Il mutuo non è titolo esecutivo (stragiudiziale) quando manchi l’effettivo svincolo della somma erogata a favore del mutuatario
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo
Esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Contratto di mutuo stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata – Erogazione della somma al mutuatario e sua immediata restituzione al mutuante – Svincolo della somma subordinato al verificarsi di determinate condizioni – Attestazione risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata – Necessità
Massima: “Nel caso in cui venga stipulato un complesso accordo negoziale, in forza del quale una banca concede una somma a mutuo e la eroga effettivamente al mutuatario (anche mediante semplice accredito, senza consegna materiale del danaro), ma, al tempo stesso, si convenga che tale somma sia immediatamente e integralmente restituita dal mutuatario alla mutuante (e se ne dia atto nel contratto), con l’intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario stesso solo al verificarsi di determinate condizioni, benché debba riconoscersi come regolarmente perfezionato un contratto reale di mutuo, deve però escludersi, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., che dal complessivo accordo negoziale stipulato tra le parti risulti un’obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della somma stessa, in quanto tale obbligazione sorge – per volontà delle parti stesse – solo nel momento in cui la somma in questione sia successivamente svincolata in suo favore ed entri nuovamente nel suo patrimonio; di conseguenza, deve escludersi che un siffatto contratto costituisca, da solo, titolo esecutivo, essendo necessario un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che attesti l’effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria e l’insorgenza, in capo a questa, dell’obbligazione di restituzione di quella somma”.
CASO
La cessionaria di un credito scaturente da un contratto di mutuo ipotecario intimava precetto di pagamento, avverso il quale veniva proposta opposizione ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c.
La debitrice intimata, infatti, sollevava plurime contestazioni, inerenti sia alla titolarità del credito (sostenendo, da questo punto di vista, che la mera pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell’intervenuta cessione di un blocco di crediti non era idonea ad attestarla), sia all’esistenza di un titolo esecutivo (posto che, nel caso di specie, la somma mutuata era stata erogata ma immediatamente restituita alla banca per essere trattenuta in un deposito infruttifero fino alla costituzione della garanzia ipotecaria), sia alla nullità della clausola del contratto di mutuo che faceva riferimento all’Euribor ai fini della determinazione del tasso di interesse (per effetto dell’accertamento della violazione della disciplina sulla concorrenza operato dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013).
L’opposizione era respinta dal Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza confermata dalla Corte d’appello di Milano.
La pronuncia di secondo grado veniva quindi impugnata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, accogliendo il motivo di ricorso con cui era stato sostenuto che il contratto di mutuo che preveda l’erogazione della somma alla parte mutuataria, la sua retrocessione alla parte mutuante e il suo svincolo solo al verificarsi di una determinata condizione, non costituisce titolo esecutivo in assenza dell’attestazione – consacrata in un atto che riveste le forme prescritte dall’art. 474 c.p.c. – dell’avvenuto svincolo, solo in questo caso determinandosi l’insorgenza dell’obbligazione restitutoria in capo alla parte mutuataria.
QUESTIONI
[1] Dopo l’intervenuta abolizione della formula esecutiva a opera del d.lgs. 149/2022, nuove nubi si addensano sul titolo esecutivo.
Lo si deve alla pronuncia con cui la Corte di cassazione ha negato che sia tale il contratto di mutuo che preveda, da un lato, l’immediata erogazione della somma a favore del mutuatario e, dall’altro lato, l’altrettanto immediato ritrasferimento della medesima somma all’istituto mutuante affinché la trattenga in deposito fino all’avvenuta costituzione della garanzia ipotecaria, se non risulta, da un ulteriore atto stipulato sempre nelle forme prescritte dall’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) il successivo – e definitivo – svincolo della somma mutuata in favore del mutuatario, che solo a questo punto può considerarsi effettivamente obbligato a restituirla.
Il ragionamento svolto dai giudici di legittimità è, di per sé, estremamente lineare e muove dalla conferma di principi consolidatisi grazie all’elaborazione giurisprudenziale.
In particolare, la Corte di cassazione non mette in discussione il fatto che il mutuo – contratto tipicamente reale – che preveda la messa a disposizione della somma mutuata a favore del mutuatario e, nel contempo, il successivo deposito della medesima somma presso la stessa mutuante, condizionandone lo svincolo al verificarsi di un determinato evento (nello specifico, l’effettiva costituzione della garanzia ipotecaria), possa e debba considerarsi concluso e regolarmente perfezionatosi: non vi è dubbio, infatti, che la somma mutuata sia comunque entrata (sebbene in via transitoria) nel patrimonio giuridico del mutuatario e che questi ne abbia potuto disporre, sia pure in modo diverso rispetto alla finalità sottesa all’operazione di finanziamento, depositandola presso il mutuante affinché questi la trattenga in garanzia fino all’effettiva costituzione della garanzia ipotecaria.
In altre parole, non viene posta in dubbio l’equipollenza di forme alternative di trasferimento della disponibilità del denaro mutuato, rispetto alla sua consegna materiale, che costituisce ormai un approdo ermeneutico condiviso.
Ciò che si critica, invece, è il riconoscimento dell’efficacia di titolo esecutivo a un contratto di mutuo di tale fatta (ovviamente in quanto stipulato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, giusta l’elencazione tassativa recata dall’art. 474 c.p.c.), ossia quando, sulla base delle complessive pattuizioni che costituiscono il regolamento negoziale, l’obbligazione restitutoria del mutuatario non può considerarsi attuale, ovvero emergente direttamente dall’atto e contestualmente alla sua stipulazione, perché l’insorgenza di un tale obbligo – derivante dall’effettiva messa a disposizione della somma in favore del mutuatario – è subordinata al verificarsi di determinate condizioni, successive alla stipula, la verificazione delle quali, proprio per questa ragione, non può essere documentata dall’atto stesso.
Secondo lo schema propugnato dai giudici di legittimità, infatti, a questo meccanismo è sotteso il riacquisto della proprietà della somma mutuata da parte della banca, allorquando le viene ritrasferita in deposito (irregolare) dal mutuatario che ne era istantaneamente e temporaneamente entrato in possesso; di conseguenza, perché in capo al mutuatario insorga l’obbligazione restitutoria, occorre un nuovo atto che gli attribuisca nuovamente – e questa volta in via definitiva – la piena disponibilità della somma finanziata.
In questi casi, dunque, si tratta di valutare, alla luce di tutte le pattuizioni contenute nel contratto, non tanto e non solo se si sia in presenza di un contratto di mutuo (reale e non meramente obbligatorio) regolarmente perfezionatosi, ma se l’atto abbia o meno valenza ed efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., vale a dire se, dal complessivo assetto negoziale consacrato nell’atto, risulti o meno un’obbligazione attuale di pagamento di una somma di denaro a carico della parte mutuataria.
Più precisamente, occorre verificare chi sia il soggetto che, per effetto delle clausole negoziali complessivamente considerate, ha o viene ad avere, in concomitanza con la stipula, la concreta disponibilità della somma oggetto di mutuo e nel cui patrimonio, quindi, viene a trovarsi al momento della conclusione dell’atto.
Se, in esito a tale verifica, emerge che la somma mutuata, dopo essere entrata nel patrimonio del mutuatario, è stata immediatamente e integralmente ritrasferita al mutuante, rientrando quindi nella sua effettiva ed esclusiva disponibilità, va escluso che dal contratto emerga l’esistenza di un obbligo attuale di restituzione del primo nei confronti del secondo (che resta subordinato al preventivo svincolo della somma depositata) e che tale contratto costituisca, quindi, titolo esecutivo per il pagamento della somma che ne forma oggetto. In altre parole, fino a quando non viene disposto, da parte della banca, lo svincolo della somma ritrasferitale dopo essere stata accreditata al mutuatario per effetto della conclusione del contratto, non vi è e non è documentabile alcuna obbligazione restitutoria in capo allo stesso.
Ai fini dell’esecuzione forzata, quindi, è necessario che lo svincolo della somma risulti da un successivo atto, anch’esso stipulato in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, solo così integrandosi le condizioni prescritte dall’art. 474 c.p.c. per riconoscere al mutuo l’efficacia di titolo esecutivo, visto che soltanto in questo modo può dirsi che l’atto consacra l’esistenza dell’obbligo attuale di restituzione della somma mutuata in capo alla parte mutuataria.
Di fatto, le argomentazioni sviluppate dalla Corte di cassazione conducono ad assimilare questa tipologia di mutuo a quelli che hanno propriamente natura obbligatoria e nei quali l’erogazione della somma è tipicamente rinviata a un momento successivo, ovvero subordinata al verificarsi di determinate condizioni, di solito collegate all’evoluzione dell’operazione sottesa al finanziamento (è il caso, per esempio, dei mutui contratti per la realizzazione di interventi edilizi che scandiscono la messa a disposizione delle somme finanziate in funzione dell’avanzamento dei lavori, attraverso la previsione di successivi atti di erogazione che, venendo stipulati in forma pubblica, consentono all’istituto di credito di disporre, unitamente al contratto, di un titolo esecutivo relativamente agli importi effettivamente messi a disposizione).
Non può, tuttavia, sottacersi la differenza strutturale che caratterizza le due fattispecie, se si pensa che il ritrasferimento alla banca della somma erogata non è propriamente assimilabile a una mancata e non ancora attuale erogazione; sicché pretendere che anche lo svincolo trovi evidenza in un atto stipulato in forma pubblica potrebbe risultare particolarmente oneroso nell’economia complessiva dell’operazione di finanziamento.
D’altra parte, va considerato che la stessa Corte di cassazione ha ampliato notevolmente la qualificazione di titolo esecutivo idoneo a fondare e sorreggere l’esecuzione forzata, quantomeno con riguardo a quelli di formazione giudiziale: a partire da Cass. civ., sez. un., 2 luglio 2012, n. 11067, infatti, è stato affermato che esso non si identifica e non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l’obbligo da eseguire, essendo consentita l’interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi – che non debbono necessariamente possedere, dal punto di vista formale e sostanziale, i medesimi requisiti che identificano il titolo esecutivo – ritualmente acquisiti nel processo in cui si è formato.
Inoltre, sempre sulla scorta dei principi affermati dai giudici di legittimità, va considerato che:
- il provvedimento con cui, in sede di separazione dei coniugi, viene stabilito a carico di un genitore l’obbligo di pagare, in tutto o in parte, spese che andranno affrontate per il mantenimento dei figli (necessariamente ignote al momento della pronuncia) costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l’effettiva sopravvenienza degli esborsi e la relativa entità (si vedano Cass. civ., sez. III, 21 dicembre 2021, n. 40992 e Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2016, n. 21241);
- nel caso di condanna condizionata, è ammessa la prova dell’esistenza e dell’entità del credito in base a indici esterni al titolo esecutivo.
Da ultimo, va tenuto presente che l’ordinamento conosce addirittura provvedimenti di condanna ai quali viene espressamente attribuita efficacia di titolo esecutivo sebbene, al momento della pronuncia, l’obbligo di pagamento del debitore non possa per definizione essere attuale, in quanto subordinato a future ed eventuali violazioni dei precetti stabiliti dal giudice, di modo che anche la misura di tale obbligo non può essere predeterminata: si tratta dei provvedimenti che, ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., accordano le misure di coercizione indiretta (le cosiddette astreintes).
Da un lato, quindi, vi è una tensione a estendere il novero e l’ambito di operatività dei titoli esecutivi giudiziali, mentre, dall’altro lato, si assiste a un irrigidimento delle maglie entro le quali possono utilmente impiegarsi, ai fini dell’esecuzione forzata, quelli di formazione stragiudiziale.
La sentenza annotata è sintomo evidente di tale divaricazione e sarà interessante valutare quali sviluppi e quale impatto avrà il principio di diritto con essa affermato.
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