Il mutuo ‘solutorio’ è lecito e valido
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFSecondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il c.d. “mutuo solutorio”, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo – in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico – poiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la “datio rei” giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa (Cass. n. 37654/2021; Cass. n. 23149/2022; Cass. n. 16377/2023).
È abitualmente argomentato che lo scopo del finanziamento non entra nella causa del contratto di mutuo, che è data dall’immediata disponibilità di denaro a fronte della concessione di garanzia ipotecaria immobiliare, con restituzione della somma oltre il breve termine, nei limiti ed alle condizioni previste dalla normativa secondaria di settore, con conseguente liceità del contratto stipulato dal mutuatario per sanare debiti pregressi verso la banca mutuante (Cass. n. 23149/2022; Cass. n. 19282/2014; Cass. n. 28663/2013).
In caso di stipula del contratto di mutuo con contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove l’importo pattuito, pur effettivamente erogato, venga utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario, l’intera operazione non integra un negozio in frode alla legge, ma è semmai impugnabile per revocatoria, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta per un verso ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione, e per altro verso a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del mutuo, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso (Cass. n. 16377/2023; Cass. nn. 4694/2021, 19746/2018, 4202/2018, 3955/2016).
La Cassazione ha chiarito, al riguardo, che va tenuta ben distinta l’ipotesi della mera estinzione di un precedente debito chirografario, per mezzo di un mutuo ipotecario, da quella volta al rifinanziamento del debitore: il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito è, infatti, previsto dalla stessa normativa vigente, che a mezzo degli artt. 182-bis e 182-quater della legge fall. consente di rinegoziare i finanziamenti bancari anche nei riguardi dei debiti scaduti, costituendo elemento caratteristico di tali operazioni non solo (e non tanto) l’effettiva erogazione di nuova liquidità da parte della banca, funzionale all’azzeramento della preesistente esposizione debitoria (con costituzione a tutela della banca di una garanzia non contestuale), ma anche la rimodulazione dei rapporti anteriori per il tramite di nuove condizioni negoziali, riguardanti, ad esempio, il tasso di interesse o rinnovate tempistiche dei pagamenti (Cass. n. 4694/2021).
Si richiamano anche i rilievi di Corte cost. 22 giugno 2004, n. 175, secondo cui il credito fondiario è idoneo a «favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ampliando la possibilità di fare ricorso a finanziamenti potenzialmente idonei anche a consentire il superamento di situazioni di crisi».
In conclusione, il mutuo finalizzato ad erogare nuova liquidità da parte della banca, funzionale all’azzeramento della preesistente esposizione debitoria, ovvero alla rimodulazione dei preesistenti rapporti in essere per il tramite di nuove condizioni negoziali, deve considerarsi lecito e pienamente valido e, oltre a non essere nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c., non incorre neppure nel divieto di cui all’art. 1344 c.c. (Cass. n. 16377/2023).
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