c.c.”, norma, quest’ultima, che unitamente all’art. 1130 c.c. elenca le attribuzioni riconosciute dalla legge all’amministratore.

Valga la pena evidenziare anche il seguente ulteriore aspetto affrontato dai giudici di legittimità nella pronuncia in commento.

Il ricorrente aveva argomentato le limitazioni temporali alla proroga dei poteri gestori in capo all’amministratore di condominio sulla base di una normativa di carattere pubblicistico, quale il D.L. n. 293 del 16/05/1994 convertito con modificazioni in L. n. 444 del 15/07/1994, che prevedeva limitazioni ai suddetti poteri.

Tuttavia, la Suprema Corte ha evidenziato come la normativa citata non poteva -e doveva- trovare applicazione nel caso di specie, attesa l’“evidente impossibilità di assimilare le due fattispecie” richiamate, ossia, la figura dell’amministratore di condominio, relativamente al caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, e la disciplina della proroga degli organi amministrativi per quanto riguarda l’oggetto della normativa citata dal ricorrente.

In conclusione, il regolamento di condominio non può derogare le attribuzioni dell’amministratore che gli sono riconosciute dalla legge, tra cui spicca il potere di rappresentanza sancito dall’art. 1131 c.c., poiché tale ultimo potere discende direttamente dalla legge ed è estranea tanto alla volontà dell’amministratore medesimo quanto a quella della compagine condominiale espressa in una specifica delibera anche se assunta all’unanimità e sia, pertanto, espressione di una volontà di tipo contrattuale.

[1] Cassazione civile, sez. II, sentenza 29 gennaio 2021, n. 2127.

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