1 Febbraio 2016

Nessuna azione esecutiva se il debitore paga l’intero importo precettato e il credito residuo è oggettivamente bagatellare

di Alessandro Petronzi Scarica in PDF

Cass. Sez. 3, 3 marzo 2015, n. 4228

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[1] Esecuzione Forzata – Pagamento da parte del debitore – Credito residuo c.d. bagatellare – Interesse ad agire – Insussistenza – (Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 88, 100; disp. att. cod. proc. civ., art. 164 bis) 

[1] Costituisce abuso del diritto l’inizio dell’azione esecutiva nel caso in cui il debitore abbia pagato l’importo intimato dal creditore nell’atto di precetto e il credito residuo riguarda soltanto accessori di importo bagatellare (nel caso esaminato dalla Suprema Corte, si trattava di interessi maturati tra la notifica del precetto e l’effettivo pagamento). 

Cass. Sez. 3, 15 dicembre 2015 n. 25224 

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[2] Esecuzione Forzata – Pagamento da parte del debitore – Credito residuo c.d. bagatellare – Interesse ad agire – Insussistenza – (Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 88, 100; disp. att. cod. proc. civ., art. 164 bis) 

[2] Costituisce abuso del diritto l’inizio dell’azione esecutiva nel caso in cui il debitore abbia pagato l’importo intimato dal creditore nell’atto di precetto e il credito residuo riguarda soltanto accessori di importo bagatellare (nel caso esaminato dalla Suprema Corte, si trattava delle spese di notifica del precetto). 

CASO
[1-2] Nella prima sentenza in commento, in seguito alla notifica di un atto di precetto per euro 17.854,94, il debitore effettua il pagamento a mezzo assegno circolare. Nonostante il pagamento intervenuto, il creditore avvia ugualmente la procedura esecutiva presso terzi per l’intero importo precettato, precisando di vantare un credito residuale oscillante tra euro 12 e 21 euro per interessi maturati dopo la notifica dell’atto di precetto.

Il Tribunale di Bergamo, sez. distaccata di Treviglio, in accoglimento della opposizione promossa dal debitore, afferma che, in ossequio ai principi di correttezza e proporzionalità, non si giustifica l’avvio di una procedura esecutiva per il pagamento dell’intero credito, trattandosi di importo oggettivamente simbolico.

Avverso tale sentenza, il creditore propone ricorso per cassazione dolendosi che con la pronuncia impugnata il giudice di prime cure avrebbe di fatto limitato il diritto costituzionale all’accesso alla giustizia di cui all’art. 24 Cost.

Nella seconda sentenza in commento, il creditore, a fronte dell’originario importo precettato di euro 4.853,20, e dopo avere ricevuto il pagamento nelle more della iscrizione a ruolo del pignoramento, avvia un processo esecutivo presso terzi al solo fine di recuperare le spese di notifica del precetto, pari ad euro 8,58. Formulata la opposizione da parte del debitore sull’assunto dell’intervenuto pagamento, il giudice di pace investito della questione, pur rigettando la istanza di sospensione, assegna il termine per l’instaurazione del giudizio di merito, che viene introdotto dal creditore. Il Tribunale di Roma, in grado di appello, rigetta nel merito la opposizione sostenendo che la condotta del creditore, finalizzata al recupero di somma irrisoria, costituisce un abuso dello strumento processuale ed è contraria ai principi di lealtà e probità ex art. 88 c.p.c.

 

SOLUZIONE
[1-2] Nel primo caso, la Suprema Corte ha confermato la decisione del Tribunale di Bergamo ed ha chiarito che qualora il credito azionato in via esecutiva sia di valore oggettivamente simbolico e minimo difetta l’interesse ad agire in executivis del creditore.

In tali ipotesi, l’interesse del singolo creditore di vedere soddisfatta la propria ragione di credito di importo così modesto soccombe innanzi alla necessità di scongiurare uno sproporzionato ed abusivo ricorso alla risorsa, notoriamente limitata, dell’accesso alla giustizia.

Non si profila pertanto alcuna violazione del principio costituzionale del diritto alla difesa ex art. 24 Cost. in quanto non può ritenersi contrario ai principi costituzionali che la legge, esplicitamente ovvero implicitamente, nell’ambito delle controversie di natura patrimoniale, richieda determinate soglie minime al fine di consentire l’accesso alla giurisdizione.

Anche nel secondo caso, la Suprema Corte, richiamando espressamente nella motivazione il proprio precedente, rigetta il ricorso e conferma quanto asserito dal Tribunale di Roma in ordine alla abusività ed alla contrarietà al generale principio di buona fede dell’azione esecutiva proseguita dal creditore nonostante l’intervenuto pagamento, nelle more tra la notifica del precetto e la iscrizione a ruolo del pignoramento, della somma dovuta, con residuo solo di una minima somma che “definire esigua è a dir poco un eufemismo” (così espressamente nella sentenza in commento).

 

QUESTIONI
[1] I casi in esame pongono il delicato interrogativo di quale sia il limite giurisdizionale di tutela dei diritti soggettivi di natura patrimoniale.

Il principio sancito dalla Suprema Corte nell’ambito del processo esecutivo, ma applicabile anche  al procedimento a cognizione ordinaria, come la stessa Corte nella sentenza chiarisce, impone una riflessione in ordine al tema del bilanciamento dell’interesse del singolo alla tutela giurisdizionale con quello, pubblicistico e collettivo, del suo corretto uso.

A Bergamo come a Roma, e più in generale in tutto il territorio nazionale, i giudici si trovano a dovere fronteggiare un allarmante fenomeno di eccessivo ricorso alla tutela giurisdizionale anche a fronte di pretese economiche di irrilevante entità, che spesso tralignano un intento meramente speculativo.

La Suprema Corte, nel condivisibile sforzo di tentare di arginare tale eccessivo ed abusivo ricorso alla giurisdizione ed alla tutela giudiziaria individua il suddetto limite nella pretesa creditoria (residua) di simbolica e minima entità, qualora non sia nemmeno indirettamente connessa ad interessi giuridicamente protetti di natura non economica.

La risorsa della giurisdizione è un bene per definizione limitato e potenzialmente foriero di ingenti costi sociali: è innegabile infatti che una eccessiva richiesta di giustizia determini un allungamento dei tempi di risposta e di definizione della giurisdizione, con ingentissimi costi che finiscono per gravare sulla generalità dei consociati in termini di risarcimento del danno per irragionevole durata del processo.

Non risulta pertanto incompatibile con il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost. imporre una soglia minima di rilevanza affinché la mera pretesa economica, che non sia collegata ad ulteriori interessi giuridicamente protetti di natura non economica, sia presa in considerazione e tutelata dall’ordinamento giuridico attraverso la tutela giurisdizionale.

A prescindere dagli specifici casi portati all’attenzione della corte (un credito residuo per interessi di poche decine di euro nel primo caso; un credito di euro 8,58 per spese di notifica precetto nel secondo caso) risulta tuttavia molto complesso nella pratica elaborare in astratto ed in via preventiva quale sia in concreto la soglia minima suscettibile di tutela giurisdizionale (valutazione peraltro di esclusiva competenza del legislatore).

Con la conseguenza che il principio, che rappresenta sinora un unicum nel panorama giurisprudenziale, è destinato a trovare applicazione solo nelle ipotesi limite, come quella sottoposta al vaglio della Suprema Corte, di crediti di valore veramente trascurabile, ove il ricorso all’apparato giurisdizionale appare essere strumento assolutamente sproporzionato e non adeguato rispetto all’interesse sotteso, tanto da rendere irragionevole quello che in condizioni fisiologiche costituirebbe la finalità dell’ordinamento, vale a dire la tutela di un diritto soggettivo.

La Corte infatti non afferma sic et simpliciter il principio che il credito bagatellare o modesto non può ricevere tutela giurisdizionale ma sanziona con l’abuso del diritto il ricorso alla tutela giurisdizionale, ove la condotta del creditore che abbia ricevuto il pagamento del proprio credito nella sua quasi interezza, residuando solo importi accessori (peraltro di non sempre facile esatta determinazione) appaia effettivamente contraria al generale principio di buona fede.

De jure condendo, sarebbe quanto mai opportuno un intervento legislativo sul tema al fine di scongiurare il rischio di ciò che un autorevole studioso del diritto processuale ha definito la “fuga dalla giurisdizione”, fenomeno cui da anni assistiamo sia in conseguenza delle numerose sanzioni processuali di improcedibilità ed inammissibilità che costellano ormai il diritto processuale in conseguenza delle più recenti riforme, sia in conseguenza dell’affannoso tentativo di ridurre le pendenze dell’arretrato civile introducendo meccanismi di soluzione extraprocessuale della controversia, che spesso si atteggiano a meri orpelli formali.

Sotto altro profilo, una primissima, ancorché indiretta valutazione di rilevanza della bagatellarità quale indice di meritevolezza alla tutela giurisdizionale può essere desunta, sempre in materia di espropriazione forzata, dall’art. 164 bis disp. att. c.p.c. (introdotto con d.l. 12 settembre 2014 n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014 n. 162) che ha previsto una nuova ipotesi di chiusura anticipata del processo esecutivo in caso infruttuosità della procedura. Pur nell’alveo delle variegate applicazioni pratiche, rese possibili dalla evidente genericità del disposto normativo, non sembra errato mirare proprio alla entità del credito quale uno dei possibili criteri interpretativi della novella: infatti, a fronte di una pretesa creditoria di minima entità, cui conseguono invece costi ed oneri procedurali (talvolta ingenti come nelle esecuzioni immobiliari), la valutazione di infruttuosità della procedura si risolve in una valutazione di antieconomicità della procedura stessa.

Per analoghe considerazioni sui rapporti tra il concetto di bagatellarità del credito e l’operatività della chiusura anticipata per infruttuosità, pur senza pretese di esaustività, si veda recentemente Polizzi M., L’infruttuosità dell’espropriazione forzata tra primi chiarimenti operativi e pressanti esigenze di bilanciamento, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2015, 11, pp. 1038 e ss.