18 Ottobre 2022

Nel contratto di appalto il “libro giornale” assume valenza indiziaria nei confronti dell’appaltante

di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. Seconda Sent., 5/8/2022, n. 24314, Pres. Manna, Est. Trapuzzano

Contratto di appalto – Libro giornale – Efficacia probatoria

Massima: “In tema di appalto privato, il “giornale lavori”, ossia il brogliaccio che, compilato dall’assuntore, riporta la progressione dei lavori appaltati, configura una scrittura di natura privata, di provenienza unilaterale, operante nell’ambito del rapporto di appalto, la quale, pur non avendo piena efficacia probatoria, ha valenza indiziaria nei confronti dell’appaltante”.

Disposizioni applicate

Art. 1662 c.c. – art. 1665 c.c. – art. 1667 c.c.

CASO

La vertenza ha ad oggetto la ricostruzione del quantum dovuto dal committente all’appaltatore per lavori eseguiti da quest’ultimo in un cantiere.

In primo grado il Tribunale ha condannato la committente al pagamento di una somma, così come ricostruita in sede di consulenza tecnica d’ufficio. Tale ordinanza è stata quindi impugnata dalla committente e in secondo grado il giudice ha rigettato la domanda.

Nel giudizio di appello è emerso che alcuni elementi necessari per ricostruire la vicenda contrattuale e, di conseguenza, le responsabilità, potevano essere desunti dal libro giornale (data inizio lavori, data consegna lavori, etc.). Anche sulla scorta delle incongruenze tra la tesi del committente e quanto riportato nel libro giornale, il giudice di secondo grado ha quindi riconfermato la sentenza impugnata.

Nel descritto contesto, la committente ha ricorso in Cassazione.

SOLUZIONE

Nella specie la Corte di Cassazione ha potuto osservare che il richiamato “giornale dei lavori” – ossia il brogliaccio compilato dall’assuntore, riportante la progressione dei lavori appaltati – configura una scrittura di natura privata, di provenienza unilaterale, comunque operante nell’ambito del rapporto dì appalto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2616 del 20/04/1985). E, in ogni caso, pur escludendosi la natura di documento avente piena efficacia probatoria, resta ferma la sua valenza indiziaria nei confronti dell’appaltante, da cui l’ausiliario del Giudice ha tratto spunto per ricostruire il momento in cui effettivamente i lavori sono stati avviati. 

QUESTIONI

Uno dei temi affrontati dalla sentenza in commento riguarda l’individuazione del dies a quo e del dies ad quem del contratto di appalto, ai fini dell’accertamento di eventuali responsabilità in capo all’appaltatore.

Nel caso di specie, seppur il contratto di appalto avesse indicato specificamente quale doveva essere il giorno di inizio lavori e la durata degli stessi, nel concreto il committente lamentava oltre a vizi e difetti dell’opera, anche ritardi imputabili all’appaltatore.

I giudici di legittimità sul punto hanno confermato quanto accertato nel merito (in primo e secondo grado) e, in particolare, hanno affermato quanto segue.

In ordine all’individuazione del dies a quo del termine di completamento dei lavori appaltati, la Suprema Corte ha innanzitutto distinto tra la data di inizio dei lavori e la data di presa in consegna del cantiere, posto che solo il primo momento – secondo il contratto del caso di specie – era utile ai fini del calcolo della decorrenza del termine di ultimazione dei lavori. L’individuazione nel concreto di tale data è stata rilevata dal consulente d’ufficio avvalendosi delle risultanze del giornale dei lavori.

Quanto al discrimen tra inizio lavori e consegna dell’area, sostiene la Corte, l’inizio di un’opera non può essere confuso o identificato con tutta l’attività preparatoria – burocratica e materiale – precedente tale momento, fra cui rientra la consegna dei lavori all’impresa appaltatrice, di avvio delle operazioni di bonifica e di installazione del cantiere, in quanto è necessario che, nel predetto termine, la realizzazione dell’opera sia iniziata nella sua consistenza strutturale (Cass. Civ. SS.UU., Ordinanza n. 19501 del 16/07/2008; Cass. Civ. n. 3801 del 27/03/1992).

Spetta pertanto al giudice del merito rilevare, nell’ambito di un giudizio di fatto incensurabile in cassazione, ove congruamente e correttamente motivato, come nel caso di specie, la data di effettivo inizio dei lavori, da cui decorre il termine per l’ultimazione degli stessi (Cass. Civ. n. 292 del 16/01/1987).

Nel caso che qui ci occupa, nel corso del giudizio di merito la consulenza tecnica d’ufficio ha tratto argomenti per l’individuazione di tale momento dalla disamina delle annotazioni contenute nel registro dì contabilità predisposto dalla ditta appaltatrice, non essendo dirimente il mero riferimento astratto di cui alle previsioni contrattuali.

La Corte di legittimità si è quindi pronunciata sulla valenza, in ambito probatorio, del “giornale dei lavori” – ossia il brogliaccio compilato dall’assuntore, riportante la progressione dei lavori appaltati – il quale configura una scrittura di natura privata, di provenienza unilaterale, comunque operante nell’ambito del rapporto dì appalto (Cass. Civ. n. 2616 del 20/04/1985). Secondo la Corte, pur escludendosi la natura di documento avente piena efficacia probatoria, resta ferma la sua valenza indiziaria nei confronti dell’appaltante, da cui l’ausiliario del Giudice ha tratto spunto per ricostruire il momento in cui effettivamente i lavori sono stati avviati.

Con riguardo al dies ad quem, ossia all’individuazione del momento in cui i lavori appaltati sono stati conclusi con le opere finite, la Suprema Corte conferma che il Giudice d’appello ha applicato correttamente il principio secondo cui, nei rapporti aventi ad oggetto l’esecuzione di un’opera da parte dell’imprenditore, l’ultimazione dei lavori, considerata nel suo complesso, prescinde dal compimento delle attività accessorie, come gli interventi atti a “smontare” il cantiere ovvero le attività prodromiche alle successive operazioni di verifica e collaudo, tra cui rientrano le prestazioni occorrenti per ovviare ai vizi e ai difetti (Cass. Civ. n. 2571 del 06/03/1995; Cass. Civ. n. 311 del 14/02/1963). Anche secondo la dottrina, i lavori di rifinitura o comunque secondari non influiscono sulla valutazione relativa all’ultimazione dell’opera.

Secondo la Corte infatti il termine di completamento non equivale al termine di consegna dell’opera, salvo che sia stato stabilito, per espresso patto fra committente ed appaltatore, che la data della consegna dell’opera, anche ai fini dell’art. 1667 c.c., debba identificarsi in quella di ultimazione dei lavori (Cass. Civ. n. 3464 del 19/05/1983).

Ove l’appaltante avesse rilevato che i lavori non procedevano secondo le prescrizioni contrattuali, con precipuo riguardo al loro ritmo di progressione, a fronte di un’opera ancora in itinere e di lavori ancora in corso, avrebbe potuto esercitare il rimedio di cui all’art. 1662, secondo comma, c.c., fissando un termine per il completamento, alla stregua della natura di contratto a esecuzione prolungata dell’appalto.

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