31 Gennaio 2023

Il mutuo fondiario non può essere riqualificato in mutuo ordinario

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. un., 16 novembre 2022, n. 33719 – Pres. Raimondi – Rel. Lamorgese

Parole chiave: Contratti bancari – Mutuo fondiario – Limite di finanziabilità – Norma imperativa – Esclusione – Conseguenze

[1] Massima: “In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993 non è elemento essenziale del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto dello stesso o posta a presidio della sua validità, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’autorità di vigilanza sul sistema bancario la fissazione del limite di finanziabilità nell’ambito della vigilanza prudenziale – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato, cui dovrebbe conseguire anche il venire meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurre al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”.

Disposizioni applicate: cod. civ., art. 1418; d.lgs. 385/1993, art. 38

Parole chiave: Contratti bancari – Mutuo fondiario – Superamento del limite di finanziabilità – Riqualificazione del contratto – Inammissibilità

[2] Massima: Qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tale senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzare gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1362, 1418; d.lgs. 385/1993, art. 38

CASO

Un istituto di credito chiedeva che venisse ammesso al passivo il credito avente titolo in un contratto di mutuo fondiario garantito da ipoteca di primo grado.

Il giudice delegato disponeva l’ammissione del predetto credito in via chirografaria, ritenendo insussistente la natura fondiaria del mutuo (in quanto concesso per un importo eccedente il limite massimo finanziabile fissato dalla Banca d’Italia, in attuazione di quanto stabilito dall’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993, nell’ottanta per cento del valore dell’immobile oggetto d’ipoteca) e, di conseguenza, il privilegio ipotecario.

L’opposizione proposta dalla banca avverso tale provvedimento veniva respinta, con sentenza riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, secondo la quale la violazione dei limiti di finanziabilità del mutuo fondiario non comporta la nullità del contratto, sia perché l’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993 non configura norma imperativa la cui violazione possa dare luogo a un’ipotesi di nullità virtuale, sia perché la medesima disposizione non sarebbe ricompresa nella previsione di cui all’art. 117, comma 8, d.lgs. 385/1993, che stabilisce la nullità dei contratti che abbiano un contenuto difforme da quello tipico determinato dalla Banca d’Italia.

La pronuncia di secondo grado veniva gravata con ricorso per cassazione, con il quale si lamentavano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38 d.lgs. 385/1993.

Poiché sulla questione relativa alle conseguenze del superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario si erano formati, in seno alla giurisprudenza di legittimità, due orientamenti, la decisione del ricorso veniva rimessa alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, chiamate a dirimere il contrasto.

SOLUZIONE

[1] [2] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che dal superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario non può derivare la nullità del contratto e la sua conversione in un mutuo ipotecario ordinario.

QUESTIONI

[1] Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sulla sorte del mutuo fondiario concesso per un importo che si riveli eccedente rispetto al limite di finanziabilità fissato – in rapporto al valore dei beni sui quali viene concessa ipoteca di primo grado a garanzia del rimborso o del costo delle opere da eseguire sugli stessi – dalla Banca d’Italia in virtù di quanto previsto dall’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993.

Con riferimento a tale questione, infatti, si erano formati due orientamenti.

Il primo e più risalente affermava che il superamento del limite di finanziabilità non comporta la nullità del contratto, giacché l’art. 38 d.lgs. 385/1993 non attribuisce alla Banca d’Italia un potere di carattere conformativo del contenuto tipico di un contratto, ma di mera specificazione di un elemento (il limite massimo di finanziabilità) di una clausola già tipizzata, sicché non rientra nell’ambito di previsione dell’art. 117, comma 8, d.lgs. 385/1993, che, a tutela del contraente debole, sanziona con la nullità l’inserimento di condizioni diverse da quelle imposte dalla Banca d’Italia, visto che il mutuatario ha tutto l’interesse a ottenere un finanziamento per un importo maggiore rispetto a quello consentito. La nullità del contratto sarebbe da escludersi, altresì, in ragione del fatto che la violazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993 non investe il sinallagma contrattuale, ma esclusivamente il comportamento della banca.

Secondo l’orientamento affermatosi più di recente, invece, pur dovendosi escludere che la fattispecie di cui all’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993 rientri tra quelle disciplinate dall’art. 117 d.lgs. 385/1993, la prescrizione del limite massimo di finanziabilità si inserisce comunque tra gli elementi essenziali del contratto di mutuo fondiario, venendo la sua violazione a incidere direttamente sull’oggetto del contratto, che assume una conformazione contrastante rispetto a quella delineata dal legislatore: poiché, in quest’ottica, la limitazione dell’importo del mutuo costituisce un limite inderogabile all’autonomia privata delle parti fissato nel superiore interesse della stabilità del sistema bancario, la sua inosservanza comporta la nullità del contratto.

Le Sezioni Unite dissentono da quest’ultima impostazione, sottoponendola a severa critica.

Essendo pacifico che la violazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993 non può dare luogo a un’ipotesi di nullità testuale, in mancanza di un’espressa previsione normativa in tale senso, l’analisi dei giudici di legittimità si concentra sulla ravvisabilità di una fattispecie di nullità virtuale, ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c., ossia derivante dalla violazione di una norma avente carattere imperativo.

A questo proposito, le norme rilevanti sono quelle che si riferiscono alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti, ovvero quelle inderogabili che attengono alla validità del contratto, con esclusione delle regole di comportamento. In altre parole, una norma è imperativa in quanto prescriva un contenuto, specifico e caratterizzante, inerente al sinallagma contrattuale e che debba ritenersi essenziale.

Non è questo il caso dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993, che, assegnando alla Banca d’Italia il compito di determinare l’ammontare massimo dei finanziamenti concedibili, non introduce un ulteriore elemento costitutivo della fattispecie contrattuale, idoneo a modificarne la struttura, ma si riferisce più semplicemente alla specificazione di uno che è già presente e rimane tale.

La natura non inderogabile e non imperativa della norma, secondo i giudici di legittimità, trova conferma, da un lato, nel fatto che il limite dell’ottanta per cento è superabile a fronte di garanzie integrative offerte dalla parte mutuataria e, dall’altro lato, nella mancanza di elementi testuali inequivocabilmente indicativi della volontà del legislatore di conformare il contenuto specifico del contratto (ivi compresa l’assenza di indicazioni sui criteri di stima del valore dell’immobile, cui è rapportato l’ammontare massimo del finanziamento). Inoltre, non rientrando nelle condizioni di carattere economico, l’indicazione del valore del bene offerto in garanzia o del costo delle opere non assurge al rango di requisito di forma prescritto ad substantiam (non essendone prescritta l’esplicitazione nel testo negoziale), costituendo ciò un ulteriore indice di esclusione della natura imperativa dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 385/1993.

Alla medesima conclusione le Sezioni Unite pervengono anche rivolgendo l’attenzione all’interesse protetto, visto che la disposizione non ne tutela uno specifico del mutuatario, che non risente alcun pregiudizio a seguito della stipulazione di un contratto di mutuo eccedente il limite di finanziabilità (e il silenzio del legislatore risulta particolarmente significativo, soprattutto nell’ambito di un testo normativo che prevede svariate ipotesi di nullità di protezione ricollegate a specifiche violazioni della disciplina di settore); l’adeguatezza della garanzia reale, infatti, è circostanza che interessa esclusivamente il soggetto finanziatore, il quale, pertanto, potrà essere destinatario delle sanzioni irrogate dall’autorità di vigilanza per la violazione posta in essere concedendo un finanziamento non rispettoso dei limiti imposti, nonché delle pretese di carattere risarcitorio avanzate nei suoi confronti, qualora la sua condotta si sia rivelata dannosa per il soggetto finanziato o per i terzi.

In definitiva, tanto la struttura della norma, quanto le finalità che essa è diretta a perseguire, conducono a escluderne la natura imperativa.

Lo dimostra anche il fatto che, accedendo a una diversa lettura, si verificherebbe un’eterogenesi dei fini: se la fissazione del limite di finanziabilità è diretta a evitare la sovraesposizione del sistema bancario e ad assicurarne così la tenuta finanziaria, la nullità (e il conseguente travolgimento) del mutuo già erogato e il conseguente venire meno della garanzia ipotecaria andrebbe a pregiudicare proprio la stabilità patrimoniale dell’istituto mutuante; nel contempo, ne conseguirebbe, per il mutuatario, uno sproporzionato vantaggio (dal momento che, per il solo fatto di avere ricevuto una somma superiore a quella consentita, vedrebbe liberato il proprio immobile dalla garanzia reale), ma un altrettanto grave pregiudizio (visto che sarebbe obbligato a restituire immediatamente tutte le somme ricevute a prestito, perdendo così la possibilità di estinguere il mutuo secondo il piano di ammortamento previsto dal contratto).

I risultati paradossali ai quali conduce la tesi divisata ne dimostrano l’intrinseca fallacia.

[2] Per il caso in cui sia ravvisata la non conformità del mutuo fondiario al modello legale, le Sezioni Unite escludono la possibilità di riqualificare il contratto in termini di ordinario mutuo ipotecario, con conseguente inapplicabilità della disciplina speciale di favore per l’istituto di credito.

Come evidenziato dai giudici di legittimità, una volta esclusa la nullità (totale o parziale) del finanziamento per superamento del limite di legge, non si può intervenire d’ufficio sugli effetti legali del contratto per neutralizzarli, facendo applicazione di un diverso modello negoziale – sebbene, al limite, appartenente allo stesso genere – non voluto dalle parti.

È vero che il giudice può qualificare il contratto prescindendo dalle espressioni utilizzate dai contraenti, ma tale attività non può estendersi fino al punto di andare oltre la loro volontà, travisandola, a meno che, essendo fondatamente contestata la validità del negozio, non ricorrano le condizioni per la sua conversione (art. 1424 c.c.). La riqualificazione giuridica del contratto, infatti, è un’operazione che presuppone la fedele interpretazione della volontà negoziale, come desumibile dalle dichiarazioni dei contraenti, volta a consentirle di produrre gli effetti programmati, mediante l’inquadramento della fattispecie concreta nel pertinente paradigma normativo, con conseguente allineamento del diritto alla fattispecie negoziale concreta. Al contrario, l’operazione non può essere diretta a correggere o integrare il regolamento di interessi stabilito dai contraenti, onde modificarlo e adeguarlo d’imperio a un diverso tipo, non corrispondente alla loro volontà comune, visto che ciò si tradurrebbe in un’inammissibile invasione del territorio dell’autonomia privata.

Per tali ragioni, quand’anche venga accertato il superamento del limite di finanziabilità, il mutuo resterà fondiario e non potrà essere riqualificato in ordinario mutuo ipotecario, ferme restando le conseguenze di carattere sanzionatorio e risarcitorio a carico dell’istituto di credito per la violazione del limite di finanziabilità.

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