12 Marzo 2024

Nella domanda di revoca del decreto ingiuntivo è implicita la ripetizione delle somme versate in forza della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto

di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza 29/11/2023, n. 33174. Pres. Valitutti, Estensore Russo

Procedimento monitorio – Decreto – Opposizione – In genere – Istanza di ripetizione delle somme corrisposte in forza dell’esecutività del decreto – Domanda nuova – Esclusione – Implicita inclusione nella domanda di revoca del decreto – Sussistenza – Fondamento

Massima: “Nel giudizio introdotto con opposizione a decreto ingiuntivo, la richiesta dell’opponente di ripetizione delle somme versate in forza della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto non è qualificabile come domanda nuova e deve ritenersi implicitamente contenuta nell’istanza di revoca del decreto stesso, così come formulata nell’atto di opposizione, costituendo essa solo un accessorio di tale istanza ed essendo il suo accoglimento necessaria conseguenza, ex art. 336 c.p.c., dell’eliminazione dalla realtà giuridica dell’atto solutorio posto in essere”.

CASO

La Casa di cura Alfa otteneva nei confronti dell’Assessorato un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per l’importo di euro 1.742.705. Il decreto veniva opposto dall’Assessorato, che contestava che il credito fosse certo, liquido ed esigibile. Nelle more del giudizio di opposizione, la ASL competente comunicava all’Assessorato che l’importo da corrispondere alla casa di cura era pari a 1.563.508,56; somma versata dall’Assessorato.

Essendo stata pagata la sorte capitale, ma non gli interessi, la Casa di cura notificava all’Assessorato precetto per il pagamento di interessi moratori per euro 118.069,00, corrisposti dopo il precetto e di cui, in sede di precisazione delle conclusioni, l’Assessorato chiedeva la restituzione; per il resto, chiedeva che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere quanto alla sorte capitale pagata in corso di giudizio.

Il Tribunale revocava l’opposto decreto ingiuntivo, dava atto della cessazione della materia del contendere per la sorte capitale e rigettava la richiesta di corresponsione della differenza tra la somma indicata nel decreto opposto e quella pagata spontaneamente dall’Assessorato, dichiarando inammissibili le domande di restituzione degli interessi che l’Assessorato aveva avanzato in memoria di replica.

Interponeva appello l’Assessorato chiedendo la ripetizione delle somme versate a titolo di interessi in forza della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto e precettate, in quanto detti interessi non erano dovuti e, comunque, non nella misura prevista dal D. Lgs. n. 231 del 2002.

In parziale riforma della sentenza impugnata, la Corte d’appello affermava la spettanza degli interessi liquidati nella fase monitoria limitatamente alla sorte capitale e le spese, parte delle quali la Casa di cura doveva restituire in quanto riliquidate in misura minore che nel decreto opposto. Inoltre, La Corte affermava la spettanza degli interessi già ricevuti dalla Casa di Cura, dal momento che non era stato articolato alcuno specifico motivo di opposizione al relativo diritto, come riconosciuto in sede monitoria: non poteva, infatti, ritenersi, secondo il giudice d’appello, che la contestazione circa la certezza, liquidità ed esigibilità del credito costituente la sorte capitale fosse idonea a investire anche gli accessori, che hanno fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Assessorato.

SOLUZIONE

Ribadendo un proprio orientamento consolidato, la Suprema Corte afferma che la domanda di restituzione dell’importo corrispondente agli interessi, esplicitata dall’opponente soltanto in sede di precisazione delle conclusioni, ma, più in generale, la domanda di ripetizione delle somme versate in forza della provvisoria esecutività deve ritenersi implicita nella richiesta di revoca del decreto ingiuntivo e non costituisce, pertanto, una domanda nuova, rappresentando invece la stessa un accessorio di tale istanza ed essendo il suo accoglimento necessaria conseguenza, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., dell’eliminazione della realtà giuridica dell’atto solutorio posto in essere.

QUESTIONI

Per quanto qui d’interesse, l’Assessorato deduce di avere tempestivamente opposto il decreto ingiuntivo e contestato in toto la debenza delle somme ivi ingiunte, anche sotto il profilo degli interessi, e di avere soltanto meglio precisato le domanda di restituzione degli interessi nelle conclusioni. Da tanto discende che il decreto ingiuntivo opposto sarebbe dovuto essere revocato anche in relazione agli accessori del credito: la sentenza impugnata è, dunque, erronea, nella parte in cui afferma che l’Assessorato non abbia contestato gli interessi, rispondendo a un consolidato orientamento della Suprema Corte il fatto che, quando la parte opponente nel corso del giudizio corrisponda quanto dovuto, dal successivo accoglimento dell’opposizione deriva l’obbligo delle restituzioni delle somme corrisposte in virtù della provvisoria esecutività del decreto, senza che ciò configuri una domanda nuova.

La Corte di cassazione accoglie la prospettazione del ricorrente.

Secondo la Suprema Corte, nel dichiarare cessata la materia del contendere sulla sorte capitale, il giudice di merito avrebbe dovuto statuire sugli interessi anche in difetto di una specifica contestazione, dal momento che il giudice dell’opposizione è tenuto a procedere ad un’autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti dalle parti in ordine alla fondatezza della pretesa creditoria fatta valere (Cass. 20/05/2019, n. 13530; Cass. 27/09/2013, n. 22281). Inoltre, il Tribunale, revocando il decreto ingiuntivo e dichiarando cessata la materia del contendere per la sorte capitale fino alla concorrenza di una certa somma, ha, di fatto, reso sine titulo il pagamento eseguito per la provvisoria esecutorietà del decreto opposto e poi revocato.

Con riguardo all’asserita mancata contestazione, da parte dell’opponente, della spettanza degli interessi, e della relativa domanda di restituzione di detti interessi la Corte di cassazione afferma che la domanda di restituzione dell’importo corrispondente agli interessi deve ritenersi implicita nella richiesta di revoca del decreto ingiuntivo e non costituisce, pertanto, una domanda nuova, costituendo essa solo un accessorio di tale istanza ed essendo il suo accoglimento necessaria conseguenza, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., dell’eliminazione dalla realtà giuridica dell’atto solutorio posto in essere (Cass. 2946/2017; Cass. 23260/2009). Peraltro, nel caso di specie detta domanda era stata ribadita espressamente nella precisazione delle conclusioni dell’Assessorato opponente, oltre che nella memoria di replica, nella quale erano state aggiunte considerazioni sulla non spettanza di tali interessi, nella misura di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, il che toglie ulteriore spazio argomentativo alla pretesa mancata contestazione della debenza degli interessi.

A conclusioni analoghe si giunge anche considerando che nella contestazione che il credito sia certo, liquido ed esigibile, mossa in modo specifico dall’Assessorato, non può non rientrare anche la contestazione della debenza degli interessi, in quanto il credito illiquido e non esigibile non produce interessi (Cass. n. 118 del 04/01/2023).

Infine, rileva la Corte di Cassazione, la Corte d’appello non tiene conto che l’attore sostanziale nel giudizio di opposizione non è l’opponente, ma il creditore in monitorio, che deve provare la spettanza del credito anche sotto il profilo degli interessi dovuti.

Segue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello competente.

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