Natura giuridica della “perizia contrattuale”: la parola alle Sezioni Unite
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 24 marzo 2025, n. 7795, Pres. De Stefano, Est. Guizzi
[1] Danni in materia civile e penale – Liquidazione e valutazione – Prescrizione e decadenza civile.
Massima: “Occorre rimettere gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza relativa alla natura della perizia contrattuale, e in particolare, alla possibilità di configurarla in termini autonomi, ovvero quale species dell’arbitrato libero” (massima ufficiale).
CASO
[1] Una società si rivolgeva al Tribunale di Padova allo scopo di ottenere la dichiarazione di inoperatività della polizza assicurativa stipulata con altro ente societario, anche in ragione della intervenuta prescrizione del diritto all’indennizzo.
Si costituiva in giudizio la convenuta, eccependo (tra le altre difese) il difetto di giurisdizione, avendo le parti rinunciato alla tutela giurisdizionale per devolverla a un collegio arbitrale, in forza di quanto previsto dagli artt. 10 e 11 del contratto di assicurazione.
Respinta tale eccezione, il tribunale accoglieva la domanda attorea, con decisione confermata, all’esito del secondo grado di giudizio, dalla Corte d’Appello di Venezia. In particolare, il giudice d’appello confermava il rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione, ritenendo, nel merito, assorbente la declaratoria di intervenuta prescrizione del diritto.
La società convenuta interponeva, conseguentemente, ricorso per cassazione articolato su quattro motivi, e denunciando, in particolare, violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., censurando la sentenza impugnata laddove ha affermato che “quello indicato dalle parti agli artt. 10 e 11 non si configura come arbitrato rituale”, bensì come perizia contrattuale, essendo stato demandato dalle stesse, ai periti, il compito di decidere, “solo in caso di disaccordo sulla individuazione e quantificazione del danno senza alcuna definitiva rinuncia ad esercitare i propri diritti avanti al giudice ordinario”.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte ritiene che il procedimento debba essere trasmesso alla Prima Presidente perché valuti l’opportunità di rimettere alle Sezioni Unite la questione di massima di particolare importanza relativa alla natura della perizia contrattuale e, in particolare, alla possibilità di configurarla in termini autonomi, ovvero quale species dell’arbitrato libero.
QUESTIONI
[1] Il motivo di ricorso testé riportato ha sollecitato, all’interno della Sezione III della Cassazione, una riflessione sulla natura della perizia contrattuale (e, in particolare, sulla sua configurabilità come istituto autonomo, distinto dall’arbitraggio e, soprattutto, dall’arbitrato), nonché, di riflesso, sugli effetti, sostanziali e processuali, destinati a scaturire dalla presenza di un patto di perizia contrattuale in un contratto di assicurazione danni.
Può senz’altro essere proficuo, nell’attesa della decisione delle Sezioni Unite, tratteggiare l’attuale stato dell’arte in materia.
Un consolidato orientamento di legittimità afferma che “la perizia contrattuale e l’arbitrato libero sono istituti ben diversi, perché il primo non decide la controversia ma fissa soltanto contrattualmente, e in base a criteri meramente tecnici, un elemento della controversia, mentre il secondo istituto è sostanzialmente un arbitrato vero e proprio, perché gli arbitri liberi decidono la controversia non diversamente da quello che fanno gli arbitri rituali o formali, sia pure con talune differenze” (in tal senso, per prima, Cass., 30 giugno 1962, n. 1679; successivamente e più recentemente, Cass., 18 febbraio 2000, n. 1821; Cass., 26 aprile 2002, n. 6087; Cass., 8 novembre 2018, n. 28511).
In argomento, occorre però ricordare come autorevolissima parte della dottrina processualcivilistica (in argomento, M. Bove, La perizia arbitrale, Torino, 2001, passim) riconduca la perizia contrattuale nell’ambito dell’arbitrato, valorizzando il comune profilo funzionale, ravvisato nella risoluzione di una controversia; in questa prospettiva, tale peculiare forma di arbitrato si connoterebbe solo per l’oggetto della cognizione degli arbitri: una questione non giuridica, ma esclusivamente tecnica, fermo restando, però, che il paradigma strutturale di riferimento sarebbe, comunque, rappresentato dall’arbitrato libero, venendo in rilievo, in entrambi i casi, un mandato conferito a un terzo al fine di comporre un contrasto e di realizzare un nuovo assetto di interessi di tipo negoziale. La linea di demarcazione tra i due istituti sarebbe, pertanto, costituita dal contenuto dell’accertamento demandato ai periti, giacché nella perizia contrattuale si farebbe riferimento solo a una questione di fatto di elevata pregnanza tecnica, mentre nell’arbitrato (libero) il contrasto riguarderebbe il rapporto (preesistente) nel suo complesso e avrebbe connotato giuridico. Un’equiparazione tra perizia contrattuale e arbitrato libero è stata affermata anche dal punto di vista degli effetti, tanto da indurre a ritenere che la differenza tra l’una e l’altro vada ricercata su un altro piano, ovvero perché, nel primo caso, risulta demandata un’indagine, a cui sarebbero estranee determinazioni volitive e discrezionali, essendosi i contraenti limitati a chiedere al perito un giudizio su questioni di cui ha una specifica competenza. Ne discenderebbe, allora, che l’autonomia della perizia contrattuale sussista solo a livello definitorio e concettuale, non comportando alcuna differenziazione sul piano della disciplina applicabile rispetto a quella dell’arbitrato libero. Corollario della riconduzione della perizia contrattuale nell’alveo dell’arbitrato sarebbe, allora, la necessità di ravvisare, in entrambi i casi, una rinunzia convenzionale delle parti all’intervento del giudice prima della definizione in via arbitrale della controversia.
Tale posizione dottrinale non ha affatto mancato di influenzare la giurisprudenza di legittimità, al cui interno è possibile individuare pronunce in tal senso (è il caso di Cass., 29 ottobre 1968, n. 3618; più recentemente, Cass., 22 giugno 2005, n. 13436; Cass., 16 febbraio 2016, n. 2996).
Nel dettaglio, anche in punto di effetti la Suprema Corte ha affermato una piena equiparazione tra arbitrato libero e perizia contrattuale, dato che in entrambi il contrasto è superato mediante la creazione di un nuovo assetto di interessi dipendente dal responso del terzo, che le parti si impegnano preventivamente a rispettare (Cass., 12 maggio 2005, n. 10023; Cass., 9 marzo 1995, n. 3791).
A fronte di ciò, la giurisprudenza di legittimità – sul presupposto secondo cui le peculiarità della perizia contrattuale non appaiono sufficienti per ravvisare in questa figura gli estremi di un istituto autonomo – ha qualificato la stessa come un arbitrato “tecnico”, essendo evidente che, in mancanza di accordo, i litiganti medesimi, per dirimere la controversia, non avrebbero potuto fare a meno di rivolgersi al giudice (così, in motivazione, Cass., 5 dicembre 2001, n. 15410).
Di conseguenza, la perizia contrattuale non sarebbe un istituto autonomo, ma, laddove si risolva in particolare nel deferimento ad uno o più esperti, scelti per la loro particolare competenza, del compito di formulare un apprezzamento tecnico che le parti si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà negoziale, si inserisca in una fattispecie di segno corrispondente (negoziale cioè) diretta a eliminare, su basi transattive o conciliative, una controversia insorta tra le parti medesime, mediante mandato conferito ad un terzo così come avviene esattamente nell’arbitrato libero, del quale costituisce una particolare figura differenziandosene soltanto per lo speciale oggetto del contrasto, che attiene ad una questione tecnica, non già per gli effetti, posto che, in entrambi i casi, il contrasto è superato mediante la creazione di un nuovo assetto di interessi dipendente dal responso del suddetto terzo che le parti si obbligano preventivamente a rispettare (così, nuovamente, Cass., n. 15410/2001, cit.; Cass., 30 marzo 1995, n. 3791; Cass., 30 dicembre 1981, n. 6784).
Con riguardo specifico alla clausola contenuta in un contratto di assicurazione, “che preveda una perizia contrattuale (con il deferimento ad un collegio di esperti di accertamenti da farsi in base a regole tecniche e con l’impegno ad accettarne le conclusioni come diretta espressione della volontà dei contraenti)” la Cassazione ha conseguentemente individuato come “insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto” (così, in motivazione, Cass., 17 dicembre 2010, n. 25643; Cass., 18 dicembre 1999, n. 14302; Cass., 29 novembre 1999, n. 13339; Cass., 26 febbraio 1999, n. 1680).
Così evidenziate le divergenti posizioni della giurisprudenza di legittimità sul tema, non ci resta che attendere la pronuncia del massimo organo di nomofilachia.
Per quanto concerne i riflessi che tale decisione è destinata a esercitare sul caso di specie, solo riconoscendo alla perizia contrattuale natura di “arbitrato tecnico” diviene possibile predicarne l’idoneità a paralizzare il corso della prescrizione – questione, come visto, rivelatasi dirimente nel caso di specie, avendo fondato la pronuncia di accoglimento della domanda attorea -, idoneità insita, secondo il costante insegnamento della Cassazione, nella temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale (sul punto, Cass., 9 aprile 2009, n. 8674).
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