8 Giugno 2021

Non costituisce errore di fatto revocatorio l’omesso rilievo dell’invalidità della notificazione del ricorso per Cassazione

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. III, 26 maggio 2021, n. 14610, Pres. Travaglino – Est. Diflorio

[1] Ricorso per Cassazione – Revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione – Errore di fatto – Nozione (artt. 391-bis, 395 c.p.c.)

Mentre l’omesso esame del fatto sostanziale o processuale è suscettibile di dare luogo rispettivamente al vizio motivazionale o alla violazione di norma processuale, l’errore revocatorio implica l’attività di falsa supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto processuale o sostanziale, non oggetto di controversia fra le parti, incontrastabilmente escluse, l’esistenza o inesistenza, dagli atti o documenti di causa. 

CASO

[1] All’esito di un giudizio sfociato in una pronuncia di legittimità, la Regione Basilicata proponeva ricorso per revocazione avverso la decisione della Corte di cassazione denunciando l’esistenza del vizio revocatorio ex art. 395, n. 4), c.p.c.

Per l’esattezza, premesso che la Regione Basilicata non aveva partecipato al giudizio di legittimità, e che la stessa si era costituita in appello a mezzo di nuovo difensore, in sostituzione dei precedenti cessati dal servizio alle dipendenze dall’ufficio legale dell’ente, la notifica del ricorso per cassazione non veniva indirizzata al nuovo difensore ed era dunque da considerarsi inesistente in quanto in violazione dell’art. 330 c.p.c., identificante il luogo di notificazione dell’impugnazione. A parere dei ricorrenti, si era pertanto verificato un errore revocatorio, integrato dall’errata percezione della circostanza che il ricorso era stato notificato a tutte le parti intimate presso i procuratori domiciliatari costituiti nel grado di appello, mentre ciò non era avvenuto nei confronti della Regione Basilicata. In conclusione, in presenza del rilevato vizio della notifica, il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte, adita in via di revocazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., dichiara l’inammissibilità del motivo proposto.

Nello sviluppo del proprio ragionamento, la Cassazione effettua una preliminare distinzione tra l’invocato vizio revocatorio e altri tipi di patologie che possono affliggere il provvedimento impugnato, evidenziando come, ai fini della configurazione del primo, sia essenziale la presenza di un’attività percettiva del giudice poi tradottasi, con efficacia causale, nella supposizione di esistenza di un fatto la cui inesistenza sia incontrovertibilmente esclusa dagli atti di causa, o viceversa.

La pronuncia muove infatti dal rilievo secondo cui la revocazione della sentenza di cassazione è consentita per vizi del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un errore di fatto, ossia un errore percettivo che può riguardare anche l’esame degli atti dello stesso processo di cassazione (in tal senso, viene richiamata Cass., 4 gennaio 2006, n. 24), con la conseguenza per cui, nel caso di specie, affinché il ricorso per revocazione sia ammissibile è necessario che la valutazione di corretta instaurazione del rapporto processuale sia inficiata non da un errore di diritto – per aver considerato valida una notificazione altrimenti invalida -, ma da un errore di fatto, rilevante come errore percettivo nel significato sopra esposto.

Viene così chiarita la differenza tra il supporre (erroneamente) l’esistenza del fatto e l’omessa (attività) di valutazione: come affermato dalla richiamata Cass., 21 luglio 2010, n. 17110, “la viziata percezione, la supposizione errata della sussistenza o insussistenza del fatto, dovrà necessariamente essere espressa e mai implicita, posto che in tal caso sussisterebbe piuttosto vizio di motivazione, di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. In tal senso, ove l’errore del giudice non sia frutto di un’errata supposizione, direttamente desumibile dagli atti e documenti di causa, circa la sussistenza di un fatto decisivo e non contestato, ma di un’omessa percezione di tale fatto, essa non potrà integrare gli estremi dell’errore revocatorio, ricadendo, al contrario, nell’ambito di un’omessa valutazione dei fatti di causa, che sarebbe censurabile ex art. 360, n. 5), c.p.c., se si riferisse a fatti sostanziali, ovvero ex art. 360, n. 4), c.p.c., ove si trattasse di omesso esame di fatti processuali”. In altri termini, l’omesso esame di una circostanza processuale non corrisponde alla falsa percezione perché, mentre quest’ultima comporta l’erronea supposizione, la prima resta un fatto che non si traduce in alcuna attività e a cui la legge collega unicamente l’effetto del vizio motivazionale o della violazione processuale; ai fini della configurazione del vizio revocatorio, viceversa, deve emergere un’attività percettiva del giudice, la quale si sia tradotta nella positiva supposizione in motivazione di un fatto, incontrovertibilmente contraddetta dagli atti. Come efficacemente affermato dal provvedimento in commento, “fatto costitutivo della revocazione è in definitiva non l’effetto della violazione processuale, ma l’eventuale attività percettiva e di supposizione, manifestatasi nella motivazione, che costituisca la causa di quell’effetto (da cui anche la necessaria decisività dell’errore revocatorio)”.

Il motivo di revocazione proposto nel caso di specie non mirava a denunciare l’esistenza di un’erronea supposizione che sarebbe stata compiuta dalla Corte e che si sarebbe manifestata in motivazione (involgente, nel caso di specie, la ritualità della notificazione del ricorso per cassazione), bensì la mera circostanza della mancata notifica del ricorso per cassazione al nuovo difensore, fatto processuale che nel motivo viene qualificato come in violazione dell’art. 330 c.p.c.: in definitiva, ciò che si denuncia è la mera non ritualità della notificazione, senza denunciare una specifica supposizione che sia stata espressione di un errore di percezione degli atti processuali.

In termini ancora differenti, nel caso di specie si è al cospetto della mera mancanza di disamina della questione inerente alla ritualità della notificazione del ricorso per cassazione al difensore, e non di un’erronea attività percettiva sul medesimo oggetto: l’errore denunciabile nel caso di specie era, dunque, una violazione processuale e non un errore revocatorio.

QUESTIONI

[1] Con la pronuncia in commento, la Cassazione viene sollecitata a pronunciarsi sui requisiti integranti l’errore di fatto revocatorio, in particolar modo in contrapposizione ad altri vizi che possono affliggere il provvedimento impugnato, quali quelli censurabili ex art. 360, nn. 4) e 5) c.p.c.

I confini tra errore di fatto revocatorio – che, lo si ricorda, ai sensi dell’art. 395, n. 4), c.p.c., può considerarsi integrato «quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare» – e gli altri vizi testé richiamati sono già stati esaustivamente illustrati in sede di analisi della soluzione offerta dalla Suprema Corte nel caso in esame, sicché ci si può ora limitare a ricordarli nei loro caratteri essenziali: l’errore revocatorio richiede la presenza di un’attività percettiva del giudice, tradottasi nella falsa supposizione circa l’(in)esistenza di un fatto, in contrasto con le risultanze degli atti di causa, che deve essere necessariamente espressa nel testo del provvedimento; diverso, viceversa, è il caso dell’omessa (e non, dunque, errata) percezione di un fatto sostanziale o processuale, suscettibile di integrare, rispettivamente, i vizi di cui all’art. 360, nn. 5) o 4) c.p.c. (per approfondimenti, si rinvia a C. Consolo, A. Parisi, sub art. 391-bis, in C. Consolo (diretto da), Codice di procedura civile. Commentario, Milano, 2018, III, 8 ss.).

Maggiormente utile, al fine di offrire un contenuto ai concetti sin qui esposti, appare effettuare una breve carrellata di provvedimenti di legittimità intervenuti proprio sulla distinzione in discorso.

Tra le pronunce che hanno negato la configurabilità dell’errore di fatto revocatorio possiamo allora ricordare: a) Cass., 15 novembre 2013, n. 25654, ove si era denunciata la circostanza per cui la Cassazione non si sarebbe avveduta della nullità della notificazione del ricorso perché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale e non presso l’Avvocatura generale dello Stato in quanto, in tal caso, a venire in rilievo è non già la percezione di un fatto inesistente affermato come esistente, ma unicamente il mancato apprezzamento in termini di nullità della notificazione del ricorso, e dunque la denuncia di un errore di giudizio; b) Cass., 4 gennaio 2006, n. 24, nel caso di ricorso proposto sull’assunto che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto validi l’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi a sé e la relativa notificazione, trattandosi, di nuovo, di errore di diritto e non di fatto; c) Cass., 20 dicembre 2016, n. 26278, in relazione a un caso di omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione sotto il profilo del luogo in cui è stata eseguita; d) Cass., 31 agosto 2005, n. 17593, nel caso di una sentenza emessa a conclusione di un giudizio in cui l’avviso di udienza era stato notificato presso la cancelleria e non all’avvocato domiciliatario, trasferito altrove, e risultasse che questi non avesse comunicato in cancelleria il mutamento di indirizzo dello studio, non assumendo alcun rilievo la conoscenza del nuovo indirizzo che l’ufficiale giudiziario avesse potuto acquisire in qualsiasi modo; e) la già citata Cass., n. 17110/2010, che aveva affermato i principi sopra richiamati in relazione alla mera tardiva proposizione del ricorso per cassazione, chiaramente desumibile dagli atti ma non rilevata in sentenza: in un caso di tal fatta, astrattamente idoneo a fondare l’errore revocatorio non sarebbe il mero mancato rilievo della tardiva proposizione del ricorso, ma la circostanza che quel mancato rilievo sia derivato da una (erronea) supposizione dell’(in)esistenza di un fatto, esplicitata nella motivazione del provvedimento revocando; f) infine, Cass., 13 febbraio 2019, n. 4235, in un caso di implicita declaratoria di rituale istaurazione del contraddittorio senza rilevare la pretesa nullità della notificazione del ricorso per cassazione.

Al contrario, sono state ritenute affette da errore di fatto revocatorio: a) la decisione della Corte di cassazione fondata sull’asserita mancanza di notifica del ricorso per cassazione ove questa, invece, risultasse dagli atti (Cass., 10 luglio 2015, n. 14420); b) la decisione in cui il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame sull’erroneo presupposto della non corretta notifica del suo atto introduttivo (Cass., 14 novembre 2016, n. 23173); c) la pronuncia recante un’erronea individuazione della data di notifica dell’atto (Cass., 30 gennaio 2019, n. 2712); d) la sentenza della Cassazione che, senza statuire sulla validità della notifica e sulla tempestività della proposizione del ricorso, abbia ritenuto correttamente instaurato il rapporto processuale per effetto di una falsa percezione della realtà, in quanto nella motivazione della sentenza era stata supposta l’avvenuta costituzione della parte intimata, tuttavia smentita con evidenza dagli atti di causa (Cass., 5 novembre 2018, n. 28143).

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